Un paio di settimane fa DHL ha rilasciato la terza edizione del suo Global Connectedness Index dove analizza quanto il mondo sia globalizzato.
È una lettura consigliata a chiunque (l’originale si trova qui), e uno degli aspetti presi in considerazione sono le chiamate telefoniche.
DHL ha analizzato, tra le altre cose, le chiamate internazionali, ossia chi chiama chi al di fuori del suo paese.
I risultati sono ben evidenziati dall’infografica qui sotto.
Alcuni dati sono molto interessanti, sopratutto nel rispecchiare l’emigrazione moderna.
Ad esempio il 7,7% delle chiamate internazionali è fatto dagli USA verso il Messico e il 3,2% delle chiamate internazionali è fatto dagli USA verso l’India rispecchiando la numerosità dei gruppi di immigrati.
In generale otto dei dieci maggiori flussi di chiamate internazionali sono da o verso gli USA che è un paese a forte immigrazione.
Altri dati sottolineano altri percorsi: flussi di chiamate importanti sono quelli tra l’Inghilterra e l’India, tra la Cina e Honk Kong e tra la Russia e l’Asia centrale.
Un altro dato è che il 41% delle chiamate internazionali è fatto da paesi sviluppati verso paesi emergenti, ma solo il 9% delle chiamate segue il percorso inverso (tra paesi emergenti e paesi emergenti siamo al 15% mentre tra sviluppati e sviluppati al 24%).
In media una chiamata internazionale oggi corre per 4000 km, e il tempo medio che una persona passa a fare chiamate internazionali è di 152 minuti all’anno (erano 88 nel 2005).
Le chiamate internazionali sono comunque meno del 5% delle chiamate totali.
Siamo quindi un mondo che viaggia sempre di più, che si sposta e che ha la possibilità di rimanere in contatto.
Che è uno degli aspetti migliori della globalizzazione.
[spoiler]Le chiamate da e per l’Italia nel 99% dei casi iniziano con “Hai mangiato?” (cit. Spinoza)[/spoiler]
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