Capitolo 6.

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Mentre aspettava seduto alla scrivania della segretaria non sapeva se essere più agitato per i macabri sviluppi di oggi o per essere stato convocato con urgenza dal rettore. Nella mano destra torturava il foglietto che gli aveva consegnato il portinaio mentre usciva per tornare a casa.

Il magnifico rettore desidera vederla con urgenza nel suo ufficio alle ore 16:00.

Che il professor Moranti abbia segnalato il suo comportamento? Che lo abbia segnalato al rettore come un pazzo? E se il rettore stesse pensando che proprio lui sia l’assassino? La polizia aveva dichiarato si trattasse di un incidente, ma il rettore era una persona estremamente intelligente, e sicuramente aveva notato le stesse grinze nella troppo piatta versione ufficiale.

“Entri pure, il magnifico rettore la sta aspettando”.

“O… Ok.” disse in preda al terrore, mentre si alzava e avanzava verso la spessa porta di legno che lo separava dal suo triste futuro.

Aprendo la porta confermò che si trattasse di legno massiccio e nel chiuderla ebbe il terrore di buttare giù il muro per il contraccolpo. Davanti a sé, la vista era mozzafiato. L’ufficio del rettore testimoniava l’intelligenza e la personalità di un uomo che aveva raggiunto l’apice. Due grandi librerie a muro ricoprivano la parete destra e sinistra della stanza, mostrando una collezione di libri degna di Boris Balkan. La parete frontale invece era costituita da un’enorme finestra. Al centro della stanza, dietro la vetrata, un’imponente scrivania ospitava l’uomo più importante dell’ateneo. Circondato dalle scartoffie il rettore lo stava guardando severo.

Ci fu un attimo di silenzio, Pietro non sapeva che dire, sentiva lo sguardo del rettore penetrargli il corpo, analizzargli ogni piccola sfumatura. Sentì i peli della braccia sfregare contro le maniche della felpa. Cominciò a percepire ogni minimo rumore. Tremava, il respiro si era fatto affannoso. Sentiva l’imponenza della personalità del rettore comprimergli lo sterno.

Un caldo sorriso calmò il suo spirito.

“Uhm, uhm, uhm… Ti immaginavo più brutto ragazzo” esordì il rettore con una strana voce rassicurante.

“Come… Come dice?” disse Pietro, cercando di nascondere lo stupore.

“Più brutto. Hai presente? Nasoni adunchi? Occhi da sogliola? Non dico di essere un marcantonio ma credo di poter rientrare nella media. E beh, ragazzo sei molto meno brutto di quanto mi aspettassi! Prego, siediti pure” disse, indicando la sedia di fronte a lui.

“Grazie… Credo… Ma… Dubito mi abbia chiamato per questo, sbaglio?”

“Non sbagli ragazzo mio. Ti ho chiamato per quello che stai facendo. Per quello che hai fatto da quando è stato ritrovato quel povero ragazzo morto l’altro giorno. Mi hanno riferito che hai letteralmente interrogato degli alunni, una guardia di sicurezza e il professor Moranti. Sbaglio?”

“No.”

“Perché stai facendo tutto questo figliolo, sai vero che non puoi?”

“L’hanno ucciso. Giacomo, si chiamava così. È stato ucciso signor rettore. Non so ancora da chi o perché, ma sono certo che l’abbiano ammazzato!”

“Ragazzo, la polizia ha già dichiarato che si è trattato di un incidente. Il medico legale dice sia stato un malore a farlo cadere in acqua e che sia successivamente annegato. Una disgrazia.”

Il tono del rettore era triste e malinconico. I suoi occhi tradivano un filo di commozione. Dava l’impressione di aver smesso di parlare prima che la voce fosse rotta da un singhiozzo di dolore. Pietro si sentì a disagio. Vide l’uomo dietro l’autorità. Si sentiva responsabile di aver scalfito la sicurezza di un uomo di quella levatura. Ma non poteva desistere.

“Signore” – disse, aspettando il ricomporsi del rettore – “posso assicurarle che hanno ucciso quel ragazzo. Non aveva una cartella. Non c’erano schizzi attorno alla fontana. La guardia nemmeno l’ha visto entrare! Qualcuno deve averlo ucciso e sistemato lì. Non so perché. Ma lo scoprirò.”

Il rettore alzò il volto. Pietro, sconvolto, colse la somiglianza con il suo nonno materno.

“Va bene… Ma devi fare più attenzione. Tutto il campus si è accorto di quello che stai facendo. E se, come dici, c’è un assassino in università, potrebbe aver già spostato la sua attenzione su di te ragazzo. Voglio aiutarti a scoprire cosa è successo. Tieni, prendi questo,” – gli allungò un piccolo foglio di carta, su di esso un numero di telefono – “è la linea diretta al mio ufficio. Se mai scopri qualcosa devi chiamarmi subito. Non voglio che tu corra dei rischi inutili. Ci penserò io. Ti aiuterò.”

[…] #FuoriCorso