Fukushima plant

Avete fatto le valigie? No? bene, perché non credo si faccia nessuna evacuazione, ma solo tanto, tantissimo inutile allarmismo, per riempire le pagine dei blog senza argomenti, dei giornali senza etica, degli aficionados del copia e incolla.

Anche questa volta sono stato costretto ad usare l’aiuto dell’Ing. G. Nuculare che ha scritto per me (e per voi) questo articolo. Vi prego di trattarlo, come sempre, coi guanti di velluto, lui lavora per i cattivoni!

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Arieccoci. Uno spera, magari ci crede pure. Scrive un articolo che viene titolato “il post definitivo”, e invece definitivo un paro de ciufoli. Sì, non è che ci avessi creduto molto, in effetti: ottimista, non coglione…

E infatti rieccoci qua. Nuovo allarme planetario, rigorosamente taciuto dai media. (Mai che passi il sospetto che se la maggior parte delle testate giornalistiche – e questo non vuol dire solo le nostre rispettabilissime grandi testate nazionali, ma nemmeno il Times e soci internazionali – trascura (cit.) una notizia, magari, come dire…! (D’altro canto, se il sospetto passasse, questo stesso blog non avrebbe più ragione di esistere. Lapalissiano!))

La nuova emergenza non arriva più dai noccioli-talpa, ma da elementi di combustibile alla nitroglicerina, che basta che si tocchino (per alcuni, addirittura, che si avvicinino abbastanza) da provocare reazioni nucleari incontrollate. Sassolino che mi levo dalla scarpa subito: ma se per riuscire ad avviarla, una reazione a catena, servono centinaia di elementi di combustibile, posizionati ad una precisa distanza tra loro (né troppo vicini, né troppo lontani), possibile che ne bastino solo due e ad una distanza a caso (nello specifico, più piccola di quella ottimale, così a lungo e molto difficilmente calcolata) per avere addirittura una reazione incontrollata?!?!?

 

fukushima-nuclear-plant-2-data

Ma riprendiamo il filo, e procediamo con ordine.

Nell’articolo ci sono 5 affermazioni che meritano un commento. Ovviamente, quelle in grassetto.

Partiamo con il fatto che:

Nessuno sa esattamente in che stato siano i reattori collassati.

Con il corollario della temuta imminente liquefazione del suolo. Non mi ci fermo molto, visto che ricorda tanto la sindrome cinese già sbufalata nel precedente articolo: rileggetelo, riguardate soprattutto le foto alla fine dell’articolo, e fatevi un’idea, se serve.

Passiamo quindi al fatto che:

La centrale non ha smesso di emettere radiazioni letali.

…quei dannati sversamenti continui di acqua radioattiva. Visto che in questo articolo non si dice quanta radioattività sia stata riversata nell’oceano in totale, lo faccio io, basta andare a rileggere uno dei tanti blog che hanno parlano del fatto all’epoca (alcuni mesi fa): nei due anni in cui gli sversamenti sono avvenuti, qualcosa come 20 milioni di milioni di becquerel (unità di misura della radioattività, pari ad una radiazione emessa in un secondo).

Un numero impressionante, che però non dice molto, visto che non abbiamo troppa confidenza con il becquerel. Per semplificare la lettura, mi farò aiutare da Tim Worstall, che su questo ha scritto un eccellente articolo per Forbes (mica infiltrato.it).

Forse non tutti sanno che: le banane sono radioattive.

Buoni lì:
già prima di Chernobyl,
prima di Hiroshima,
prima ancora che l’uomo fosse disceso dalla scimmia.

Ecco, giusto: quando ancora la nostra alimentazione era proprio a base di sole banane. Perché le banane contengono un sacco di potassio, e, tra gli isotopi di cui il potassio è composto, ce n’è uno radioattivo.

Calcolando il peso medio di una banana, ed il contenuto di potassio in questa banana media, si può fare un conto, e scoprire che gli sversamenti sono stati equivalenti a 76 milioni di banane ogni ora. Ancora un numero elevato, ma certo un po’ meno terrificante, no? Forse si può fare ancora di meglio.

Se, invece della banana, avessi preso come riferimento un essere umano (anche nel nostro corpo ci sono isotopi radioattivi: di nuovo, soprattutto potassio), tipo – che so? – una suocera, lo stesso sversamento si potrebbe calcolare come 228 mila suocere sversate a mare ogni ora. Detta così, potrebbe persino suonare allettante, no?

Ora che abbiamo una percezione più pratica del problema, proviamo a rileggere la dichiarazione successiva:

Le radiazioni potrebbero investire la Corea, la Cina e la costa occidentale del Nord America.

Di nuovo una botta di conti, e vien fuori che, a quei poveretti, toccherà subire l’equivalente di mangiare una banana al giorno… accidenti, che fine ingloriosa!

Chiudo con gli ultimi due punti in un colpo solo:

Se uno dei bacini [quelli che contengono elementi di combustibile già usati dentro ai reattori prima dell’incidente, ndr] crollasse o si incendiasse, questo potrebbe avere effetti negativi non solo sul Giappone, ma sul resto del mondo.

Quanto negativi?

Non resterebbe che evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore.

Minchia!

Cioè, quando c’è stato l’incidente ai tre reattori hanno evacuato una zona larga 20 km, e per un incendio in una piscina (sic! è proprio quello che è scritto), sarebbe necessario evacuare zone distanti quasi 16 MILA km?!?!?!? Già questo basterebbe a darci un’idea del vacuo allarmismo dietro a questo punto.

Ma poi – tecnicamente ma in sintesi: i 3 noccioli dei 3 reattori, spenti solo mezz’ora prima che lo tsunami desse il via all’incidente vero e proprio, erano pieni di prodotti radioattivi che, essendo stati appena appena generati, ancora dovevano decadere (lo so, è lapalissiano, ma è il senso stesso di radioattivo, su cui spesso non ci soffermiamo a pensare: sono un nucleo instabile, emetto una radiazione – così possono chiamarmi radioattivo – e mi trasformo in un nucleo più stabile, finché non la smetto più di emettere radiazioni, e non sono più radioattivo).

Le piscine di stoccaggio, invece, avevano combustibile estratto dal reattore (in cui, quindi, non venivano più generati nuovi prodotti radioattivi), lasciato lì fermo apposta a decadere.

Dopo più di due anni (quasi tre), il contenuto radioattivo del combustibile in queste piscine non è più nemmeno paragonabile a quello che c’era nei reattori. Quindi, scusate: quale rischio?

Ok, avevo detto che avrei chiuso: ho mentito.

Non potevo scordarmi l’ultima chicca.

La foto, ovviamente, non è la centrale di Fukushima.

Quasi non serve nemmeno dirlo: l’abbiamo vista così tanto, con riprese aeree, da terra, prima dell’incidente, durante lo tsunami, dopo l’incidente, che è immediato a chiunque capirlo.

Quella della foto è la (quasi) altrettanto celebre raffineria di petrolio a Ichihara, nella Prefettura di Chiba. Più di 250 km a sud di Fukushima. Googlare per credere!

 

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