Può un’equazione cambiare la realtà? Può uno scoglio arginare il mare? Questa è la domanda che di solito la persona media si pone quando sente parlare di Modern Money Theory.
Visto che noi nerd siamo persone medie e ci piace capire le cose, in questa una nuova puntata di da quando parlo di queste cose sono senza amici il quarto d’ora di economia di dubbia utilità, faremo un po’ di bonsaikittening economico e cercheremo di capire come funziona la moderna teoria della carta straccia moneta.
Innanzitutto, un po’ di informazioni di base: la MMT è, a detta dei suoi sostenitori, un affinamento delle teorie keynesiane, tornata in auge negli ultimi tempi come antidoto alla crisi, ci sarebbe da discutere anche su sta storia dell’antidoto: se mi stacco un braccio a morsi non è che poi mi serve un antidoto, mi serviva il buon senso di non mangiarmi la spalla prima, ma non è obiettivo di questo post.
Il fatto è che qualsiasi teoria economica funziona bene quando l’economia si espande, è quando l’economia si contrae che sorgono i problemi: in questo caso, tutti gli economisti sono d’accordo sul fatto che si dovrebbe cercare di combattere la contrazione con degli investimenti, ma sul come ottenere i soldi per fare tali investimenti inizia la discussione.
Le teorie keynesiane dicono che uno Stato in crisi dovrebbe spendere indebitandosi (con i cittadini, con le banche o con nazioni straniere), cioè creando deficit per poi ripianare il debito quando l’economia torna in fase espansiva: in pratica il deficit corrisponde a tasse future.
Contrapposti ai keynesiani, i neoliberisti (in particolare la scuola austriaca) per i quali uno Stato in crisi dovrebbe recuperare il denaro tagliando i costi di politica sociale: in pratica il deficit corrisponde a tagli sociali.
Per i neomonetaristi, ossia i seguaci della MMT, lo Stato non dovrebbe preoccuparsi del deficit e semplicemente stampare la moneta che gli serve da spendere in deficit.
Avranno ragione loro?
Spesa, consumi e tasse
Prima di incamminarci per questa selva oscura dobbiamo avere ben chiari un paio di concetti di macroeconomia.
Partiamo dal PIL che d’ora in avanti chiameremo GDP perché è così che si chiama in giro per il mondo, e perchè i termini che introdurremo di seguito sono indicati con le loro iniziali in inglese.
Il GDP è così composto:
GDP = C + I + G + ( X – M ).
C = Consumi
I = Investimenti
G = Spesa pubblica
(X – M) = Esportazioni – Importazioni = Bilancia commerciale
E fin qui sono tutti d’accordo.
Esiste però un secondo modo di definire il GDP, che è il seguente:
GDP = C + S + T.
C = Consumi
S = Risparmi (Savings)
T = Tasse
What kind of sorcery is this? (Economy! It’s like magic but more powerful!).
Entrambe le formule sono ovviamente corrette: è solo un modo diverso di strutturare le variabili a seconda di cosa ci interessa misurare.
Nella prima abbiamo che l’intera ricchezza prodotta dallo Stato (inteso come insieme di persone, non entità legislativa) arriva dai consumi, gli investimenti, la spesa pubblica e la bilancia commerciale (ovvero abbiamo le “fonti” da dove la ricchezza parte).
Nella seconda abbiamo che l’intera ricchezza dello Stato finisce in consumi, tasse o risparmi (ovvero abbiamo i “pozzi” dove la ricchezza finisce).
Le formule sono corrette perchè tutto quello che si produce deve andare a finire da qualche parte: questa è fisica, non c’entra un tubero con l’economia, resta vera sempre.
Avendo un GDP in entrambe le equazioni, possiamo unirle con un tipico gioco di prestigio matemagico:
C + I + G + ( X – M ) = C + S + T.
Siamo però ancora lontani dalla MMT, per arrivarci abbiamo bisogno di un atto di matemagia:
C + I + G + ( X – M ) = C + S + T.
Da qui possiamo ancora agire con la matemagia:
G – T + ( X – M ) = S – I
Procedendo infine con un atto di fede:
G – T + ( X – M ) = S – I
Eccoci alla formula da cui partire per spiegare la MMT.
G – T = S – I
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Ok la fede è per gli hippie, non per i nerd: nella MMT si ignora la bilancia dei pagamenti perché si’! perché in un ottica meramente macroeconomica la somma delle bilance di pagamento di tutte le economie del mondo è a somma 0 (e fin qua siamo d’accordo).
Inoltre la MMT tende a semplificare questo passaggio perché non è il core del suo ragionamento. Va detto che la teoria della MMT “funziona” quando viene presentata in campo macroeconomico, appena si passa alla microeconomia iniziano i dolori.
Comunque siamo in casa d’altri, quindi accontentiamoci della spiegazione.
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La “Theory” della Modern Money
Analizziamo la formula che abbiamo trovato.
G – T = S – I.
Da un lato abbiamo G – T, aka spesa pubblica meno le tasse, cioè il deficit pubblico.
Dall’altro abbiamo S – I, aka risparmi meno investimenti, cioè il risparmio netto privato (nel mondo noto come NPS, Net Private Saving).
Se il deficit pubblico è quanto resta allo Stato dopo aver speso le tasse che ci ha prelevato (e il fatto di chiamarlo deficit indica che di solito non resta molto), il Net Private Saving è quanta ricchezza rimane in tasca alla popolazione dopo che ha investito.
Questa equazione è sempre vera (è una tautologia) ed è quello che permette di fare le seguenti affermazioni:
1) La prima regola della modern money theory è “mai parlare della modern money theory”
2) Se si riduce il deficit dello Stato si riduce la ricchezza della popolazione
3) Se si aumenta il deficit dello Stato si aumenta la ricchezza della popolazione
4) Quattro
Questo è quello che ci dice l’equazione li sopra che, ricordiamocelo, è vera per definizione (sopratutto riguardo al punto 4).
La Spesa in Deficit
Sgombriamo il campo da alcuni dubbi: spendere in deficit è una cosa che si è sempre fatta e sempre si farà, a volte è servita di più, a volte di meno, a volte è stata dannosa ma non è nulla di nuovo.
Lo facciamo anche noi quando acquistiamo un’automobile a rate, figurarsi se non lo può fare uno Stato per pagare laute pensioni a cinquantenni in cambio di voti costruire un’autostrada.
Ma, come detto più innanzi, come gestiamo questa spesa in deficit?
Per i neomonetaristi la risposta è semplice: stampiamo il denaro che ci serve.
Bene direi che qui i vostri sensi da nerdeconomisti staranno pizzicando.
In pratica la MMT si propone di fare ciò: ho bisogno di rilanciare l’economia spendendo? Ottimo, ecco qua un po’ di moneta fresca fresca, appena stampata, spendiamola!
Ovviamente l’economia (che ricordiamo essere una bella ragazza con le codine) è come tutti noi e non sa resistere all’odore di carta appena stampata e quindi l’accetterà e la userà per comprarsi un nuovo gioco su steam incrementare la produttività!
Presupposto per la MMT è quindi che lo Stato sia padrone e unico gestore della sua moneta (fiat money) e che possa imporre non solo il valore di essa ma anche la sua accettazione nell’economia: in pratica lo Stato usa la moneta come un oggetto per il quale decide un valore al di fuori delle logiche economiche.
Per quanto questo presupposto sia molto poco applicabile al mondo moderno (e con “molto poco” intendo “non”) il tutto sembra una buona idea, e tra l’altro l’equazione di cui sopra sembra supportarla: quindi, quale è il problema?
Moneta e Ricchezza
Il problema è che si tende a confondere la ricchezza con il denaro: la ricchezza è l’insieme di beni e servizi prodotti, il denaro è un mezzo per scambiarli.
Non è nemmeno l’unico, ma è talmente comodo che nessuno considera le alternative, ad es. il barattolo.
Ricchezza e denaro coincidono finchè esiste un sistema che lo garantisce.
In quanto sarà sempre vero che una pagnotta vale un litro di latte, ma per rendere vero che un soldo valga una pagnotta ci deve essere qualcuno, ad esempio lo Stato, che lo garantisca.
Il denaro è una bella cosa, molto comoda, ma l’economia non è fatta di denaro, è fatta di beni e servizi che sono prodotti.
E mentre posso creare denaro dal nulla (basta uno scantinato e una pressa da stampa) non posso creare ricchezza da nulla.
Quando il denaro aumenta di quantità senza motivo e senza controllo si va in inflazione: se di una qualsiasi cosa c’è grande abbondanza, la singola cosa di quel tipo vale di meno.
Usciamo per un attimo dal mondo dorato della MMT e torniamo al mondo vero.
Ipotizziamo che io Stato faccia fessi felici i miei cittadini: stampo soldi nel sottoscala e li butto dalla finestra distribuisco dicendo “Ecco qua, i soldi li ho ricevuti in prestito da una potenza straniera che ha comprato i miei titoli di stato, spendete!”.
Questa è la situazione in cui si spende tranquillamente in deficit senza apparenti controindicazioni.
Aumentare il denaro in circolazione può in un primo breve momento dare una spinta positiva: i cittadini si fidano, accettano il denaro e lo usano.
Lo Stato usa il denaro così ottenuto per fare ad esempio opere strutturali.
“Ciao Carpentiere, eccoti soldi, costruiscimi una nuova flotta di navi!”
“Va bene Stato!”
“Ciao Ingegnere, eccoti soldi, costruisci un nuovo sistema di dighe! ”
“Va bene Stato!”
“Ciao Architetto, eccoti soldi, costruisci nuovi panini!”
“Ma certo Stato! Senza cipolle vero?”
E così via.
Il problema nasce a sera quando Carpentiere, Ingegnere e Architetto (e i mille altri che hanno ricevuto soldi) vanno da Panettiere.
“Ciao Panettiere, eccoti soldi, dammi pane!”
“Pure a me!”
“Pure a me!”
“Momento ragazzi, qui tutti avete soldi, ma io non ho abbastanza pane per tutti, quindi darò la precedenza a chi me ne darà di più!”
Questa si chiama inflazione: il valore della moneta si abbassa, a volte molto velocemente.
A questo punto la gente va al mercato con carriole piene di soldi sperando di prenderci almeno una carota, e lo Stato deve metterci una pezza.
Le strade sono due.
La prima è deflazionare.
La deflazione avviene o quando la quantità di beni prodotta cresce o quando la moneta in circolo diminuisce. Quindi Stato potrebbe prendere moneta dal sistema (tramite tassazione), bruciarla (tanto l’ha creata nel sottoscala) e incrementare così il valore di quella rimasta in giro.
In soldoni si riprende i soldi che prima ha dato con tanta prodigalità, lasciandosi alle spalle un’economia devastata, una bilancia dei pagamenti in frantumi e un mercato del lavoro in rovina.
È una cosa che si fa e che si è fatta in passato: ma si fa quando l’economia in lacrime va a piangere dalla sua amica, la realtà, e quella ti punta una pistola alla testa, non per giocare all’apprendista cartaio.
Nota che la produzione di beni non dipende da Stato, a meno che non siamo nell’economia preferita dal nostro @camo.
La seconda strada è far finta di nulla.
Lo Stato continua a imporre l’utilizzo della sua moneta nella sua economia, ignorando il fatto che al di fuori la sua moneta non valga nulla.
Si può fare ovviamente, ma si esce dall’economia e si entra nella politica, più in particolare nell’autarchia e della limitazione delle libertà (economiche) individuali.
Inoltre, anche facendo finta di nulla non si risolve il problema del commercio: dentro i tuoi confini puoi fare un po’ quello che ti pare, fuori no.
Se la tua moneta è creata sul momento per coprire le tue necessità nessun altro Stato la accetterà in pagamento, o ne accetterà solo quantità indecenti per coprirsi dai rischi. Quindi la possibilità di importare qualsiasi cosa sarà drasticamente ridotta.
La possibilità di esportare sarà incrementata (la mia moneta non vale un tubero, chiunque verrà a comprare da me), ma la ricchezza che si produce nello Stato sarà svenduta perché la moneta vale quanto la carta igienica e non perché le cose prodotte valgono poco: ricordate che una pagnotta equivale a un litro di latte, ma il fatto di dire che una pagnotta valga N soldi è deciso dallo Stato.
Questo va a tutto vantaggio di altre economie e a svantaggio per la mia, a meno che la mia non sia un’economia di sussistenza che produce solo bietole, ma allora sarebbero pochi a voler comprare da me in ogni caso.
Conclusioni
Ma quindi la formula su cui si basa la MMT mente?
No, la formula è corretta, ma se ne dà un’interpretazione sbagliata.
Rivediamola:
G – T = S – I
Facciamo i keynesiani (i quali dichiarano che aumentando la spesa pubblica le famiglie avranno più soldi) e incrementiamo il lato sinistro dell’equazione, questo ci garantisce che S (ossia la ricchezza privata) cresca? No, il lato sinistro può crescere anche se I diminuisce, magari perchè nessuno investe più spaventato da future strette economiche.
Facciamo i neoliberisti (i quali dichiarano che tagliando spesa pubblica e tasse gli investimenti crescono) e decrementiamo G, siamo sicuri I cresca? No, magari S diminuisce perché la gente si deve pagare G da sola non perchè spende in I.
Facciamo ora un’ulteriore ipotesi (questa l’ho fregata a Murphy) e diciamo che G sia tutto ciò che spende Google e T le entrate di Google, mentre C sia tutto ciò che viene consumato dal mondo intero eccetto Google, ed S i risparmi del mondo intero eccetto Google etc. (è ammissibile perchè G è per convenzione la spesa pubblica, ma nessuno ci vieta di usarla per una singola azienda).
Possiamo quindi tranquillamente dimostrare, con rigore matematico, che a meno che Google non aumenti il suo debito l’anno prossimo il mondo intero avrà seri problemi di gestione del suo Net Private Saving.
Ecco come con l’equazione dei monetaristi abbiamo spiegato come il destino del mondo economico sia nelle mani di Google (e mi fiderei di sicuro di più delle sue che di molte altre).
Il bello è che allo stesso modo potevamo anche mettere il destino del mondo nelle mani di Agostino, il cartolaio sotto casa mia.
O nelle vostre.
Appurato che la Modern Money Theory non è granchè come money theory, ci rimane da capire se è “modern”.
Il fatto che la moneta possa avere un valore estrinseco e che lo mantenga anche creandola a piacimento non sembra richiedere grossi sforzi intellettuali (ecco perchè piace ai grillini :troll: ).
Probabilmente idee simili circolavano ben prima di essere formalizzate, in ogni caso il primo a scriverci un trattato fu un crucco di nome Knapp, nel 1895, nel suo State Theory of Money coniò infatti il termine Chartalirism, dichiarando che la moneta può avere qualsiasi valore (deciso politicamente), slegato dal suo valore intrinseco.
Va detto che ai suoi tempi c’era ancora la convertibilità fissa con l’oro, quindi la cosa poteva avere più senso.
Poco dopo (1914) Alfred Mitchell-Innes rincarò la dose, gettando le basi che saranno poi riprese dalla MMT.
In conclusione cosa ci rimane?
Ci rimane l’interpretazione fantasiosa di una formula corretta, spacciata per grande rivelazione.
Per quanto sia strano da credere anche l’economia è una scienza, che deriva dalla matematica, e nella scienza vale il solito principio: ogni teoria è sottodimensionata dalla realtà (grazie Quine), ossia io posso usare diverse teorie per spiegare la realtà, anche molto complesse e tirare fuori tutte le formule che voglio ma alla fine della fiera è la realtà che decide che farsene.
Spesso si tende anche dimenticare che l’economia è una cosa complessa, molto complessa.
I modelli sono utili a descriverla e in una certa qual misura a prevederla ma la quantità di variabili coinvolte fa si che spesso sia il caso a farla da padrone.
Chi dice che i problemi complessi richiedono soluzioni semplici non ha capito un tubero, i problemi complessi sono tali perchè richiedono di prendere in esame moltissime variabili e quello che può sembrare utile per qualcosa magari è distruttivo per qualcos’altro all’interno dello stesso problema.
I problemi complessi non accettano soluzioni semplici, accettano soluzioni complesse (quando ce ne sono).
Quindi come non si risolvono i problemi dei computer quantistici chiedendo al salumiere, così non si risolvono i problemi dell’economia con slogan discutibili: un po’ di umiltà farebbe bene.
In alternativa si può sempre usare la moneta come fa lo Zimbabwe.
Ringraziamenti: un ringraziamento a @lugg per avermi aiutato in fase di revisione e per le discussioni economiche che ci facciamo di tanto in tanto che danno sempre buoni spunti.