Con questa fantastica immagine di svariati milioni di dollari in bella posa cominciamo l’ennesima puntata del nostro viaggio nel mondo dei Blackbird. Finora abbiamo visto il quando ed il come, ora andremo a vedere il perchè.
All’inizio il tutto era solo un’idea nella mente di un progettista, poi è diventato un fascicolo di bozzetti, infine ha preso la forma di un’intera flotta di aerei.
Ma cosa ha spinto il governo americano ad investire enormi somme di denaro e ingenti risorse per i Blackbird? Qual era la reale utilità di questi mezzi che erano sì veloci, ma senza alcun tipo di carico bellico?
E dato che ovviamente non possiamo pensare che l’esercito abbia finanziato una “formula 1 del cielo” solo per hobby, se non portavano bombe o missili, in cosa consisteva il loro equipaggiamento?
Reconnaissance Aircraft
L’ultima incarnazione del progetto OXCART, l’ormai noto SR-71, è stata per lunghi anni la più solida fonte di informazioni “scottanti” a disposizione dell’esercito americano, nonostante abbia convissuto per parecchio tempo con la nuova tecnologia satellitare.
Tutto il lungo processo di costruzione e messa a punto dei velivoli, tutta l’infrastruttura logistica relativa e tutto il personale altamente addestrato assegnato alle varie missioni avevano come solo ed unico compito il permettere ai Blackbird di sorvolare aree di territorio ostile, in relativa sicurezza, per poterne raccogliere quante più informazioni possibile.
A tale scopo non potevano bastare i dispositivi di spionaggio disponibili all’epoca ma era necessario creare quasi da zero un set di attrezzature dedicate estremamente d’avanguardia, in modo da trasformare l’aereo più veloce del mondo in un “reporter” ambulante.
Problemi di spazio ed il sensor payload
Abbiamo già visto negli scorsi articoli che se in un velivolo così estremo si vanno ad escludere tutti quei volumi occupati dai serbatoi, motori e sistemi di volo, rimane ben poco posto a disposizione.
Parallelamente i compiti di spionaggio che si richiedono agli SR-71 spaziano in un ampio spettro che comprende acquisizioni fotografiche, analisi radar ed elaborazioni dati solo per fare qualche esempio.
Ricordandoci che siamo ancora agli albori dell’epoca della digitalizzazione dei dati e della miniaturizzazione dei circuiti, possiamo facilmente immaginare che ciascuno dei dispositivi dovesse per forza di cose occupare una porzione di spazio rilevante, impedendo di fatto la possibilità di attrezzare ogni velivolo con tutti gli strumenti a disposizione.
Per ovviare a ciò i maghetti degli Skunk Works decidono di optare per una soluzione modulare: lo spazio disponibile nelle chines della parte anteriore dell’aereo viene infatti suddiviso in scompartimenti (bay), nei quali possono essere inseriti di volta in volta gli strumenti effettivamente necessari per ciascuna missione, con una manodopera minima (un paio d’ore al massimo), adattando così di volta in volta il mezzo alle esigenze specifiche.
Per semplicità possiamo suddividere i numerosi dispositivi utilizzati negli anni di vita del progetto in tre grosse categorie: Optical, Radar e Elint, ciascuno dei quali con i propri compiti ed i propri punti di forza.
Per orientarsi meglio consiglio di tenere sempre sott’occhio questa infografica (a bassa risoluzione lo so, ma è il meglio che sono riuscito a trovare) nella quale sono rappresentate intuitivamente le capacità e gli impieghi di buona parte delle attrezzature che andremo ad incontrare.
Dispositivi Ottici
Rientrano in quella categoria di strumenti in grado di scattare fotografie (o registrare filmati) ad alta o bassa risoluzione, con lo scopo di ottenere delle informazioni attendibili su di un terreno sorvolandolo.
Ciascuno di questi dispositivi è una sorta di “super macchina fotografica“, con tanto di “rullino” (vedremo che utilizzare il diminutivo qui è un po’ fuori luogo) che doveva essere riportato alla base per poter essere sviluppato in camera oscura ed utilizzato come fonte di intelligence.
Forse potrà sembrare assurdo uno sforzo simile a noi che viviamo nell’era del digitale, ma sono certo che rimarrete stupiti dalle capacità di queste “umili” macchinette analogiche.
Terrain Objective Camera – TROC
Si tratta di una fotocamera localizzata al di sotto della fusoliera, in prossimità del carrello anteriore, in grado di effettuare riprese con una bassa risoluzione (circa 7 metri e mezzo a livello del terreno).
A causa della natura del suo impiego non è rappresentata nell’infografica iniziale, pochè la sua importanza era piuttosto relativa.
Difatti il suo scopo era principalmente “politico“, dato che veniva accesa quando l’SR-71 sorvolava territori ostili (in missioni “pubbliche”), e la registrazione era tenuta come prova del tragitto percorso, in caso qualche governo avesse avuto da ridire a riguardo.
Technical Objective Camera – TEOC
Questo bestione rappresenta forse il più prezioso gioiellino trasportato dai Blackbird.
Si tratta di un’apparecchio fotografico ad altissima risoluzione, orientabile, in grado di scattare fotografie estremamente dettagliate del territorio sottostante.
Generalmente in un singolo aereo venivano montate due fotocamere gemelle, poste simmetricamente sui due lati della fusoliera (Q-Bay e P-Bay mostrate in figura), in grado di ruotare dalla posizione perpendicolare al terreno fino ad un angolo di 45° con l’orizzontale (le zone osservabili sono indicate in giallo nello schema a inizio articolo).
Ciascuno di questi dispositivi è composto da una testina rotante placcata in oro (per dissipare il calore ed evitare eccessive distorsioni visive) con un’apertura all’interno della quale una lente ha il compito di deviare la luce in ingresso verso il corpo principale cilindrico.
Qui una complessa serie di lenti ottimizzano l’immagine e la indirizzano verso il fondo dell’assieme, dove è posto il rullo di film fotosensibile che veniva poi sviluppato a terra per ottenere la “mappatura” del terreno.
Un paio di storielle sulle TEOC…
In un’intervista il colonnello David Dempster, ex pilota di SR-71, commenta la foto da lui fornita al sito da cui ho tratto informazioni (notare che si tratta di una vecchia scannerizzazione, assolutamente incomparabile alla pellicola originale) che rappresenta uno scatto di una TEOC della Edwards AFB effettuato ad una velocità di circa Mach 3 e ad un’altitudine di 25 km.
Egli racconta che ad un esame visivo diretto della stampa originale erano distinguibili ad occhio nudo le linee di separazione dei vari parcheggi delle auto (in basso a destra nell’immagine). Utilizzando una semplice lente di ingrandimento si poteva arrivare a visualizzare addirittura i vari singoli tratteggi di tali linee.
Un’altra storiella del colonnello racconta di un SR-71 (“one of our birds“) che durante un volo di esercitazione aveva mantenuto in funzione per errore una delle due TEOC in posizione perpendicolare al terreno.
Durante una manovra l’aereo si era piegato lateralmente di circa 30°, puntando così il dispositivo verso l’orizzonte del vicino oceano. Dempster racconta che i tecnici che andarono ad esaminare direttamente il negativo tramite un proiettore furono in grado di vedere e riconoscere una nave USN Destroyer che si trovava a circa 94 miglia nautiche di distanza (circa 175 km) dalla costa.
Optical Bar Camera – OBC
Altro elemento notevole, (tra l’altro prodotto dalla ITEK, azienda di origini italiane) montato all’interno del “naso” del Blackbird.
Il dispositivo è introdotto a partire dagli anni ’70 in sostituzione delle due gemelle OOC (Operational Objective Camera), fotocamere con funzionalità simili ma più scomode e meno affidabili.
La OBC è una fotocamera ad alta risoluzione, progettata per creare una mappatura continua di una striscia di terreno larga circa 120 km (rappresentata in azzuro nello schema iniziale). Essenzialmente forniva una mappa completa di un’ampia striscia di terreno, mentre le TEOC fornivano immagini più precise e definite, ma di un’area più ridotta.
Il dispositivo è costituito da una testina rotante (360°) e con un movimento basculante di qualche grado rispetto all’orizziontale. Durante il funzionamento la testina cominciava a ruotare e un controllo computerizzato permetteva di scattare le varie foto alla giusta angolazione per poter poi ricostruire un “patchwork” continuo di terreno.
Ovviamente la reale capacità era limitata dall’effettiva lunghezza del film, che i dati dicono essere attorno ai 3 km.
Dispositivi Radar
Oltre ai dispositivi ottici ogni SR-71 aveva a disposizione alcuni dispositivi radar, utilizzabili dapprima come solo ausilio alla navigazione, ma impiegati poi anche con un ruolo attivo nello spionaggio.
Side Looking Radar – SLR
Una delle versioni più basilari, la cui funzione principale era quella di fornire una mappatura radar in tempo reale sullo schermo del pilota, agevolando la navigazione, in particolare quella notturna.
Advanced Synthetic Aperture Radar System – ASARS-1
Uno dei dispositivi più sofisticati montati sui Blackbird, evoluzione del SLR, è un sistema radar ad altissima risoluzione, progettato per essere estremamente versatile.
L’assieme è composto da tre elementi fondamentali: l’antenna ricevente-trasmittente montata nel naso del Blackbird (intercambiabile con la OBC), il sistema di gestione dei dati computerizzato situato in uno degli scompartimenti laterali (L-Bay) ed il sistema per la visualizzazione dei dati, composto da due display, montato all’interno dell’abitacolo.
Il grande pregio dell’ASARS consisteva nel fatto che il dispositivo poteva operare in tre diverse modalità (indicate in rosso nell’infografica), a seconda delle necessità:
- Ricerca – copre una striscia di lato di circa 18 km, posizionata ad una distanza variabile fra i 40 ed i 180 km dall’aereo. Alta risoluzione.
- “Spotlight mode” – modalità di ricerca avanzata, permette di coprire una striscia di lato 2 km, posizionata tra i 40 ed i 160 km dall’aereo. Altissima risoluzione (12”)
- Copertura – copertura generica del terreno, in analogia all’ SLR. Media risoluzione.
Assieme alle TEOC questo strumento rappresenta forse la risorsa più preziosa, unendo una buona definizione ad una notevolissima capacità di raggiungere distanze molto elevate rispetto all’effettivo tragitto del velivolo.
Per quanto riguarda i dati raccolti, essi potevano essere mostrati in tempo reale al copilota, trasmessi a terra quasi in tempo reale (se la missione e la posizione lo permettevano) oppure registrati nel DCR, dispositivo analogico apposito con capacità di circa un’ora.
Dispositivi Elint
In questa categoria rientra tutto ciò che non ha a che fare con fotografie o scansioni radar, ovvero tutta l’attrezzatura ausiliaria elettronica (ELectronic INTelligence) che va a ricoprire una vasta gamma di funzioni non meno importanti.
Electromagnetic Reconnaissance System – EMR
Si tratta di un sistema computerizzato di raccolta dati di “intelligence elettronica” che veniva montato in coppie gemelle negli alloggiamenti della fusoliera.
Il dispositivo, durante le varie missioni, scannerizzava continuamente un’ampia porzione dello spettro radar su entrambi i lati del velivolo, per poi andare a digitalizzare e salvare i dati ricevuti.
Il passaggio supersonico del velivolo in territorio ostile (e non) provocava risposte elettroniche nelle apparecchiature di controllo e di antiaerea presenti sul terreno e questo complesso insieme di impulsi (la posizione, le frequenze utilizzate ecc…) veniva poi captato dai due EMR.
In aggiunta a questa modalità “panoramica”, una serie preimpostata di segnali particolari, relativi a bersagli di particolare interesse, poteva essere riportata in tempo “reale” nella postazione dell’ RSO. In questi casi il copilota poteva, tramite console, passare a controllare direttamente il funzionamento del dispositivo, altrimenti lasciato in automatico, andando così a concentrarne le capacità su un’area ridotta.
Verso la fine degli anni ’70 il sistema venne potenziato e rinominato EIP (Elint Improvement Program system). Mentre i vecchi EMR dovevano essere installati nelle K-Bay ed L-Bay, impedendo così l’inserimento del modulo di controllo dell’ASARS, le nuove EIP sono progettate per occupare i moduli S-Bay e T-Bay, in modo da permettere l’assemblaggio contemporaneo di TEOC, ASARS ed EIP su di uno stesso aereo.
Defense Systems – DEF
Continuando nella carrellata degli “scatolotti” che i nostri uccellacci si portavano dietro ad ogni missione arriviamo adesso a quelli più delicati, tuttoggi ancora solo parzialmente identificati e mostrati al grande pubblico. Il loro scopo era essenzialmente quello di rendere il Blackbird virtualmente invulnerabile a qualsiasi tipo di minaccia.
Stiamo parlando dei sofisticati sistemi di difesa (missili terra-aria e aria-aria) e di disturbo, detti DEF systems, identificati tramite lettere successive a seconda del modello e della funzione: A,B, C, E, G e H.
Tra i vari dispositivi utilizzati spiccano per dimensioni e ruolo i due jammers DEF-H, probabilmente i più potenti della loro categoria all’epoca, e il dispositivo DEF-A2C, versione evoluta del DEF-A.
Il funzionamento di quest’ultimo non è ancora stato declassificato (stando alle mie fonti non proprio recentissime), ma rimane un dato di fatto che debba aver svolto bene il suo compito, dato che nessun Blackbird è mai stato abbattuto nè da contraerea nè da intercettori nemici.
Non è dato sapere se questo record sia dovuto alle velocità estreme o ai dispositivi di difesa, ma rimane un dato di fatto che per il “nemico” l’unico modo di sbarazzarsi di un SR-71 era si pregare in un guasto tecnico.
Non proprio la più rosea delle prospettive.
Dispositivi Ausiliari
La raccolta dati era sicuramente la parte più importante di ogni missione, ma molti altri dispositivi erano necessari per far funzionare gli apparecchi, gestirne la mole di dati ed assistere i piloti durante la navigazione.
Data Link System
Con il termine di “Data Link System” si intende tutto quel complesso di dispositivi elettronici utilizzati per la registrazione e la trasmissione dei dati raccolti dall’ASARS e dai dispositivi ELINT.
Il sistema comprende un’antenna orientabile, varie attrezzature elettroniche per la trasmissione dati e diversi dispositivi DRC (Digital Cassette Recording) per la registrazione immediata.
A seconda del tipo di missione e della vicinanza di stazioni alleate era possibile scegliere se inviare i dati a terra quasi in tempo reale o registrarli per poi analizzarli in un secondo momento.
Astro Inertial Navigation System – ANS
Finora abbiamo però dato per scontato l’aspetto forse più importante di tutti… Come facevano questi super-aerei a gestire la navigazione? Come riuscivano a conoscere la loro posizione? Per di più in un’epoca in cui i satelliti erano ancora un esperimento più che una realtà?
La risposta è semplice quanto ingegnosa: con le stelle.
Ebbene sì avete capito bene. Queste meraviglie della tecnica aeronautica prendevano gran parte delle informazioni su altitudine e posizione dalle stelle fisse.
Sulla parte superiore della fusoliera, in posizione leggermente arretrata rispetto all’abitacolo è presente un’apertura circolare all’interno della quale era posto un dispositivo in grado di inquadrare tre gruppi di stelle anche in pieno giorno.
Il dispositivo veniva calibrato prima della partenza tramite l’uso di un apposito allineatore (processo che poteva durare più di un’ora) ed all’uscita dall’hangar venivano agganciati i tre gruppi di stelle da mantenere come riferimento per l’intero volo.
Il sistema era parecchio preciso, dato che garantiva unmargine di errore di 300 piedi (circa 100 metri) alla velocità di crociera.
Questo prima dell’utilizzo del GPS.
Mission Recording System – MSR
Per concludere andiamo a dare un’occhiata al dispositivo forse più umile di tutti, ma la cui importanza è notevolissima.
Si tratta di una sorta di scatola nera, il cui unico compito era quello di monitorare e registrare una mole impressionante di dati (da circa 650 sensori differenti) come per esempio il numero di giri del motore, i dati di pressione, il controllo della posizione delle spikes, le velocità, i dati sulla posizione delle stelle ecc…
Nella prossima puntata…
Se avete avuto la voglia e la pazienza di arrivare fin qui, abbiamo avuto modo di conoscere alcuni degli strumenti più importanti montati sui Blackbird (ovviamente ce ne sono molti altri che non abbiamo esaminato/non sono stati decalssificati) e di capire un po’ meglio quale fosse la loro reale utilità.
Probabilmente ora alcuni di voi si staranno chiedendo in cosa consisteva effettivamente una tipica missione di ricognizione, e come i piloti riuscivano a gestire un compito così delicato ed al limite del legittimo….
No? Non ve lo stavate chiedendo? Beh chiedevatelo! Perchè sarà quello che andremo a scoprire nella prossima puntata!
Stay tuned
Questo articolo è parte di una serie: #Blackbird
Fonti
A differenza dei precedenti, il presente articolo si basa quasi esclusivamente sulle tre pagine relative ai sensors del sito curato da Leland Haynes, un impiegato alla manutenzione del Blackbird matricola #64-17972 alla Beale Air Force Base in Marysville, California.
Il sito ha una veste grafica che lascia parecchio a desiderare, con un accozzaglia di link disordinati, ma è una vera miniera d’oro di informazioni e di racconti provenienti da vero personale coinvolto nel progetto. Thanks Haynes!