3 ottobre 2013, i leggendari semidei irlandesi del post-rock God is an Astronaut sbarcano al Live Forum di Assago, e nonostante il posto fosse una bettola tutto riescono a pettinare con una setlist di 85 minuti, fra album nuovo e pezzi storici.
La missione era duplice: incontrare i fratelli Kinsella (Niels e Torsten, basso e chitarra) ringraziandoli per aver regalato al mondo la loro musica e successivamente dare loro il frutto delle mie fatiche musicali degli ultimi tre anni, “Journey“, il mio primo disco sotto l’etichetta berlinese Oxide Tones dal quale ho estratto i tre video postati qua sulla Lega.
Nailed su entrambi, ma andiamo per ordine.
Il concerto
Partenza da Brescia. “Dai gnari che riòm tardi, poi c’è la coda al casello e all’entrata” consiglia Piero, il mio batterista.
Arriviamo alle 16.00 e Piero si chiede per quale motivo abbia preso il permesso da lavoro: deserto dei gobi, cancello spalancato, in tre minuti siamo all’interno del locale, piccolo ma accogliente. L
‘obiettivo è strappare un’intervista o una foto prima del sound check per poi tornare quatti quatti ai cancelli ma in assenza di un permesso ufficiale veniamo cacciati dopo una mezz’ora.
Ci armiamo di pazienza e le 20:30 arrivano senza troppa fretta, ci raggiungono un centinaio di persone e all’apertura cancelli siamo tutti dei piccoli Jack Dawson alla fine di Titanic.
Scaldano l’atmosfera i Mexican Chili Funeral Party e i Three Steps To The Ocean e sono già botte in faccia. Ma il meglio deve ancora arrivare.
Entrano i God, groppo. Tranquillissimi, settano le pedaliere, niente fumo, chiederà Torsten dopo pochi minuti.
Qualche cambio di formazione, il nuovo chitarrista Gazz Carr ed un reinventato Jamie Dean non più relegato al ruolo di tastierista ma capace di ritagliarsi uno spazio da trascinatore insieme allo storico Torsten Kinsella dietro alla sei corde.
E sono schiaffi un faccia, un basso enorme (i presenti ricorderanno). Qualche descrizione e spiegazione di come sono nati alcuni brani (Forever Lost, Suicide by Star, groppo in gola).
In pochi minuti lo scivolone verso fine concerto è inesorabile, venir catturati dall’atmosfera e dal carisma della band.. inevitabile: Jamie è il primo a lanciarsi sul primo subwoofer, azzerando la distanza fra le transenne e il palco.
Torsten aspetterà la fine, i tre bis devastanti di Red Moon Lagoon, Suicide By Star e Route 666.
Uno dei miei chitarristi, Simone, aizza un pogo selvaggio, mentre l’altro, Stefano si lancia con scatto alieno per afferrare il plettro di Torsten e festeggia vittorioso, Piero si aggiudica quel che resta di una bacchetta e Omar, il bassista fa incetta di autografi, sperando fino all’ultimo in un lancio del basso sulla folla.
Scaldati dal pogo i più escono mentre i fedeli aspettano l’affacciarsi dei loro dei, e vengono prontamente ricompensati dopo dieci minuti. (Spotted God is an Astronaut: Tu che ti sei fatto autografare un pedale, fatti avanti, hai la mia stima).
E il sogno si avvera, riesco a consegnare “Journey” a Torsten.
Mi allontano con un sorriso, le orecchie ancora che fischiano, il cuore scaldato da 85 minuti di pura musica.