Notissimo che il sapere è proprio dell’huomo tra tutti i viventi et che a questo egli ha la ragione, né vi è altro uso di quella né più sublime operatione che quella dell’intelletto…
Federico Cesi nacque a Roma il 26 febbraio 1585, da padre omonimo (marchese di Monticelli) e da Olimpia Orsini di Todi. Primogenito di undici figli, compì i suoi primi studi da autodidatta nella villa dello zio Bartolomeo, mostrando particolare interesse per le scienze naturali.
Il padre di Federico, di ottuse vedute, osteggiò la curiosità del figlio, pretendendo un insegnamento classico.
Fortunatamente la madre riuscì ad esercitare un’influenza molto più permissiva sull’educazione del giovane.
La sua formazione venne successivamente curata da insegnanti privati tra i quali il matematico Francesco Stelluti, e il medico Johannes van Heeck.
Ben presto in Federico maturò la convinzione che lo studio della natura dovesse essere riformato,
non più sottoposto ai limiti delle teorie aristoteliche-tolemaiche ma basato sull’osservazione e sulla ricerca diretta.
A soli diciotto anni, alla luce del nuovo legame tra Federico, i suoi due maestri e Anastasio de Filiis (parente dei Cesi) venne fondata nel 1603, l’Accademia dei Lincei, nella sua casa romana.
L’Accademia dei Lincei
il suo fine non è solo quello di acquistare conoscenza delle cose e sapienza, vivendo al tempo stesso in modo retto e pio, ma anche diffonderle presso l’umanità, con la parola e gli scritti, senza pregiudizio.
Da Praescriptiones Lynceae
Contrariamente alle numerose Accademie di stampo letterario, di cui fu ricca la società italiana di quei tempi, l’interesse dell’Accademia dei Lincei* verté verso le scienze naturali affiancando un atteggiamento irriverente verso la tradizione dogmatica dominante nelle Università, che ne decretarono il titolo di più antica società scientifica al mondo.
Federico Cesi si dedicò per lunghi anni nell’elaborazione di uno statuto per l’Accademia, conosciuto come Linceografo e pubblicato a Terni nel 1624 col titolo di “Praescriptiones Lynceae”.
In esso furono dettate le regole per l’ammissione e la suddivisione dei soci, venne sancito l’espresso divieto per gli accademici di occuparsi di politica, alchimia, teologia ad indicare il distacco del Linceo dal contingente e dal pregiudizio.
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I soci erano inoltre soggetti al rigido metodo di verifica del progresso degli studi e ad obblighi di giustizia e moralità nelle loro divulgazioni.
Nel Linceografo erano inoltre descritti gli incarichi, le norme per le riunioni dei consigli.
L’Accademia in virtù del suo carattere internazionale arrivò a contare 35 membri, dei quali 8 stranieri. Il progetto originale prevedeva inoltre l’apertura di nuove sedi, dette Licei, che avrebbero dovuto estendersi in tutta Europa.
L’opposizione degli aristocratici romani e le accuse di avversione verso le dottrine della Chiesa, decretarono la dispersione dei Lincei, incolpati di vivere una vita scandalosa e perfino pratica di magia nera.
Federico Cesi mantenne comunque una stretta corrispondenza tra gli associati e durante un soggiorno a Napoli conobbe la figura di Giambattista della Porta (membro nel 1610), con cui diede vita all’unica succursale dell’Accademia.
Dal 1609, superati in parte i dissidi a Roma, Federico Cesi poté richiamare i suoi amici e dedicare nuove risorse economiche all’Accademia. Si arrivò nel 1611, ad associare fra gli altri scienziati, Galileo Galilei.
I Lincei, già da tempo utilizzatori del cannocchiale, condivisero la battaglia per l’affermazione del copernicanesimo contro la teoria geocentrica, deteriorando nuovamente i rapporti con la Chiesa.
L’Accademia finanziò e pubblicò tra i più celebri scritti dello scienziato toscano, come “Lettere sulle macchie solari“ del 1613 e “il Saggiatore” del 1623.
Federico Cesi, detto il Celivago all’interno dei Lincei, muore il 1° agosto 1630 nel palazzo di Acquasparta, senza lasciare testamento. l’Accademia caratterizzata dalla sua forte personalità non sopravvisse al suo fondatore, difatti i suoi eredi non vollero più sostenere le spese editoriali e vendettero la libreria, il museo naturale e l’orto botanico che Federico Cesi costruì nel suo palazzo.
Dei suoi ultimi lavori ne furono successivamente stampati solo tredici tavole; ma gran parte degli studi scientifici sugli organi delle piante e sulla nomenclatura botanica sono ancor oggi ritenuti validi.
Le nuove Accademie
La memoria dell’Accademia e il suo illustre nome conobbero distinte riprese lungo il XVIII e il XIX secolo:
Dal 1745 al 1755, a Rimini, per iniziativa del naturalista e antiquario Giovanni Bianchi.
Ancora a Roma nel 1795, quale Accademia (prettamente fisico-matematica) dei “Nuovi Lincei”, istituita dall’abate Feliciano Scarpellini, ed estinta nel 1840 con la sua morte.
Un deciso ricollegarsi ai Lincei cesiani si ebbe solo ad opera di Papa Pio IX, che nel 1847 stabilì la “Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei”, tuttora esistente come “Pontificia Accademia delle Scienze” vanta tra i suoi membri numerosi premi Nobel.
Considerata la maggior erede della tradizione cesiana e figlia del nuovo impulso rinascimentale italiano fu la “Regia accademia nazionale dei Lincei”.
Nel riaffermato ideale di scienza laica e condita dal nuovo sentimento nazionale, fu costituita da Quintino Sella nel 1874. Lo statista e scienziato piemontese ne mantenne la presidenza fino alla morte, nel 1884.
La lungimirante visione di Sella con lo statuto del 1875 volle ampliare l’ambito delle scienze lincee: alle tradizionali scienze fisiche, matematiche e naturali cui si era dedicata l’accademia seicentesca, si aggiunse una nuova classe di soci dedita alle scienze “morali” o umanistiche (storia, filologia, archeologia, filosofia, economia, diritto).
Nel 1926 Benito Mussolini promosse la nascita dell’Accademia d’Italia, in sintonia con la politica culturale del regime, ma successivamente inaugurata solo nel 1929.
Un nuovo periodo buio incontrò i Lincei quando nel 1933 avvenne il commissariamento dell’omonima Accademia; il governo richiese a tutti i soci il giuramento di fedeltà al regime fascista attraverso un nuovo statuto. Nel 1939 il regime fascista decise infine l’accorpamento dell’istituzione con l’Accademia d’Italia.
Dopo la Liberazione di Roma l’Accademia d’Italia fu soppressa, su suggerimento di Benedetto Croce (dimessosi precedentemente dallo status di membro dopo aver rifiutato il giuramento al regime), e i Lincei riebbero la loro indipendenza.
Fu costituita una commissione di epurazione con il compito di radiare dall’Accademia i membri più compromessi con il fascismo.
i Lincei vissero finalmente la loro moderna reincarnazione, rappresentando il più antico e prestigioso pensiero scientifico italiano e mondiale nella sede romana di Palazzo Corsini alla Lungara.
- Sito ufficiale dei Lincei (lincei.it)
- Archivio Storico Capitolino (archiviocapitolino.it)
- Giuseppe Montalenti – Federico Cesi e l’Accademia dei Lincei (PDF) (iisf.it)
- Raffaello Morghen – L’Accademia Nazionale dei Lincei nel CCCLXVIII della sua fondazione, nella vita e nella cultura dell’Italia unita (1871-1971) (PDF) (lincei.it)
- Accademia dei Lincei (wikipedia.it)