Dove mi trovo?
Che giorno è?

Lentamente alzo lo testa, cercando di raggiungere con lo sguardo l’estremità inferiore del mio corpo. Mi costa uno sforzo immane e tutto ciò che ne ricavo è una misera vibrazione del capo.

Cosa mi sta succedendo?

Un’oscurità densa e compatta ammanta tutto il mio campo visivo, ammesso che i miei occhi vedano ancora. L’assenza di luce totale disorienta e peggiora le mie percezioni sensoriali già di partenza confuse; questo buio quasi palpabile porta seco un sentore di umidità e pesantezza che mi procura non pochi brividi interni.. Comincio a sudare freddo. Mi è sembrato di sentire il rumore della risacca di un porticciolo ma tutto ciò è impossibile, dovrei essere nel mio letto, nella mia casa, al sicuro.

Ma siamo mai realmente al sicuro?

Una vibrazione. C’è qualcun altro in questa stanza, sempre ammesso che io mi trovi in una stanza.

Distogliere anche solo per un attimo i miei pensieri e la mia concentrazione dall’inspiegabile paralisi temporanea che mi affligge si rivela un’impresa titanica ma devo riuscirci. Voglio riuscirci.

Devo ascoltare, far passare in secondo piano il rumore del mio respiro e di quella che sembra la marea contro un pontile per captare indizi dell’altra presenza. E nel caso ci fosse veramente qualcun altro come mi comporterei? Cosa dovrei fare? In queste condizioni sarei alla mercé delle più distorte fantasie sadiche, perversioni mutilatrici e torture laceranti di chiunque.

Diviso a metà tra questi pensieri e lo sforzo di restare in ascolto incomincio ad andare in iperventilazione. Sento la gola seccarmisi. Vorrei sforzarmi di restare tranquillo ma quello che accadde di lì a poco peggiorò gravemente il mio stato psico-fisico.

Un tonfo sordo.
Un tonfo cupo e greve.

Come una bolla di basse frequenze sparata dai subwoofer di una sala cinematografica. Ma la cosa che mi fa letteralmente gelare il sangue nelle vene non è la vibrazione dell’urto, è un inspiegabile rumore di bagnato che la accompagnò. Come se una matassa di stracci fradici fosse caduta sul pavimento, schizzando fluidi nell’area circostante.

Cosa diavolo stava succedendo?

Un fetore salmastro mi arrivò alle narici, facendomi venire i conati di vomito. Un odore di morte, putrefazione, orrore. Di colpo calò la temperatura di almeno 10 gradi, facendomi immaginare di vedere nuvolette di vapore uscirmi dalle narici.

I suoni terrorizzanti ripresero, incerti e irrequieti. Come se il sacco fetido e pesante fosse trascinato a scatti irregolari sul pavimento. Uno scatto verso di me, poi uno indietro. Un altro scatto indietro, poi uno a destra.

Non c’era alcuna logica in quei movimenti, nessun rimando a qualcosa di umano.

Nessun rimando a qualcosa di vivo.

Inaspettatamente i rumori cessarono e il fetore paludoso aumentò a dismisura.

Una goccia di liquido melmoso mi cadde in fronte.