Premetto che non starò a fare polemica sul fatto che ci siano voluti 7 anni e 800 milioni di euro per prolungare la linea B1 di 3 fermate (Annibaliano/Libia/Conca d’Oro).
Mi fermo al dato al limite della science-fiction che “Hey, ce l’abbiamo fatta!”, quindi prendetela solo come una riflessione su “Se tutti noi fossimo meglio informati dagli addetti al personale anche i disagi più frequenti sarebbero digeriti più facilmente”.
Ora. Immaginiamo che per la prima volta vogliate approfittare di questa svolta inaspettata e scegliate di andare all’università (nel mio caso Roma Eur) utilizzando questo mezzo surreale, incredibile ai vostri occhi romani abituati a dover impiegare almeno un’ora (causa traffico e vedi sopra) per arrivare nel posto in cui svolgete i doveri quotidiani.
Vi dirigete così alla stazione di Conca d’Oro, a soli 3km di distanza dalla vostra abitazione (Sogno o son desta? O___O). Ve la prendete anche comoda, ci vogliono solo 10 minuti ad arrivare li, e una volta saliti (boh)? supponete una mezzoretta per arrivare a destinazione.
Poniamo il caso che abbiate dimenticato il biglietto. Non c’è problema, lo comprerete ai distributori che, come di regola, si troveranno prima dei tornelli. Iniziate la lunga discesa per arrivare, vi guardate intorno emozionati, tutto è nuovo e si sforza di essere super design e hi-tech, pensate che forse stavolta sono riusciti a creare una stazione metro più europea, meno sporca e più efficiente.
Arrivate alla macchina accompagnati da un immaginario coro festante di satiri e baccanti e inserite l’euro e 50.
Nell’attesa che eroghi il biglietto guardate verso destra, dove il pannello dice che “Il prossimo treno è in partenza dal binario 1”. Non si sa quando ma ingenuamente date per scontato che l’espressione “in partenza” implichi che di lì a poco partirà.
Dopo un minuto di attesa per il biglietto passato a fissare quella scatola di plastica parlante, la tranquillità con cui eravate entrati, la curiosità con la quale vi guardavate intorno come foste in un museo inizia a farsi sempre meno percepibile.
A quel punto, come un lampo, vi ricordate dei vostri lunghi anni passati a imprecare contro il sistema dei trasporti di Roma Capitale e cercate di recuperare lo scetticismo e la sfiducia che da sempre caratterizzano la vostra visione a riguardo. “Meglio armarsi in partenza”.
Cominciate a pensare di dovervi sbrigare, iniziate a sudare freddo. Il quadratone bianco e rosso vi lancia un’occhiata di rimando, come di sfida.
Guardate l’ora, la gamba sinistra inizia a muoversi nervosamente. Premete il pulsante appositamente creato per ridarvi il denaro. Ma, stentereste a crederci? Il rumore dei dindini che cadono proprio non lo sentite.
Vi voltate verso quelle signorine alle casse che vendono biglietti fisicamente e vi rendete conto che niente come il contatto umano a volte può salvarvi da questi aggeggi fottisoldi.
Spiegate gentilmente che il distributore non ha erogato il biglietto, che i soldi erano stati inseriti ma non li ha restituiti. Date per scontato che quello che la cara impiegata ci darà, sarà “omaggio”.
“Dove l’ha infilati i soldi?”. Prima domanda sconcertante.
“Dove c’è scritto introdurre il denaro” – il vostro volto inizia ad assumere un’espressione sorpresa.
“ Ha toccato la scritta che le chiedeva quanti biglietti volesse?”
“Certo, ne ho chiesto uno”
“Guardi le macchine sono nuove, finora non hanno mai dato problemi quindi forse avrà commesso qualche errore. Essendo touch è facile che avrà sfiorato un’altra casella che ha annullato l’operazione..”
si può dire che avete appena gettato al vento 20 minuti della vostra giornata. Della metro non v’è traccia. La signora affianco nota la vostra impazienza e commenta rassegnata:
“Che ci vuoi fare, lo sai come stanno le cose in questo Paese”
State per rispondere che c’è sempre qualcosa di cui stupirsi ma evitate di farlo, sorridete gentilmente e abbassate lo sguardo perplessi.
Il pensiero va alla felice e ormai datata espressione “Buon senso”. Non si vuole la perfezione, sarebbe noiosa.
Basterebbe solo rendere partecipe l’utente spiegandogli quali sono i problemi, i disguidi e i disagi che provocano questi ritardi romani.
Perché finchè si tratta del piano superiore, di proprietà degli autobus, a Roma non si può pretendere efficacia e puntualità.
Ma al piano di sotto, dove il traffico non esiste, ci vuole poco a scrivere “Treno in partenza/arrivo fra: X Minuti”.
Eccolo che arriva. Speravate che anche il treno fosse nuovo e invece vi è capitato quello sfigato che avete preso per anni, scuro, buio e puzzolente. Con le cicche sui sedili. Vi sedete sul più decente che trovate, aprite un libro ed iniziate a leggere. Passano due..tre minuti…
Senza pretendere risposte oracolari, sperate che la persona affianco possa sapere qualcosa. Insomma perché sta metro, pure quando arriva, non parte? Vi risponde che di solito passano 5-10 minuti prima che si chiudano le porte.
Domandate il perché, innervositi, spazientiti, e aggiungete qualche invettiva contro il sistema, che comunque fa sempre bene.
Mi dice che non lo sa, che da quando ha aperto è così, a volte parte prima ma non si può mai sapere. Sorridendo, vi spiega che, nel dubbio, tutto sta nell’organizzarsi e nell’uscire prima di casa. Prevenire è meglio che curare.
Vi sentite deficienti. Nel senso di “deficit”. Non capite proprio. Dove cazzo sono finiti i nostri gèni romani, padri di ponti, strade ed acquedotti? (quelli erano alieni, poi se ne sono andati. NdItomi)
Poi riflettete un po’ e giungete alla conclusione che anche questa è Roma. Siamo abituati ad adattarci al disagio. Tutti, dall’autista, all’utente, all’addetto statale.
Mettiamo in conto che questa città è male organizzata e ci stiamo, ci ricaviamo il nostro angolino e stiamo bene così, non ci facciamo più domande, non ci chiediamo più “perché”, lo assumiamo come dato di fatto e lo indossiamo svogliatamente, come un vestito da damigella d’onore che non ci sta bene, ma che piace tanto alla sposa.
Ci lamentiamo col pensiero per tutta la cerimonia, sbuffiamo quando non ci vede, e ingoiamo l’imbarazzo di chi non si sente a proprio agio perché l’abito è troppo stretto e quel colore “sbatte un po’”.
Finalmente il lungo millepiedi accende i motori e parte. Sono le 10.15 e tra un quarto d’ora inizia la lezione.
Domattina uscirete di casa mezzora prima, come facevate quando prendevate l’autobus. Comprerete il biglietto al bar all’angolo per non incorrere in impiegate minacciose e macchinari letali, camminerete con passo svelto senza guardarvi attorno e vi catapulterete al primo tornello libero. Scenderete le scale di corsa ed entrerete in metro già sudati, col fiatone.
Il rodimento resterà li, nel fegato. Almeno arriverete puntuali a lezione. Anzi, addirittura in anticipo.