Lavaggio del cervello

Lavaggio del cervello

13 Febbraio 2012:

Mi sveglio, vado in bagno e TAC! Il ciclo. Proprio oggi dannazione.. ho bisogno di assorbenti, devo andare in farmacia. Già che ci sono prendo anche lo sciroppo per Luca che stanotte tossiva di continuo. Che ore sono? Devo stare in piazza alle 11.00 ho ancora 2 ore di tempo. Posso anche prendermela comoda in fondo.

No, altrimenti fai come al solito e ti riduci a fare tutto di corsa. Per non parlare del traffico che trovi sistematicamente e che utilizzi come causa e scusa per non prenderti la responsabilità di aver fatto tardi.  Fai cosi, ti lavi, ti vesti..tu non hai neanche bisogno di truccarti no? Dicevo ti lavi, ti vesti e cerchi qualche informazione relativa al caso di oggi, così, tanto per entrare in confidenza.

Sono seduta sul water da quindici minuti ad ascoltare la parte sinistra della testa che chiacchiera con la destra.Iniziamo bene.

Colazione: succo d’arancia, toast e caffè. Accendo il computer e clicco sulla cartellina che contiene i miei casi.

Numero 23.. che avrà fatto? bhè no, non si può proprio, la decisione del giudice è giusta. Non si può non intervenire..- menomale, tutto fila perfettamente, stavolta non commetterò un altro errore, mica come quella volta che.. lasciamo perdere, non l’ho ancora superata e non voglio parlarne. ZAC! Porca miseria l’unghia.. si è rotta.. odio questo momento, per un istante senti come un brivido che percorre tutta la schiena. E imprechi. Proseguiamo.

Sono le 09.45,  sarebbe meglio uscire tra mezzora. Oddio.. oggi che giorno è? Il 13 Febbraio? Avevo promesso a Elena che sarei  andata a scuola a parlare con la professoressa di italiano! calcolando che questo doveva avvenire circa un’ora fa, direi che ormai hai perso il treno. Ancora la parte sinistra che commenta, ma che dovrebbe rappresentare, la mia coscienza? Ecco appunto, non avevo ancora controllato il cellulare: 10 chiamate perse. Cavolo, ho 40’anni e mi sembra di comportarmi ancora come se ne avessi 17 e stessi per farmi la ceretta alle sopracciglia. Le mando un sms: “Amore scusami tanto, avevo un mal di testa fortissimo e non avevo tolto il silenzioso. Quand’è il prossimo colloquio?”. Invio.

Dicevamo: devo uscire. E anche con una certa velocità. Dove ho parcheggiato? Mi sembra davanti la farmacia, bene cosi entro al volo a comprare gi assorbenti che, d’accordo che sarò vestita di nero, ma… non è questo il punto.

Dai, sbrigati! Non è che là stanno ad aspettare te.. o meglio, si ti aspettano eccome.. ma non va bene comunque! anche la mia coscienza si contraddice, sta avvenendo un raddoppiamento o uno sdoppiamento di coscienze nella mia testa che forse è il caso che chiamo un’analista.

Vado.

Risposta di Elena: “a Mà, quella mo me stecca”. Suppongo voglia dire che la boccia. Perché non sono andata a parlarci? E qual è il collegamento? Mica ci vado io a scuola.

Non pensarci adesso, stai sempre a fare polemica, in fondo dovevi andare e non l’hai fatto PERCHE’ NON HAI SENTITO LA SVEGLIA DELLE 8. Vado. Farmacia, fatto. La macchina? Ah è vero ieri l’ho lasciata alla fine della via. Menomale che non faccio un lavoro che richiede tacchi e tailleur ma semplice tuta e scarpe da ginnastica.

Finalmente giungo a destinazione. Eccola qui, la guest star con un’ora e 10 di ritardo è pronta a firmare e svolgere la sua mansione.

Il solito silenzio… eppure c’è tantissima gente… Normalmente ci sono due o tre persone, a volte anche nessuna.

Bè, questo 23 perlomeno può consolarsi pensando che nonostante tutto, ha molte persone che si preoccupano per lui. Eccolo che arriva.. ogni volta non posso fare a meno di chiedermi se in questo caso il condannato sarà punito giustamente o meno. Ma la responsabilità non è mia, io sono solo la fine e di un lungo iter processuale che ha sentenziato così. Io incarno la giustizia soddisfatta. D’altronde qualcuno dovrà pur farlo no? Bisognerà risolverlo questo problema del sovraffollamento…

Ha qualcosa in mano. Generalmente portano un rosario o una fotografia del proprio figlio.. ma ho letto che lui non  ne ha e quella sembra proprio essere una foto. Con il capuccio rosso copro il suo volto. Il mio l’ho già in testa. È essenziale per chi svolge questo lavoro restare nell’anonimato,  per questo il mio nome è rappresentato da una sigla: B34D. Si inginocchia. Mi viene sempre in mente la scena in cui Alice viene inseguita dalle carte – soldato della Regina che urla disperata “Tagliatele la testa! Tagliatele la testaa!”.

Il rumore della lama. Il tonfo della testa caduta. Finito.

Guardo rapidamente la foto che teneva, ormai sgualcita per la tensione provata un  attimo prima di morire. Un uomo, gli somiglia molto.

Sarà suo fratello. Ora vai che devono pulire.

1 ora e dieci per arrivare, quindici minuti di lavoro. Tra l’altro sono anche ben pagata. Non è mica un mestiere per tutti!  Vado a prenderla a scuola va, magari mi perdona. Ti pare che la boccia perché non sono andata al ricevimento? E soprattutto: va cosi male a scuola? Come si fa a capire cosa passa per la testa di un’adolescente?

Cerca di ricordare te, alla sua età-. Meglio di no altrimenti potrei spedirla in Siberia, a lavorare. Esagerata.

“A tavolaaaa!”. Mia figlia non mi guarda in faccia. Ciancica la carne come fosse un chewingum. Luca non fa altro che tossire e mi chiede se abbiamo dello sciroppo in casa. “Ho dimenticato di comprarlo”.

15    Dicembre 2012

“SHHH fammi sentire il telegiornale!”

<<Ennesimo caso di errore giudiziario>>

“Il colpevole della rapina terminata con la morte di un agente avvenuta in via Condotti il 27 novembre 2011 era  il fratello del condannato. Le telecamere di sorveglianza sembravano riprendere proprio Davide Del Poggio il quale, per salvare il fratello, non avrebbe fatto appello alla sentenza del tribunale.  Ora Mario del Poggio confessa: “Fatemi morire, non posso sopportare il peso della colpa”.

Perfetto. Ho ucciso un altro innocente. Dovrò abituarmi suppongo. Da quando è stata applicata le legge che impone di non superare un massimo di tre mesi per l’emissione di una sentenza non si ha più il tempo di verificare tutte le prove e le accuse. Ma, in fondo, non è colpa mia.

Il dubbio rovina la coscienza –

La pena finale ed ultima è ciò per cui io vengo pagata.

Chissà a chi assegneranno il caso.