Oggi ho disinstallato Tomb Raider, il titolo Crystal Dynamics / Square Enix di quest’anno. Prima di averlo finito.

Ed è un unicum, nella mia storia di videogiocatore. Premetto che non sono un hardcore gamer: sono una persona abbastanza elastica, gioco una media di una quindicina di titoli all’anno, e non ho problemi a passare da Braid a un FPS qualunque, da Dark Souls a Stronghold. Minimo comune denominatore di preferenza: cerco un videogioco che stimoli il mio cervello, e in cui io possa giocare.

cerco un videogioco che stimoli il mio cervello, e in cui io possa giocare.

E qui arriviamo a Tomb Raider. Come per From Dust, abbandono immediatamente la configurazione mouse – tastiera: il gioco è previsto per controller, e così sia, fortunatamente il mio fido controller windows XB360 è con me.

E rimango basito di fronte alla potenza grafica di questo reboot: Lara, l’ambientazione, fogliame, alberi, modelli, ricostruzione delle rovine Giapponesi, chapeau.

Anche i dialoghi e la caratterizzazione psicologica di Lara sono ottimi, un po’ meno il ripoff della struttura a skill points di Far Cry 3 con tanto di categorie identiche, ma ci si passa sopra.

Il punto dolente è davanti agli occhi, it cannot be unseen. È il gameplay.

Il punto dolente è davanti agli occhi, it cannot be unseen. È il gameplay. Se si trascura la piccola parentesi sui QTE (Un Quick Time Event è un momento del gioco che mette alla prova i riflessi del videogiocatore nel premere uno o piu pulsanti con il giusto tempismo. NdWiki) relegati perlopiù ad apertura di cassoni o ad arrampicate, il problema principale è che la giocabilità è stata resa schiava della narrazione e di una tendenza alla faciloneria vagante, e questo si traduce in:

  • Livelli statici con sentiero unico e hint nel caso ci perdessimo
  • Puzzle-solving quasi inesistente
  • Una cutscene ogni tre-quattro minuti
  • Controllo assente di corsa/camminata/crouch/ (che da origine a Sezioni incastra-il-joypad™)
  • Lara si posizona automaticamente dietro agli ostacoli per cercare copertura.
Lara Croft nel giro di poche ore diventa una macchina da guerra che farebbe impallidire Serious Sam al confronto

Da metà gioco in poi, il gioco che veniva presentato come un survival horror diventa uno sparatutto: Lara Croft nel giro di poche ore diventa una macchina da guerra che farebbe impallidire Serious Sam al confronto. Supportata dai vari “She’s armed!” “She’s coming” della peggio intelligenza artificiale: nemici che corrono incontro a fiotti, lanciano dinamite e sparano senza la minima strategia.

Non che sia necessaria un AI da stratega o degli enigmi alla Machinarium, ma porca puttana, come si fa a realizzare un gioco con l’obiettivo, in partenza, che perdere non è più un’opzione? Che fermarsi un quarto d’ora a risolvere un enigma è impensabile?

Tomb Raider è un gioco che eccelle sotto moltissimi aspetti e non prenderà mai un voto nella media, ma è penalizzato da un gameplay che risente del trend, sempre più diffuso, dei videogiochi semplificati. E per me il livello di difficoltà non è una scelta a tre voci prima dell’inizio del gioco: chiedo coinvolgimento attivo, e questo non si risolve facendo avversari con più HP.