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I bottoni di Napoleone

Nel giugno 1812 l’esercito di Napoleone era forte di 600.000 uomini; sei mesi dopo, all’inizio di dicembre, quella stessa Grande Armata che era stata l’orgoglio della Francia era ridotta a meno di diecimila uomini. I pochi soldati che ancora restavano agli ordini dell’imperatore stavano lottando con le residue energie contro la fame, le malattie, e il gelo paralizzante: nemici non meno pericolosi dei combattenti russi. Gran parte di loro era destinati a perire, essendo insufficientemente vestiti ed equipaggiati per poter sopravvivere ai rigori di un gelido inverno russo.

La ritirata di Napoleone ebbe delle conseguenze di grande portata sull’equilibrio dell’Europa ma che cosa causò lo sfacelo dell’armata più grande che fosse mai stata guidata?

Tutto per la mancanza di un bottone?

Può sembrare sorprendente ma la distruzione dell’esercito di Napoleone può essere ricondotta a qualcosa di veramente piccolo ed insignificante, come un bottone. Per la precisione si trattava di un bottone di stagno, di quelli che venivano utilizzati per tutto, dalle uniformi degli ufficiali fino a quelle dei fanti. Al calare della temperatura, lo stagno metallico lucido comincia a trasformarsi in una polvere grigia non metallica, che è ancora stagno ma con una diversa forma strutturale.

L’armata napoleonica veniva descritta, e si vede nel dipinto di tale Prianishnikov, come una folla di spettri avvolti in abiti femminili, in vecchi pezzi di tappeti o in cappotti bruciati pieni di buchi. Gli uomini di Napoleone, quando i bottoni delle loro uniformi si disgregavano, erano così indeboliti dal freddo da non potersi più comportare da soldati. Combattere contro due nemici, l’armata russa ed il freddo gelido sfinì i fanti e la cavalleria di Napoleone, costringendoli alla ritirata.

La peste dello stagno, come veniva chiamato il fenomeno, era nota da secoli alle popolazioni del nord Europa, perciò il dubbio che questa sia la spiegazione effettiva della disfatta della Campagna di Russia non è del tutto fondata.

Napoleone era un abilissimo stratega ed era fermamente convinto che i suoi uomini dovessero essere sempre nelle migliori condizioni per poter combattere è dunque difficile da credere che abbia permesso che ciò accadesse, inoltre la disintegrazione dello stagno è un processo alquanto lento, persino alle bassissime temperature dell’inverno russo del 1812.

Questo è un interessante aneddoto da raccontare quando si vuole introdurre il discorso degli allotropi, e ci dimostra come una piccola differenza abbia generato un grande cambiamento nella storia e nella geografia del diciannovesimo secolo.

Allotropia dello stagno

Il termine allotropia deriva dal greco allos (altro) e tropos (modo) ed è la proprietà di alcune sostanze di esistere in diverse forme, appunto gli allotropi. In particolare lo stagno solido a temperature normali ha due forme allotropiche. Sotto i 13,2°C è stabile la forma allotropica alfa, detta stagno grigio, che ha una struttura cubica molto diversa dalla forma allotropica beta, stabile sopra la temperatura limite di 13,2°C, detta invece stagno bianco, che ha una struttura cristallina tetragonale.

Quando un campione di stagno bianco viene posto a bassa temperatura, inizia un lento processo di conversione in stagno grigio, più stabile a basse temperature. La conversione generalmente inizia da un punto del blocco di stagno che contiene delle impurità di stagno grigio, che favoriscono l’innesco del processo di conversione (una elevata purezza dello stagno bianco può rallentare notevolmente la conversione). Oltre al cambiamento di colore si osserva anche un’espansione del reticolo cristallino ed una conseguente frammentazione, questo perché lo stagno grigio presenta una distanza interatomica maggiore rispetto a quella dello stagno bianco.

La differenza risiede nei diversi reticoli cristallini delle due forme allotropiche. Lo stagno grigio (α-Sn) ha una struttura cristallina cubica (tipo A4, no non è battaglia navale, in fondo troverete delucidazioni), in cui ogni atomo è circondato da quattro atomi uguali a costruire un tetraedro, come nel diamante, con una densità pari a 5,769 g/cm3. Lo stagno bianco (β-Sn) ha invece una struttura tetragonale (tipo A5), con una densità maggiore pari a 7,265 g/cm3. La differenza di volume ci dice che a parità di peso lo stagno grigio occupa un volume maggiore e questo causa la disintegrazione del metallo durante la conversione.

Fonti:
I bottoni di Napoleone. Come 17 molecole hanno cambiato la storia – Penny Le Couteur, Jay Burreson (Amazon.it) – Ve ne consiglio vivamente la lettura.

Link utili:
Strutture cristalline (geocities.jp)
Campagna di Russia (wikipedia.org)
Video Conversione dello stagno (tavolaperiodica.unicam.it)

Breve Storia dell’Alchimia
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Aleksandr Borodin
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