Nuotare con gli squali: la barriera corallina di Marsa Alam (Parte I)

Oggi vorrei iniziare a parlarvi di un’esperienza che dovrebbe essere nella lista delle cose da fare di chiunque abbia un minimo di spirito d’avventura, passione per la natura e amore per il mare: immergersi nella barriera corallina. L’articolo è diviso in 3 parti perché scrivere semplicemente “ho fatto un’immersione con gli squali! Che figata!!1!” non rende minimamente onore a ciò che si prova nel vedere delle creature così affascinanti, libere di muoversi nel loro habitat naturale, in una regione dell’Egitto quasi dimenticata dalla civiltà. Quindi, iniziamo.

La preparazione al viaggio

Era da poco iniziato l’ottobre del 2006, quando io, i miei ed alcuni amici di famiglia ci stavamo preparando per partire alla volta di Marsa Alam, un piccolo villaggio di pescatori nel profondo sud dell’Egitto. In realtà non c’era un vero e proprio villaggio, giusto qualche povera abitazione ed un’insegna della onnipresente Coca Cola, in un’assurda atmosfera di calma e silenzio. Tuttavia la costruzione nel 2001 di un aeroporto poco distante aveva portato ad un’esplosione nel turismo, con una decina di villaggi turistici in costruzione e due già attivi, tutti schiacciati a mo’ di sandwich tra deserto e Mar Rosso. Insomma speravamo di trovare un ambiente incontaminato dove poter fare immersioni, e i nostri desideri furono pienamente esauditi.

Unico problema, questi villaggi turistici erano la zona abitata dell’Egitto più vicina al confine con il Sudan, da poco uscito da una guerra civile ventennale e non ancora molto stabile. Ma c’erano comunque un centinaio di kilometri di deserto a separare Marsa Alam dal confine, e la prima alternativa era andare in una Sharm El Sheik in pieno rischio attentato terroristico. Dopo l’attacco kamikaze del 23 luglio 2005, che ha causato una novantina di morti, la Farnesina si è divertita a rompere le balle in Egitto mettendo pallini rossi ovunque ci fosse un tizio con la barba un po’ troppo lunga. Fortunatamente quella paranoica di mia madre, non sapendo nulla del Sudan, ha dato il via libera per Marsa Alam, convinta che fosse più sicuro. Fortuna che lei non ha avuto contatti con le “forze dell’ordine” locali, ma questa è un’altra storia.

Uno dei motivi principali per cui avevamo scelto questa meta è per un particolare punto di immersione, chiamato Elphinstone Reef, nel quale in quel preciso periodo dell’anno era possibile (ma poco probabile) avvistare il temuto Squalo Pinna Bianca, none scientifico Carcharhinus longimanus. Così decisi di fare qualche ricerca su questa specie di squalo, e uno degli articoli letti mi colpì particolarmente. Cito i tratti salienti:

Il Carcharhinus longimanus è straordinariamente abbondante, forse il piu’ abbondante tra i grandi animali (sopra i 45 kg) della terra. E’ in virtu’ di questa abbondanza che il pinna bianca si presenta spesso per primo nei disastri di mezzo-oceano, e lo fa in un gran numero di esemplari, cosa spiacevole per le vittime in acqua. Nelle guerre mondiali se ne ebbe piu’ evidenza, quando le navi venivano silurate e affondate in gran numero. Si crede che i pinna bianca furono responsabili della morte di molti uomini durante l’affondamento della nave a vapore Nova Scotia, silurata e affondata da un sommergibile tedesco al largo a nord di Natal, Sud Africa, nella seconda guerra mondiale. Dei 900 uomini che c’erano a bordo (dei quali 750 erano prigionieri di guerra italiani) solo 192 sono sopravissuti, molti probabilmente sono stati vittime degli squali, che i superstiti descrissero come in “frenesia alimentare”. […]

Il pinna bianca e’ molto curioso, persistente e sfrontato quando individua una possibile fonte di cibo, e controllora’ quasi tutto cio’ che incrocia, subacquei inclusi!
Fonte: squali.com

Non vedevo l’ora di partire!

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