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Fuoco e fiamme…

Guardare il fuoco è certo qualcosa che ci affascina, qualcosa di ancestrale ci lega a lui, forse è l’orgoglio della prima vera scoperta “scientifica” dell’uomo.
Ma spesso la sua vera natura ci sfugge e di difronte alla luce e il calore che ci avvolge ci domandiamo “da cos’è fatto il fuoco?”.

La combustione

Ed è inutile in questa sede risollevare l’universo simbolico che in ogni cultura orbita intorno a questa entità, dalla sua divinizzazione alla sua comprensione nella quaterna degli elementi fondanti del nostro universo (insieme ad acqua, terra ed aria). Rimane comunque necessario sottolineare che nella divisione in quattro fatta del nostro mondo si è commesso un grave errore (con il facile senno di poi), il fuoco non è da concepire come una sostanza o un miscuglio di sostanze ma piuttosto come un insieme di diverse manifestazioni distinte, percepibili con i nostri sensi, di fenomeni fisici che derivano tutti direttamente o indirettamente da una reazione chimica definita “di combustione”. Quindi non è la base di un sistema, “l’atomo”, ma la conseguenza ultima ed empirica della complessità del mondo in continua trasformazione in cui siamo immersi.
La combustione è di per sé una reazione appartenente al grande gruppo delle ossidoriduzioni, accomunate tutte da trasferimenti di elettroni dagli atomi di un tipo di elemento a quelli di un altro tipo. Un elemento perde cariche negative (elettroni) ossidandosi, contestualmente una altro “accoglie” gli elettroni ed assume carica negativa aggiuntiva, riducendosi.
La combustione è un particolare (e al tempo stesso molto comune) caso di ossidoriduzione dove l’ossidante (gli atomi che acquistano elettroni, che si riducono, il comburente) è allo stato gassoso, ed in modo specifico nella stragrande maggioranza dei casi quotidiani è l’ossigeno stesso dell’aria, mentre la parte che si ossida (potremmo dire “che brucia”, il combustibile) può essere costituita da molecole di tipo estremamente diverso, spesso organiche contenenti quindi al loro interno carbonio. In realtà esistono dei tipi di combustione che non per forza coinvolgono molecole organiche, e altri ben più rari che non vedono tra i protagonisti neanche l’ossigeno, ma queste ben raramente si presenteranno nella nostra vita quotidiana da non chimici e non sono parte del fenomeno “fuoco” che cerchiamo di descrivere.

Fenomenologia del fuoco

Tornando al fuoco appunto, non tutte le combustioni lo vedono fenomeno protagonista; infatti la fiamma può non essere visibile, ad esempio qualora si sta bruciando un gas molto puro in condizione di forte eccesso di ossigeno. Ciò che però influenza la nostra percezione del fuoco e ci dà l’immagine mentale dello stesso, sono i fenomeni derivati o laterali; fenomeni che danno il colore, la forma e anche il suono tipico della fiamma.
Primo fra tutti i responsabili delle modifiche percepibili e sicuramente la carenza di ossigeno tipica delle combustioni che siamo abituati ad osservare. Le fiamme hanno (per nostra esperienza) colore cangiante dalla base alla loro sommità e comunque via via che si allontanano dal materiale che brucia, ciò appunto è dovuto alla diversa disponibilità del comburente. Ovviamente esiste una abbondante letteratura su quali siano le proporzioni ideali tra combustibile e comburente per avere una completa ossidazione del primo, altrettanta sulle conseguenze di un eccesso o una deficienza di ossigeno; ma forse non è il caso di addentrarvisi in questa sede.
Ciò che però possiamo dire è che in una fiamma tipica avremo una zona “interna” alla fiamma e vicina al combustibile dove l’ossigeno viene consumato rapidamente e pian piano che ci si muove idealmente verso la periferia si incontrano zone sempre più ricche di comburente. Avviene così che il combustibile all’inizio sarà trasformato in sottoprodotti intermedi (principalmente gassosi) che raggiungendo le zone periferiche continuano ad ossidarsi fino a divenire anidride carbonica e altri ossidi volatili (nel caso della comune presenza di eteroatomi) oppure a “fuggire” dalla fiamme (sotto forma di incombusto e “terribile” monossido di carbonio).

Bene, soffermiamoci ora sugli intermedi della combustione; sono questi infatti i principali responsabili della luminosità e del colore della fiamma. Queste specie sono spesso altamente instabili, molto reattive e cariche energeticamente, i cosiddetti radicali, che molto rapidamente cedono l’energia accumulata in vari modi, tra cui il principale è la radiazione elettromagnetica. Così si ha un arcobaleno di fiamme possibili, in cui le più ossigenate (meno radicali) risultano più trasparenti ed incolori e le meno ossigenate (più radicali) luminose e colorate. Il colore in particolare è dovuto alla presenza di alcuni elementi chimici piuttosto che altri, piccole differenze di concentrazione possono dare grandi differenze percepite in termini cromatici. Alcuni elementi si eccitano facilmente a causa dell’energia ceduta dalla combustione in corso, alcuni elettroni più esterni nella nuvola elettronica passano ad un livello superiore, successivamente gli atomi perdono energia e anche questa volta una delle forme preferenziali è la radiazione elettromagnetica. I “salti” energetici che gli elettroni possono fare corrispondono a radiazioni elettromagnetiche tipiche di ogni elemento (Sodio=giallo, Potassio=lilla, Calcio=rosso scuro, and so on…) che colorano più o meno intensamente la fiamma.
Il colore della fiamma è strettamente legato alla sua temperatura, anche se dobbiamo tenere presente che fenomeni locali possono far apparire tutta la fiamma di un colore (l’occhio percepisce le diverse lunghezze in modo diverso) che non corrisponde alla temperatura media della stessa. In ogni caso considerando una ipotetica fiamma omogenea monocromatica i diversi colori corrispondono alle seguenti temperature di fiamma.

Colore fiamma Temperatura in °C
Amaranto pallido 480
Amaranto 525
Rosso sangue 585
Rosso scuro 635
Rosso 675
Rosso chiaro 740
Rosso pallido 845
Rosa 900
Arancione 940
Giallo 995
Giallo pallido 1080
Bianco 1205
Azzurro 1400

Il calore che riceviamo dal fuoco è ovviamente il risultato di tutti i modi di propagazione del calore che la termodinamica prevede, radiazione elettromagnetica quindi irraggiamento, masse di gas che si spostano e quindi convezione e noi riceviamo per conduzione il calore da tutto ciò che tocchiamo intorno al fuoco (i nostri vestiti e quello delle persone che tocchiamo, suppellettili varie, pavimento e terreno, ecc.).

Non trascurerei due aspetti molto suggestivi del fuoco a cui forse non viene in mente sempre di pensare, il rumore e l’odore. L’avvolgente e ammaliante fuoco di un camino o di un falò è tale anche perché entra dentro con suoni ed odori da cui non si può prescindere e che spesso sono fondamentali per la creazione della giusta atmosfera (aggiungi esemplari di sesso opposto, alcool e altre armi di seduzione). Il suono tipico della legna che arde (ma anche di altri combustibili) è dovuto a due fenomeni distinti ma simili, sono due espansioni, aumenti di volume più o meno rapidi. Da una parte avremo l’aria che si trovano nelle immediate vicinanze e i gas prodotti che si espandono per via del calore sprigionato dalla combustione con conseguente “fruscio”; dall’altra i composti liquidi (acqua principalmente) che in seguito al calore evaporano, friggendo, bollendo e rompendo le “camere” che li imprigionano all’interno del combustibile eventualmente con piccole proiezioni di materiale solido e liquido (scintille, ecc.). Ovviamente l’odore che si sprigiona da una fiamme è dovuto alle famose molecole di cui già accennato che si sottraggono alla combustione riempiendo l’aria circostante (e spesso i vestiti di chi si trova nelle vicinanze).

Nelle sue innumerevoli forme e colori, il fuoco rimane spesso familiare e sconosciuto al tempo stesso all’uomo che ne è da tempo sia padrone che vittima.

Calore
Fiamma
combustione
”Fiamma questa sconosciuta”

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