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N.d.A. [more]Premessa: questo è il mio primo (e forse ultimo) tentativo in assoluto di scrivere un racconto, sebbene quest’ultimo mi vagasse nella mente da tempo immemore in attesa solo di una realizzazione.
Buona lettura.[/more]
[title]Zulu 10:19[/title]
– Edwards AFB – 120 km a Sud-Sud Ovest di Los Angeles, California
Perché fosse stato chiamato con così poco preavviso, il Maggiore Johnson non lo sapeva. Non capiva soprattutto cosa potevano volere da un pilota così vecchio come lui; aleggiava però in lui il dubbio che la causa fosse riconducibile nella sua passata esperienza tuttora coperta dal segreto di stato, e quando vide il suo ex-RSO, ne ebbe la conferma.
– Boeing E-6 Mercury Looking Glass – Da qualche parte sopra il Kansas
Perché era di nuovo lì dentro? Perché era stato buttato giù dal letto come l’ultimo degli stronzi, per finire dentro ad un aereo che avrebbe volato finché avesse avuto carburante? Perché quest’aereo, questo dannato aereo del cazzo, era di nuovo in volo? Perché lo Strategic Air Command era stato di nuovo ripristinato? In cuor suo il Generale Ryan lo sapeva, ma non lo voleva ammettere; un’esercitazione, imprecando si ripeteva, un’esercitazione…
– Francis E. Warren AFB – In mezzo al più nulla agricolo del Nebraska
Dov’era? Per quanto tempo aveva dormito? Di sicuro tanto, si diceva il Sergente Fry, visto che per arrivare fino al Missile Alert Facility I-01, facente parte del 320th Missile Squadron, il quale a sua volta è compreso nel 90th… Al diavolo dov’era: aveva l’aumento promesso e poteva stare al sicuro in un bunker a prova di bomba; certo, si era dovuto sorbire quelle noiosissime ore di lezione sul Minuteman III, le quali alla fine si riducevano in un “ricevi il codice – immetti il codice – inserisci la chiave – segui il count-down del tuo superiore – allo 0 gira la chiave”, e non avrebbe potuto vedere la sua ragazza per un pezzo, ma poi non avrebbe dovuto fare altro che stare al sicuro aspettando un allarme che non sarebbe mai arrivato; credeva. Solo non si spiegava il perché di tutti quei viveri che lui e il suo superiore si erano portati dietro fino alla loro futura casa, e perché tutto lì dentro si era fermato agli anni ’70…
[more][title]Zulu 19:37[/title]
Dopo il briefing, Johnson si rese conto che non sarebbe stato semplice: far volare di nuovo un aereo del genere, dopo così tanti anni, basandosi solo su ricordi un po’ sbiaditi dal tempo, e su territorio ostile, per giunta; ma era necessario, dicevano. Gli risultava comunque assurda una missione del genere, infatti qualsiasi satellite spia avrebbe potuto avere tutte li immagini necessarie, forse anche migliori di quelle scattate dall’aereo, e forse anche prima di quanto si sarebbe potuto fare con quella missione suicida. Assurda, assurda e senza possibilità di ritorno! La tecnologia, dagli anni d’oro dell’uccello nero di titanio, era avanzata, perciò lo ritirarono! Ora qualsiasi SAM avrebbe avuto la capacità di… Non ebbe nemmeno il coraggio di pensarlo, figurarsi esternarlo ai suoi superiori. Il panico si stava lentamente impadronendo del Maggiore, ma lui sapeva che non si poteva permettere questo lusso, soprattutto in vista delle ore successive.
“MERDA!” Esclamò quando improvvisamente a bordo del Doomsday Plane, come veniva chiamato dai piloti, arrivò una delle peggiori notizie che potessero capitare al momento: il DEFCON era salito a 3. Non era un’esercitazione! Ora non poteva più negarlo, nemmeno a sé stesso. Sapeva di tutti i movimenti interni ed esteri dell’esercito, era per questo che era dentro a quella trappola volante, e fino ad allora si era rassicurato con false speranze, le quali caddero tutte assieme, miseramente, a quella notizia. Come aveva potuto essere così ingenuo? Sapeva dei silos dei Minuteman III, i quali avrebbero dovuto essere stati rimossi e distrutti qualche decennio prima, invece erano semplicemente stati “ibernati”. Sapeva che ormai i satelliti erano inutili, visto che ormai gli unici fessi che tenevano i propri ICBM dentro dei silos, e non in mezzi semoventi, erano proprio loro. Sapeva che la fine aveva già avuto inizio; di nuovo.
Mentre finiva di sistemare le ultime cose, Fry non faceva altro che pensare ai fantastici vinili d’epoca originali trovati nella stanza ricreativa della piccola base, e a cosa sarebbe potuto accadergli: avrebbe passato intere giornate passate a girarsi i pollici, ed il massimo del divertimento sarebbe stato qualche esercitazione di lancio, solo in mezzo a distese infinite di campi; anzi, solo proprio no, perché accanto, anzi sopra, perché aveva avuto la fortuna di essere il vice in quella postazione nonostante il suo grado di Sergente, ventiquattro ore su ventiquattro, il suo bel superiore: una bionda da paura alla quale doveva rivolgersi dandole del “Signore” (o Signora, non ricordava), la quale, non aveva capito come, era diventata ufficiale dell’esercito. Poteva essere più sfigato, pensava. Certo, che sì! Solo che non lo sapeva.
[title]Zulu 21:42[/title]
Poco prima del decollo Johnson era stato informato di tutte quelle piccole-grandi modifiche, eseguite aggiornando le contromisure elettroniche, che permettevano all’aereo di essere invisibile anche ai radar più moderni; diamine, avrebbero potuto informare subito anche lui, no? Accidenti anche ai protocolli di sicurezza. Sebbene persistesse il disappunto e nonostante i superiori gli avessero messo pressione riguardo la delicatezza dell’operazione, Johnson si era sentito più rilassato nell’apprendere delle migliorie. Rimaneva da rispondere al “Perché?”, e rifletteva proprio sui motivi del suo volo quando si accorse che i serbatoi erano tutti di nuovo pieni; si sganciò dall’asta di rifornimento, salutò via radio il KC-135Q e, dando un po’ di manetta, si allontanò ad una velocità che il fedele aereo cisterna nemmeno si sogna. Da quel momento in poi lui ed il suo RSO erano soli; obbiettivo: città russe, famose e sconosciute.
A Ryan, prima del decollo, era stata consegnata una busta da aprire appena l’aereo fosse stato al massimo regime operativo; dopo l’annuncio interno di DEFCON 3, quel momento era giunto. Il documento al suo interno informava della segretissima operazione di spionaggio atta a scoprire le locazioni degli ICBM sovietici russi: erano note infatti tutte le rotte dei satelliti spia, così quando uno di questi si fosse ritrovato a passare sopra una postazione di lancio nemica, i missili, montati su dei TEL -Transporter Erector Launcher- come i Topol’ M, semplicemente sarebbero stati spostati e nascosti; tutto ciò ovviamente in contesti urbani per rendere ancora più difficoltosa la localizzazione. Una cosa del genere, cioè far girare dei missili nucleari tra le strade cittadine statunitensi, andrebbe incontro ad un così grande dissenso popolare che tutti i vantaggi tattici andrebbero allegramente a farsi fottere. L’SR-71 avrebbe appunto la capacità di passare sopra i comunisti senza che essi se ne accorgano e rivelare le posizioni attuali, così da poter incastrare politicamente quei maledetti guerrafondai; è un’operazione rischiosissima, ma Johnson è anche il migliore. “O la va o la spacca”, disse a voce alta, senza nemmeno accorgersene. Il suo pensiero e la sua preoccupazione rimbalzarono a sua figlia.
Fry, finito di mettere a posto le ultime cose, era sceso assieme al suo superiore nel Launch Control Center per il suo primo turno di servizio; si sentiva stranamente agitato, forse perché, in caso di attacco, lui sarebbe stato in piccola parte fautore della fine del mondo, ma non era perfettamente conscio di ciò. Dopo aver verificato la funzionalità degli apparati radio, radar, etc, nel bunker calò un imbarazzante silenzio, così l’ingenuo sergente per rompere il ghiaccio di formalità che si era formato tra lui ed il suo superiore, chiese cosa ci facesse una bella ragazza nell’esercito. Lei, frenando un l’impulso di rispondere gentilmente con un “Fatti i cazzi tuoi, sfigato!”, ereditato da suo padre, cominciò a raccontargli che in realtà furono proprio i suoi genitori a convincerla ad entrare in accademia, mentre per quanto riguardava il suo attuale impiego nella base nella quale si ritrovavano, fu proprio suo padre, il Generale Ryan, a volerla lì: per la sua sicurezza, disse. Fry si rese conto di essere in presenza di un pezzo veramente grosso, per questo frenò i suoi istinti più bassi, ricordandosi inoltre che lui la ragazza ce l’aveva già.
[title]Zulu 01:00[/title]
Johnson, ai comandi del proprio SR-71, aggiornato per l’occasione, aveva già completato il primo passaggio: aveva cominciato dall’obbiettivo designato come Alpha-001, una piccola città dell’est della Russia, e aveva proseguito con Alpha-002, Alpha-003, per molti altri Alpha. Le immense fotografie, elaborate da un computer all’avanguardia persino per gli standard militari, non avevano rivelato la presenza di nessun mezzo lancia-ICBM, fortunatamente. L’aereo aveva quindi raggiunto il punto d’incontro, situato all’incirca sopra la Germania, con il secondo KC-135Q; si era rifornito, aveva virato di quasi 180°, e si stava quindi apprestando a compiere il secondo passaggio. Johnson era quindi giunto al primo obbiettivo della seconda tornata, Bravo-001: Mosca. Stava appunto scannerizzando la metropoli quando sullo schermo di Scott, il Reconnaissance Systems Officer, lampeggiò un avviso che quest’ultimo non avrebbe voluto mai vedere: TEL! E anche in un consistente numero, per giunta! E anche pronti al lancio, per giunta! Nella Piazza Rossa, per giunta! Scott si rese conto che quanto vedeva era sufficente a far schizzare le lancette del Doomsday Clock a circa mezzanotte-e-mezza, minuto più, minuto meno. Si rese però anche conto che finché non venivano scoperti, erano gli U.S.A. ad essere in vantaggio grazie a quelle informazioni poiché… Scott non finì il pensiero perché tutti i sistemi d’allarme si misero ad avvisare di un SAM che si stava dirigendo verso di loro: li avevano individuati! Istintivamente Johnson tolse completamente manetta, e per pura botta di culo rallentarono il sufficente affinché il missile esplodesse non molto di fronte a loro. Erano salvi ma ancora per poco: la nube che s’era creata s’infilò nei delicati Pratt & Whitney J58-P4, i quali andarono in flame-off quasi istantaneamente. Non avevano più spinta ed ora stavano precipitando dritti nelle braccia sovietiche.
Sullo schermo di un’operatore imbarcato nel Looking Glass arrivò una comunicazione di massima urgenza: erano le foto della Piazza Rossa allegate al segnale, inviato automaticamente appena il computer si era reso conto della situazione, che in codice corrisponde all’incirca a “Siamo fottuti! Questo è quello che abbiamo raccolto. Addio!”. Balbettando chiamò Ryan il quale, senza pensarci due volte, diede l’ordine di alzare il DEFCON a 2. I piloti si misero gli occhialini speciali contenuti nel loro Emergency War Order kit, si grattarono scaramanticamente le palle e cominciarono a volare particolarmente alti. Ryan intanto aveva tentato di contattare il Presidente, il quale però era già da tempo impegnato in un segretissimo faccia-a-faccia con il Premier Russo, che gli ribatteva, all’accusa di avere gli ICBM pronti, rinfacciandogli che i suoi radar avevano illuminato -di nuovo- un loro ricognitore. La situazione, neanche a dirlo, era tesissima.
Il segnale di DEFCON 2 aveva raggiunto anche Fry, il quale non troppo allegramente si era dovuto rinchiudere, per la seconda volta in quella giornata, dentro al bunker. In realtà non comprendeva appieno la gravità della situazione, ma in ogni caso si sentiva agitato, probabilmente perché sentiva l’agitazione del suo superiore. Nella sua ingenuità, chiese molto candidamente per quale ragione stava succedendo quello che stava accadendo. Subito dopo si rese conto di avere fatto l’ennesima figura di merda. Nonostante tutto Jenny, quello era il nome del suo superiore, rispose molto tranquillamente che il mondo era sull’orlo della guerra nucleare. Fry non poté assimilare a dovere l’informazione che dovettero cominciare ad eseguire tutti i controlli possibili ed immaginabili sull’operatività dei missili. Continuava quindi a non comprendere la gravità della situazione.
[title]Zulu 01:03[/title]
Johnson era riuscito miracolosamente a mantenere l’aereo in assetto planato, ed ora stava cercando in tutti i modi di far rientrare quella maledetta onda d’urto nei motori operando manualmente i coni delle prese d’aria. “Maledetti ingegneri! -pensava- Con tutti gli aggiornamenti che hanno messo non potevano automatizzare il riavvio d’emergenza, no?” Nell’intanto le lancette dell’altimetro continuavano a girare vorticosamente in senso antiorario; è evidente che l’SR-71 non è fatto per planare! I secondi scorrevano, e ciò che preoccupava non era tanto l’arrivo di nuovi Surface to Air Missile quanto la mancanza del loro arrivo: volevano catturare l’aereo! Altro che crisi dei missili di Cuba! Dopotutto però per planare da 83000 piedi d’altezza gli dava il vantaggio di avere relativamente molto tempo a disposizione. Continuò a provare a riaccendere i motori; nell’intanto sotto di lui tutti i radar, riflettori e sistemi di puntamento vari lo illuminavano a giorno.
Ryan allibito seguiva in silenzio, come il resto dell’equipaggio, la conversazione privata, trasmessa semi-clandestinamente da un agente di scorta del Presidente, attrezzato meglio di James Bond, agli alti vertici militari statunitensi, che stavano avendo i due capi del mondo. Tutto era iniziato in maniera alquanto pacata, ma da quando erano arrivate le comunicazioni dei missili e dell’individuazione del ricognitore era già un successo che i due non fossero arrivati alle mani; entrambi si accusavano di voler attaccare l’altro: il Premier sosteneva che altrimenti non si spiegava la “visita” del ricognitore, il Presidente affermava che quel ricognitore serviva solo ed esclusivamente ad individuare i missili, i quali erano pronti all’uso quindi quello che volevano attaccare per primi erano i russi. Entrambi sventolavano i rispettivi rapporti dell’intelligence arrivati quasi contemporaneamente e si scaldavano sempre di più, forse grazie a quel “bicchierino” che entrambi presero prima d’incontrarsi per sciogliere la tensione. Se fosse stato per Ryan, i B-52H avrebbero già scaricato il disastro sopra la Russia, ma dopo le questioni che “Il dottor Stranamore” aveva posto solo ed esclusivamente il Presidente aveva il potere di dare l’ordine d’attacco. Nell’intanto i due stavano alimentando il loro odio reciproco tramite la riesumazione di vecchie vicende, quali lo scudo spaziale, il medio oriente, fino ad arrivare alla guerra fredda; nemmeno moglie e marito sulla soglia del divorzio andrebbero a scavare così a fondo, ma come loro il Premier ed il Presidente si sentivano divisi da una cortina di ferro alimentata dal disprezzo reciproco. All’improvviso i due si erano alzati sbraitando e muovendo le mani; si misero perfino a spintonarsi ma vennero fermati da un esercito di guardie del corpo. I due, essendosi accorti di aver perso l’ultimo briciolo di dignità, ritrovarono la calma ed in silenzio si sedettero, si guardarono, nello stesso istante si dissero “Se la mettete così…”, si voltarono verso i rispettivi generali d’accompagnamento e contemporaneamente, più pacatamente di come avevano iniziato, con tutta la tranquillità di questo mondo, come se fosse la cosa più naturale in questo pianeta, dissero “…lanciate i missili.” Ryan chiuse gli occhi e accostò violentemente il palmo della sua mano destra al volto.
L’allarme di DEFCON 1 urlò con tutta la sua forza nei vari bunker di controllo appena riaperti, come quello nel quale si trovavano Fry e la Ryan. Il telefono squillò e dalla cornetta cominciarono a piovere lettere e numeri, erano il codice di lancio. Fry improvvisamente, come svegliandosi da un sonno mentale, si rese conto di tutto: si ricordò ciò che gli avevano detto durante il corso di aggiornamento a riguardo del compito che andava a svolgere, ciò che sarebbe accaduto a DEFCON 1, ciò che avrebbe dovuto fare a DEFCON 1, e ciò che avrebbe comportato. Per la prima volta in vita sua, venne attanagliato da una morsa atroce alla coscienza: egli sarebbe stato fautore della fine del mondo, ciò che avrebbe fatto, avrebbe distrutto una parte di mondo e probabilmente causato immonde sofferenze. Ciò che ignorava in realtà era che più della metà dei silos erano controllati da un computer centrale, che aveva già provveduto ad eseguire gli ordini, mentre i silos “dormienti” che non dovevano nemmeno più esistere, erano la minoranza; senza contare poi che altre testate atomiche erano situate nei sottomarini e nei bombardieri. Questa lacuna di conoscenze venne colmata dal suo superiore, nel tentativo di fargli eseguire gli ordini; ora Fry si rendeva conto che il missile che controllavano era pressoché una goccia nel mare, ma si rendeva anche conto che gli rimaneva poco da vivere; così, dal momento che non aveva più nulla da perdere, fece quello che avrebbe voluto sempre fare da quando vide il suo superiore: provarci con lei. Jenny inizialmente non gli badò, ed avviò le procedure del “Single Survivor” perché sapeva che non poteva permettersi di perdere un minuto, ma poi giunta anche lei al momento del giro della chiave, si fermò in preda agli stessi dubbi ed impedimenti morali di Fry. In quell’esatto istante si rese conto anche lei che non restava molto da vivere, e stranamente trovò la proposta di Fry non così insensata. Finirono entrambi avvinghiati sul pavimento, con svariate testate nucelari già in viaggio verso i due continenti ed una chiave già inserita nel pannello di controllo.
[title]Zulu 01:05[/title]
L’aereo di Johnson aveva planato alla meno peggio per quasi 40000 piedi prima che i due propulsori cominciassero a dare segni di vita, a 20000 piedi da terra avevano cominciato ad avviarsi stabilmente, a 10000 erano accesi, a 5000 stavano già dando un notevole aiuto a Johnson e a Scott nell’evitare il disastro. Avevano evitato lo schianto ma ora si poneva un nuovo pericolo: centinaia di ICBM stavano decollando attorno a loro, e non furono pochi quelli che gli passarono relativamente vicini; non potevano nemmeno tentare di schivarli: l’SR-71 non ama particolarmente le manovre brusche! Fortunatamente questa situazione durò poco. Johnson pensò di girare i tacchi e tornare alla base il prima possibile, ma si rese ben presto conto che sarebbe arrivato giusto in tempo per non trovare altro che nuvole di fumo nero che comparivano come funghi. Fanculo la missione, fanculo il comando, fanculo tutti; addio famiglia. Chiese a Scott di programmargli una rotta verso il luogo più distante dalle esplosioni e con maggiori possibilità di sopravvivenza, in accordo con la loro disponibilità di carburante; non importava se c’era o non c’era spazio per atterrare: si sarebbero eiettati comunque. L’RSO eseguì. Il pilota virò.
Nel Doomsday Plane, Ryan si disperava perché non era riuscito a contattare sua figlia durante la procedura di comunicazione dei codici di lancio alle basi segrete dei Minuteman III; fece una cosa che non faceva più probabilmente da quando era bambino: pianse. Pianse per sua figlia, pianse per sua moglie, pianse per il mondo che andava in rovina, pianse perché non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui all’atterraggio. Per evitare gli sguardi dell’equipaggio, voltò la testa verso il monitor, il quale era collegato con una telecamera che permetteva di vedere l’esterno. Tra le lacrime riuscì a distinguere un’infinità di colonne bianche di fumo che si alzavano ed andavano a perdersi nell’infinito del cielo. Non ci sarebbe stato un second-strike: li avevano lanciati tutti, subito.
Fry e Jenny, uniti nella disperazione, stavano avendo la migliore scopata della loro vita. Nient’altro importava loro ormai, nient’altro li avrebbe ormai distratti, nessun’altro li avrebbe poi potuti rimproverare. Nessuno li può biasimare. Nella concitazione dell’atto però, girarono inavvertitamente una certa chiave, inserita in un particolare pannello di controllo. L’ultimo Minuteman III, nonché l’ultimo ICBM rimasto degli Stati Uniti d’America, decollò con due minuti di ritardo.
[title]Zulu 01:06[/title]
Contemporaneamente in due continenti opposti erano partiti missili e bombardieri e caccia, e sottomarini erano emersi, e fregate erano andate a caccia di quest’ultimi, e tutti i sistemi di difesa si erano attivati. In quel pandemonio accadde una cosa molto particolare: I bombardieri vennero tutti abbattuti, chi dalla contraerea chi dai caccia. I sottomarini che riuscirono ad evitare di essere silurati, riuscirono a lanciare quei pochi missili a medio raggio, i quali vennero irrimediabilmente tutti abbattuti da tecnologie analoghe a quelle utilizzate per i loro fratelli più grandi, gli ICBM, ai quali accadde una cosa ancora più particolare: lassù, fuori dall’atmosfera, dove i moduli di rientro si preparano ad entrare nelle varie finestre spaziali, dove gli EKV -Exoatmospheric Kill Vehicle- e tutti gli Intercettatori Cinetici si apprestano a cecchinare i suddetti moduli, si verificò un evento che non venne adeguatamente previsto: l’affollamento! Centinaia e centinaia di moduli di rientro, terzi stadi dei missili, impattatori cinetici, terzi stadi dei missili-anti-missile, satelliti, satelliti spia, detriti spaziali, immondizia spaziale, stazioni spaziali e feti orbitanti, s’incontrarono. Fu il più grande tamponamento spaziale della storia! Per quanto riguarda i moduli di rientro sopravvissuti vennero tutti freddati da dei potentissimi laser che li riscaldarono ben oltre la loro tolleranza.
[title]Zulu 01:10[/title]
I due capi di stato rimasero immobili nelle loro poltrone uno di fronte all’altro; entrambi si erano resi conto di ciò che avevano appena fatto, ma se ne erano accorti troppo tardi. Con uno sguardo fisso puntato verso l’infinito aspettavano il rumore delle esplosioni, e della fine. Aspettarono. Aspettarono ancora. Aspettarono ancora un po’. Aspettarono ancora un altro po’. Poi si ridestarono dai loro pensieri e come prima cosa chiesero conferma dell’avvenuto lancio. Anche in quel momento si pentirono di aver detto quelle cose. Ripiombarono in quel silenzio di prima, solo che ora c’era molto più imbarazzo. Venne quindi comunicato che nessuna delle esplosioni previste era avvenuta, e che quindi si doveva presumere che i tentativi di annientamento erano falliti. L’imbarazzo crebbe a a livelli più alti di quelli dell’odio che si era venuto a formare precedentemente. I due si alzarono, evitarono d’incrociare gli sguardi, ma poi dovettero entrambi guardarsi, e con fare impacciato si dissero con un filo di voce: “Insomma, così è andata…” – “Già…” – “…pensa che dovremmo…” – “…mettere da parte le divergenze?” – “…non dico questo, però…” – “…tutto ciò ci ha insegnato qualcosa, vero?” – “…indubbiamente…” – “…allora che ne dice? Pace?” – “…pace!” Con un calore consolatorio nel cuore i due imbarazzatissimi presidenti si avvicinarono, protesero le mani, le avvicinarono ed evaporarono. I due si trovavano infatti in un vecchio bunker sovietico dismesso nel mezzo del nulla siberiano, un posto pressoché sconosciuto anche alla maggior parte dell’organico militare russo, un posto perfetto per un incontro segretissimo; purtroppo quel bunker si trovava ancora tra gli obiettivi mai riprogrammati di uno dei moduli di rientro, l’unico dei tre sopravvissuto alle misure difensive russe, grazie anche alla presunta scarsa importanza data alla sua traiettoria, di un certo missile Minuteman III, partito con un largo ritardo di circa due minuti.
[title]Zulu 01:11[/title]
Ryan guardava sbalordito il monitor che teneva traccia di tutti i missili in volo, ed ancora si stupiva per l’accaduto! Una sola atomica era esplosa! Ed era americana! Ed era esplosa in territorio nemico! Avevano vinto! Avevano vinto la guerra atomica! Non importava se non aveva fatto danni, visto che era caduta nel bel mezzo della Siber… A Ryan venne il dubbio: immediatamente confrontò i dati in suo possesso, provò a chiamare il Presidente, riprovò, finché si risolse a guardare allibito e con la bocca spalancata il monitor dove lampeggiavano sovrapposte le targhette indicative del luogo dell’esplosione e del luogo del meeting segreto.
[title]Zulu 01:30[/title]
Il carburante si stava consumando più velocemente del previsto, Ryan e Scott, vedendo un’isoletta tropicale non esitarono ad eiettarsi. I due vennero proiettati fuori dall’abitacolo. A Scott non si aprì il paracadute, precipitò come un sasso nell’oceano. Ryan riuscì ad atterrare nell’isola, ma poco prima di toccare terra, complice la forte accelerazione subita, l’agitazione e l’età, venne colto da infarto. Il suo corpo rimase immobile, ancora attaccato al paracadute che si gonfiava a ritmo con il vento, come un mostro pronto a spaventare dei poveri bambini disgraziati.
[title]Zulu 03:00[/title]
Fry e Jenny si svegliarono, si rivestirono, e decisero di comune accordo di andare a vedere ciò che era successo fuori, al diavolo il fallout, le radiazioni e tutte quelle menate, non volevano passare la vita all’interno di un piccolo cilindro di cemento. Forti nello spirito si presero per mano, entrarono nell’ascensore, si baciarono e cominciarono a salire. Rimasero alquanto felicemente sorpresi di vedere che non era accaduto nulla; così sempre assieme, come se per loro cominciasse una nuova vita, se ne andarono da quel luogo maledetto.
[title]M.A.D.[/title]
Decenni di una pazza dottrina militare, la Mutually Assured Destruction, avevano portato ad un rafforzamento delle tecnologie, in una lunga e frenetica corsa agli armamenti; il mondo aveva temuto e tremato a causa della follia di alcuni uomini che avrebbero distrutto il pianeta per un bisticcio; tali uomini erano sicuri che ad un loro ordine il nemico sarebbe stato distrutto ma ignoravano che il rispettivo antagonista non era rimasto con le mani in mano aspettando la bomba. Era una cosa folle, e come follemente era iniziata così era finita. Questo è l’epilogo di una pazzia, tutto ciò è stato M.A.D.[/more]
[more]Nel racconto ci sono un paio di riferimenti, diciamo degli “omaggi”, a due opere. Un biscotto :cookie: a chi li individua![/more]
[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/CoolStoryBro/]CoolStoryBro[/url] è la rubrica di Lega Nerd dedicata alla letteratura amatoriale[/rubrica]