Il Libero Arbitrio

”La teoria del libero arbitrio è inventata in sostanza allo scopo del castigo, ossia del voler-trovare-colpevole”
– Friedrich Nietzsche

Vocabolario:
Determinismo: la concezione secondi cui, se “riavvolgessimo il nastro” dell’universo e lo facessimo partire da capo, otterremmo un’altra volta tutto quello che abbiamo ottenuto fin’ora: io starei scrivendo in questo preciso momento questo commento.
Indeterminismo: la concezione contraria, secondo la quale ogni volta che tentassimo di “far partire da principio” l’universo otterremmo una storia diversa.

Introduzione

La possibilità o meno del Libero Arbitrio è una delle più annose questioni di tutta la filosofia: già nell’antica Grecia, dopo le ipotesi atomistiche di Leucippo e Democrito, Epicuro (a detta di Lucrezio) ipotizzava l’esistenza del clinamen, una deviazione spontanea nella caduta degli atomi, che avrebbe permesso la libertà dell’agire umano in un mondo fatto solamente di particelle. In termini moderni quella di Lucrezio potrebbe essere definita la radice teorica delle varie posizioni libertarie: o c’è un fondamentale salto indeterministico, oppure la libertà è impossibile.

Nella storia della filosofia l’elenco degli autori che si sono occupati della questione è considerevolmente lungo e, per citarne solo alcuni tra i più autorevoli, basterà ricordare Socrate, Platone, Aristotele, gli Stoici, Agostino, Hobbes, Cartesio, Spinoza, Hume, Kant.. Il motivo di tale interesse per la questione può essere spiegato riprendendo un’utile metafora stoica, nella quale la filosofia è rappresentata come un campo fertile in cui la logica rappresenta la siepe esterna, la fisica rappresenta gli alberi e l'etica rappresenta i frutti: dal momento che la logica ci suggerisce che il determinismo nega la libertà, dobbiamo indagare la fisica (capire se il mondo è deterministico o indeterministico) per sapere se la nostra etica ha un fondamento.
Nel caso mancasse la libertà, infatti, su cosa potremmo (o dovremmo?) fondare la responsabilità morale e i valori etici?
È questa la domanda fondamentale che ha alimentato, e che anche oggi continua ad alimentare, gli enormi sforzi intellettuali di coloro che si interessano alla questione.

Proprio a causa della referenze così vaste di cui gode l’argomento è stato anche sostenuto che oggi, per quanti sforzi si possano fare, non è più possibile aggiungere nulla di nuovo alla questione ma secondo me questo giudizio è semplicemente falso: mentre, da un lato, è senz’altro vero che alcuni degli argomenti classici sulla libertà sono tuttora ampiamente riconosciuti come validi, è doveroso notare che, dall’altro lato, oggi disponiamo di un ventaglio di discipline completamente nuove che non solo hanno integrato quello che già da tempo era noto (l’aspetto logico della questione), ma che hanno spalancato conoscenze impensabili fino a pochi decenni fa.
Così, se fino al secolo passato l’argomento del libero arbitrio era schiettamente filosofico e si limitava a tollerare alcune intrusioni psicoanalitiche, oggi è evidente la comparsa di interi campi di ricerca impensabili fino a cento anni fa: la biologia evoluzionistica, le neuroscienze, la genetica, la scienza cognitiva, l’intelligenza artificiale e l’informatica hanno allargato enormemente la nostra possibilità di indagine e la mole di dati raccolti permette di impostare un’intera ricerca senza menzionare affatto gli autori sopra citati (e tutto questo senza considerare gli enormi passi avanti fatti dalla stessa fisica teorica: si pensi solo alla relatività e ai quanti!).

Così è evidente che oggi chiunque voglia addentrarsi nella questione può tranquillamente tralasciare lo studio dei classici (se non per un interesse personale di carattere storico) e concentrarsi sulle opere di autorevoli autori contemporanei, spaziando quanto più gli è possibile tra le discipline appena elencate: per dirla in altri termini, ad oggi la filosofia della mente è uno di quegli argomenti etichettati come “interdisciplinari” e, tra le varie discipline che concorrono a specificarne i limiti e le possibilità, la Storia possiede solo un ruolo marginale.

Il Libertarismo, capitolo I: l’Incompatibilismo

Il perno attorno al quale ruotano le maggiori teorie Incompatibiliste che difendono la libertà del volere è che tale libertà sia possibile solo in un universo che lasci ampio spazio all’indeterminismo, con la convinzione che in un universo deterministico a là Laplace il libero arbitrio si ridurrebbe a nient’altro che un’illusione (facendo anche l’occhiolino alle teoria quantistica e ai suoi salti indeterministici).

L’obiezione più devastante a questa posizione è nota come “problema della mancanza di controllo”: tale critica afferma che se un’azione è non-causata significa letteralmente che non c’è niente che la causa e quindi, detto in altri termini, che essa è casuale come lo è il risultato del lancio di una moneta. È evidente quindi che in un ambiente indeterministico per definizione nulla – quindi nemmeno l’agente – possa determinare quale tra i corsi d’azione possibili si attuerà e in questo senso la scelta sembra governata dal caso, che della libertà (quella moralmente interessante) appare come la negazione: un evento che accade casual-mente potrebbe parimenti non accadere e quindi tale concezione compromette non solo la possibilità dell’azione libera, ma dell’azione tout court.

Un’altra “importante” teoria libertaria è nota col nome di Agent-Causation e, a differenza della posizione precedente, essa rifiuta l’indeterminismo e le sue conseguenze facendo appello a quella che sarebbe una caratteristica peculiare degli agenti: il potere di generare nuove catene causali.
Inutile che mi soffermi ulteriormente su questo posizione: è stata riconosciuto dalla stra-grande maggioranza di esperti come una “scappatoia miracolistica”, antiscientifica e non argomentata.

Il Libertarismo, capitolo II: il Compatibilismo

Il Libero Arbitrio è stato fin qui declinato in termini “categorici”: si cerca cioè di dimostrare che l’agente, tenuto conto di tutto il suo passato e di tutti i suoi desideri e stati-mentali, potrebbe agire in ogni momento diversamente da come di fatto agisce. Invece, nella concezione compatibilista della libertà il libero arbitrio è declinato in termini “controfattuali”, ovvero si sostiene che l’agente avrebbe potuto agire diversamente se (un “se” controfattuale, appunto) fossero state diverse le sue esperienze passate, i suoi desideri e i suoi scopi. [È evidente quindi che in questa prospettiva la “possibilità di fare altrimenti” non gode dei privilegi di cui godeva nella concezione libertaria]

Il caposaldo della concezione compatibilista del libero arbitrio è che non solo il determinismo non è incompatibile con la libertà ma, anzi, che esso sia condizione necessaria affinché il nostro agire possa definirsi libero e responsabile: come si è mostrato, infatti, l’indeterminismo finisce con lo schiacciare la libertà sul caso, rendendo le azioni totalmente non-controllate dall’agente che quindi non ne è il responsabile morale; l’unica alternativa era quella di postulare peculiari poteri causali degli agenti, avvolti dal mistero dell’irriducibilità alle nozioni già note della visione scientifica del mondo. Proprio per questo la definizione canonica di libertà data dai compatibilisti è la seguente: un agente è libero se è in grado di seguire la propria volontà senza costrizioni o impedimenti; la volontà dell’agente è però a sua volta interamente eterodeterminata dalle esperienze passate, dall’istruzione che ha ricevuto, dall’ambiente circostante e dall’assetto biologico.

Il maggiore problema cui va incontro tale concezione della libertà è quello di costruire una libertà ad hoc, una libertà fittizia, che si incastri a dovere nella visione scientifica del mondo: in questo senso la critica mossa a tale concezione fa perno sull’impossibilità da parte dell’agente di agire altrimenti da come di fatto ha agito.
In definitiva, all’interno di questa prospettiva la libertà può essere predicata solo delle azioni dell’agente e non si applica, invece, alla sua volontà o agli eventi mentali rilevanti per quelle azioni.

Il problema è che l’idea di libertà così intesa non coincide affatto con l’idea intuitiva di libertà che tutti abbiamo, che non è semplicemente la libertà di poter seguire la propria volontà, ma la libertà della volontà stessa!

L’inevitabile Scetticismo

La portata teorica della posizione scettica non aggiunge molto a quanto è già stato messo in luce dalle due precedenti posizioni, ma si limita a fare il punto di quelli che sono i risultati raggiunti da entrambe le parti; e lo fa in maniera coerente, senza aggrapparsi a ideologie superate o irrimediabilmente non intelligibili.

Secondo la tesi determinista, ogni evento è determinato dal verificarsi di condizioni sufficienti per il suo accedere e siccome il determinismo è una tesi, si può affermare che esso sia vero oppure falso, ma non che esista o non esista; nondimeno il valore di verità della tesi deterministica dipende da come il mondo è fatto e non da convenzioni linguistiche (e ciò anche nel caso in cui sia per noi impossibile conoscere appieno tale valore di verità). Detto ciò, si può presentare la tesi indeterministica semplicemente come la negazione del determinismo: il determinismo e l’indeterminismo, dunque, sono mutuamente esclusivi e congiuntamente esaustivi. Uno dei due è vero, l’altro è falso (e non c’è una terza possibilità!).

Però, come abbiamo visto finora, i tentativi di elaborare una vera e propria teoria filosofica del libero arbitrio si dimostrano alquanto insoddisfacenti: infatti tanto le teorie compatibiliste quanto quelle libertarie falliscono nel tentativo di armonizzarsi con le nostre intuizione più fondamentali, da una parte, e con i presupposti della visione scientifica del mondo, dall’altra.

Riformulata in modo più schematico l’argomentazione dello scettico può essere esposta nel modo seguente:

Premessa 1. Il determinismo e l’indeterminismo sono opposti, cioè non possono essere entrambi veri contemporaneamente.

Premessa 2. Il determinismo e l’indeterminismo sono le uniche due alternative in cui ci è possibile inquadrare la struttura dell’universo.

Conclusione. Alla luce della batteria di argomentazioni che confutano la libertà sia in un universo deterministico che in uno indeterministico, lo scettico conclude che la libertà (quella che interessa gli agenti razionali e morali) semplicemente non è possibile in questo universo: non esiste.

Conclusione

In definitiva, quello che penso io è che, in qualunque modo si cerchi di difendere la libertà (e il concetto ad essa collegato di responsabilità morale), all’interno della concezione scientifica del mondo, si finirà sempre col rimanere intrappolati nelle sabbie mobili della mancanza di controllo, dal fronte incompatibilista, o nel labirinto senza uscite della libertà fittizia, dal fronte compatibilista; la “terza via”, detta “Libertaria” si arroga invece il diritto di prescindere dalla visione scientifica del mondo, proponendo soluzioni più miracolistiche che argomentative.

La conclusione è che l’unica prospettiva sostenibile in maniera coerente è quella scettica, che nega la possibilità della libertà moralmente significativa tanto in un universo deterministico, quanto in un universo indeterministico.

Fonte: una buona fetta dei miei studi.

Qualche testo per gli interessati:
– Paternoster A. (2007), Introduzione alla filosofia della mente.
– De Caro M. (2004), Il libero arbitrio.
– Dennett D. C. (2004), L’evoluzione della libertà.
– Kane R. (1996), The significance of free will.
– Trautteur G. (2009), “The illusion of free will and its acceptance”.

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