[image]https://leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_041741.jpg[/image]
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[b]PROCEDURE (METHOD)[/b]: 8 infant rhesus monkeys were taken from their mothers shortly after birth and kept separately in a cage with two substitute mothers – a ‘cloth mother’ covered with a soft blanket and a skeletal ‘wire mother’. Both ‘mothers’ were of the same size and shape as an adult monkey. For 4 of the 8 monkeys the wire mother incorporated their feeding bottle; for the other 4 the cloth mother had it. The monkeys were kept in these conditions for a period of time and then released into a cage with a group of normally reared monkeys.
To see how the monkeys would react when frightened, Harlow put a teddy bear drummer toy into the cage.
[b]RESULTS (FINDINGS)[/b]: The infant monkeys preferred to spend time with the cloth mother even when they got their food from the wire mother. The monkeys all ran to the cloth mother when they were frightened by the teddy bear drummer.
When returned to the company of other monkeys, Harlow’s monkeys showed signs of inappropriate social behaviour and delinquency. They were aggressive or indifferent towards other monkeys, unable to form normal relationships; the males were unable to mate successfully – they actually didn’t seem to know what to do! – and the females attacked any male that tried to mate with them. If they did have offspring, the privated monkeys were extremely poor, neglecting mothers. (The first one to have a baby ignored it and pushed it away when it tried to make contact.
[b]CONCLUSIONS[/b]: Firstly, it seems the privated monkeys suffered emotionally, resulting in delinquent and anti-social behaviour.
Harlow concluded that the infant monkeys had an innate need for contact comfort.
Secondly, the study seems to contradict theories that the infants attach for food. Gavin Bremner (1994) describes these findings as inconsistent with Secondary Drive Theory. Harlow drew the conclusion that comfort and security formed the basis for attachment, rather than food.[/quote]
Dopo aver parlato dell'[url=https://leganerd.com/2011/03/28/john-broadus-watson-esperimento-little-albert/]esperimento Little Albert[/url] e di quello [url=https://leganerd.com/tag/stanford/]carcerario avvenuto nell’università di Standford[/url] (diviso in sei parti) continua la serie dedicata agli [url=https://leganerd.com/tag/esperimenti-scientifici-estremi/]esperimenti scientifici estremi[/url], parlando del dottor Harry Harlow e dei suoi cuccioli di scimmia usati come cavie per dimostrare quanto l’amore materno sia importante per lo sviluppo e la sopravvivenza di un infante.
Egli era docente presso l'[b][url=http://www.wisc.edu/]Università del Wisconsin[/url][/b], ed intuì che il legame madre-figlio andava aldilà del semplice bisogno nutrizionale istituendo di fatto l’affetto come bisogno primario.
Iniziò col prendere dei cuccioli di macaco e separarli dalla madre, chiudendoli in piccole celle buie (denominate [b]pits of dispair[/b], “pozzi della disperazione”) per periodi di tempo prolungati, anche della durata parecchi mesi.
Naturalmente non reagirono bene: [b]depressione, aggressività e turbamenti comportamentali[/b] caratterizzarono lo sviluppo dei cuccioli, ma non solo… Egli notò che staccavano i tappetini dal fondo delle gabbie per abbracciarli sviluppando di fatto un attaccamento, allora ritenuto insensato, per una figura che potremmo denominare [b]”madre surrogata”[/b].
Ecco l’illuminazione: Sarà più importante lo stimolo della fame o quello dell’attaccamento materno?
Dal 1957 al ’63 si susseguirono una serie di esperimenti nella quale divise dalle madri naturali le scimmiette appena nate dotandole di differenti tipi di madri surrogate. In particolare due: la prima denominata [b]”madre di pezza”[/b], era soffice e riscaldata ma senza latte e la seconda, denominata [b]”madre di ferro”[/b], era formata da fili d’accaio ed assolutamente inadatta a dare alcun tipo di “calore” ma possedeva un biberon contenente l’alimento liquido.
Bene, le scimmiette rimanevano tutto il tempo abbracciando la “madre di pezza”, quando avevano fame correvano dalla “madre di ferro”, si nutrivano per pochi secondi e tornavano subito dalla “soffice scultura” (il video è nell’approfondimento).
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Egli aveva dimostrato come il [b]bisogno affettivo fosse più importante di quello nutrizionale[/b], ma i disturbi comportamentali proseguivano mostrando comportamenti antisociali, si nascondevano rannicchiate in un angolo e venivano evitate e escluse dalle altre scimmie. Quelle allevate dalla sola “madre di ferro” invece presentavano [b]gravi squilibri mentali[/b] che le portavano anche a tentare il suicidio in presenza di altri esemplari.
Ecco che il dottor [b]Harry Harlow[/b] decise di continuare con altri esperimenti per capire scientificamente quali caratteristiche dovesse avere una madre.
Costruì altre madri-surrogato utilizzando diversi materiali, cambiandone quindi la consistenza, notando che più la madre era soffice più veniva apprezzata. Successivamente provò a far passare dell’acqua fredda tramite una serpentina inserita all’interno della “madre preferita” ed i cuccioli iniziarono ad evitarla come se fosse morta.
Ma se fosse stata semovente? Appese dei morbidi sacchi a circa un metro da terra e… SORPRESA: le adoravano!
Per ora è arrivato a capire che [b]una mamma dev’essere soffice, calda e non statica[/b].
Ecco che volle quantificare quanto fosse importante la presenza di una madre, costruendo delle vere e proprie torture:
“Madri di pezza” dotate di [b]congegni a molla[/b] che scattavano quando il cucciolo le abbracciava, scaraventandolo letteralmente a metri di distanza, altre che lanciavano getti d’aria compressa ed infine costruì anche madri stile [b]”Vergine di Norimberga”[/b], con spuntoni che uscivano dal corpo che trafiggevano il malcapitato ad ogni tentativo di ricevere quel po’ di calore materno, spuntando al momento opportuno.
Nessun cucciolo demorse dal provare ad abbracciarle, ripetendo la stessa scena periodicamente.
[b]Dolore, spavento ed umiliazione erano meno forti del bisogno di ricevere calore materno[/b].
Naturalmente l’esperimento aveva oltrepassato ogni limite etico e morale, e questo ebbe un effetto sulla “sensibilità popolare”, al punto che il dottor Harry Harlow cercò di “risollevare” la propria reputazione interrompendolo e tentando di riabilitare le scimmiette (senza successo) ma non servì a nulla. Fu etichettato come scienziato sadico, continuando a ricevere feroci critiche dai colleghi e dalla carta stampata.
Non entro nel merito definendo il dottor Harry Harlow un sadico o un genio, mi limito a riportare che oltre alla ricerca psicologica questi esperimenti ebbero un altro effetto: iniziarono a spuntare come funghi le [b]associazioni animaliste[/b] ed altre che si batterono per la [b]tutela degli animali[/b] utilizzati come cavie da laboratorio, chiedendone oltre che la salvaguardia fisica (finchè possibile) anche il rispetto etico e morale (sempre).
[url=http://psychclassics.yorku.ca/Harlow/love.htm]Qui trovate[/url] un sito inglese che riporta l’esperimento descritto.
Fonti:
– [url=http://www.integratedsociopsychology.net/]integratedsociopsychology.net[/url]
– [url=http://en.wikipedia.org/wiki/Harry_Harlow#Surrogate_mother_experiment]en.wikipedia.org/wiki/Harry_Harlow#Surrogate_mother_experiment[/url]
– Iomemedesimo ed il libro di sociologia che avevo in terza superiore.
[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/esperimenti-scientifici-estremi/][ESE][/url] è la rubrica a cura di @WebDataBank che parla degli esperimenti scientifici più controversi.[/rubrica]