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Il Very Large Telescope (VLT) dell’ European Southern Observatory in Cile scopre ghiaccio d’acqua su un pianeta nano: Haumea.
[more] Il Very Large Telescope Project (VLT, letteralmente Telescopio Molto Grande) è un sistema di quattro telescopi ottici separati, affiancati da vari strumenti minori. Ognuno dei quattro strumenti principali è un telescopio riflettore con uno specchio primario di 8,2 metri. Il progetto VLT, costato circa 500 milioni di dollari, fa parte dell’European Southern Observatory (ESO), la maggiore organizzazione astronomica europea.
Il VLT si trova all’Osservatorio del Paranal sul Cerro Paranal, una montagna alta 2.635 metri nel deserto di Atacama, nel Cile settentrionale. Come per la maggior parte degli Osservatori mondiali, il posto è stato scelto per la sua secchezza (sul Paranal non è mai piovuto a memoria d’uomo), l’abbondanza di notti serene, la quota elevata e lontananza da fonti di inquinamento luminoso.
Il primo dei quattro telescopi (UT1-Antu) cominciò ad essere operativo nel maggio 1998.
Il VLT consiste di un gruppo di quattro grandi telescopi, e di un interferometro (VLTI) che sarà usato per le osservazioni con risoluzione più alta. I telescopi sono stati chiamati con i nomi di alcuni oggetti astronomici nella lingua Mapuche locale: Antu (il Sole), Kueyen (la Luna), Melipal (la Croce del Sud), e Yepun (Venere).
Il VLT può operare in tre modi:
come quattro telescopi indipendenti
come un unico strumento non-coerente, che raccoglie quattro volte la luce di uno dei singoli telescopi
come un unico strumento coerente in modo interferometrico, per un’altissima risoluzione.
Nel modo a quattro telescopi, ognuno di essi è tra i telescopi più grandi del mondo e i quattro, dopo qualche perplessità iniziale sulla qualità del sito dovuto allo scarso seeing delle notti iniziali, operano già dal 2002 con grande soddisfazione da parte dell’ESO. Il grande specchio da 8,2 metri è spesso solo 18 cm, ed è quindi troppo sottile per mantenere la propria forma da solo. A tale scopo ogni specchio è sorretto da 150 pistoncini, che aggiustano la forma dello specchio ogni volta che il telescopio viene mosso in una nuova direzione. Tali dispositivi fanno parte della cosiddetta ottica attiva e, al fine di eliminare la già poca aberrazione introdotta dall’atmosfera sopra il Cerro Paranal, tale sistema viene sfruttato anche dall’ottica adattiva chiamata MAD.
L’ottica adattiva utilizzata da questi telescopi è di nuova generazione, le comuni ottiche adattive sono in grado di correggere solo una piccola porzione di cielo visibile, tipicamente 15 secondi d’arco. Il sistema MAD è in grado invece di gestire una regione di cielo molto più ampia.[1]
Nel modo interferometrico, la luce raccolta viene inviata in un laboratorio centrale e fusa insieme appunto con tecniche interferometriche. In tale modalità di funzionamento i quattro telescopi forniscono la stessa capacità di raccolta di luce di un singolo specchio di 16 metri di diametro, rendendoli lo strumento ottico più grande del mondo. La risoluzione è invece pari ad uno specchio che abbia un diametro pari alla distanza tra i telescopi (circa 100 metri). Il VLTI ha come obbiettivo una risoluzione angolare di 0,001 arcosecondi ad una lunghezza d’onda di 1 µm, nel vicino infrarosso. È un angolo di 0,000000005 radianti, equivalente a risolvere un oggetto grande 2 metri alla distanza che separa la Terra dalla Luna. Tra le altre cose, il VLTI dovrebbe facilmente risolvere i moduli lunari (grandi 5 metri) lasciati sulla Luna dalle missioni Apollo, e un gruppo di scienziati europei si propone appunto di eseguire tale osservazione.
Sebbene fosse usata da lungo tempo in radioastronomia, l’avvento dell’interferometria in astronomia ottica ha dovuto attendere due sviluppi recenti. Il primo è quello di sistemi laser capaci di misurare distanze infinitesime, con la precisione necessaria ad allineare e fondere le più brevi lunghezze d’onda della luce visibile. Il secondo progresso sono le nuove ottiche adattative (nel caso del VLT, un piccolo specchio ausiliario aggiustato finemente 100 volte al secondo) in grado di compensare la distorsione atmosferica in modo che l’interferometro non si limiti a ottenere una migliore immagine di una stella sfocata.
Fonte: Wikipedia [/more]
Esso è il quinto pianeta nano, in ordine di grandezza, del sistema solare, dopo Plutone, Cerere, Eris e Makemake, ed è dotato anche di due piccoli satelliti.
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– Haumea (già noto con la designazione provvisoria di (136108) 2003 EL61, ufficialmente 136108 Haumea) è un pianeta nano di discrete dimensioni del sistema solare esterno, tecnicamente un oggetto trans-nettuniano, individuato da una squadra di astronomi californiani dell’osservatorio di Monte Palomar il 28 dicembre 2004.
La scoperta fu annunciata il 29 luglio 2005, lo stesso giorno in cui vennero reso note le scoperte di altri due oggetti trans-nettuniani di notevoli dimensioni, Eris e Makemake. Il 17 settembre 2008, è stato classificato come pianeta nano dall’IAU[1] e denominato Haumea in onore di una dea hawaiana della fertilità.
Per dimensioni, l’oggetto è simile a Plutone. Una particolarità del corpo è che la sua rotazione è estremamente rapida, circa quattro ore, il che gli fa assumere una forma allungata.
– Plutone è un pianeta nano orbitante nelle regioni periferiche del sistema solare, con un’orbita eccentrica a cavallo dell’orbita di Nettuno; fu scoperto nel 1930 da Clyde Tombaugh e inizialmente classificato come il nono pianeta.
Il nuovo corpo celeste venne battezzato in onore di Plutone, divinità romana dell’Oltretomba; le prime lettere del nome, PL, sono anche le iniziali dell’eminente astronomo Percival Lowell, che per primo ne postulò l’esistenza. Il suo simbolo astronomico è la versione stilizzata delle iniziali di Lowell ([url=http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/ff/Pluto_symbol.svg/20px-Pluto_symbol.svg.png]click[/url]).
Precedentemente considerato un pianeta vero e proprio, il 24 agosto 2006 Plutone è stato declassato a pianeta nano dall’Unione Astronomica Internazionale, ricevendo il nome di 134340 Pluto. In virtù dei suoi parametri orbitali, Plutone è anche considerato un classico esempio di oggetto trans-nettuniano.
– Cerere (dal latino Cerēs, Cerere, originariamente chiamato Cerere Ferdinandea, oggi catalogato secondo la designazione asteroidale come 1 Ceres) è l’asteroide più massiccio della fascia principale del sistema solare; fu inoltre il primo ad essere scoperto. Il suo diametro è di circa 950 km, e la sua massa è pari al 40% di quella di tutti gli altri asteroidi della fascia principale messi insieme.
Cerere è l’unico asteroide del sistema solare interno ad essere considerato un pianeta nano, alla stregua di Plutone, Makemake, Haumea ed Eris.
La fascia di Edgeworth-Kuiper contiene ad ogni modo oggetti molto più grandi di Cerere; oltre ai pianeti nani già citati, basti ricordare Quaoar, Orco e Sedna.
Il simbolo astronomico di Cerere è una falce, di cui esistono diverse varianti ( [url=http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/2/22/Ceres_1.svg/20px-Ceres_1.svg.png]click[/url] [url=http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/3/37/Ceres2.svg/15px-Ceres2.svg.png]click[/url] [url=http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/c/ca/Ceres_symbol.svg/30px-Ceres_symbol.svg.png]click[/url]).
Plutone è stato assunto quale elemento di riferimento della classe dei pianeti nani trans-nettuniani, denominati ufficialmente plutoidi dalla Unione Astronomica Internazionale.
– Eris (nome ufficiale 136199 Eris) è il più grande pianeta nano del sistema solare attualmente conosciuto, e l’oggetto conosciuto più massiccio che ruota attorno al Sole oltre l’orbita di Nettuno; si tratta di un oggetto ghiacciato orbitante nel sistema solare esterno.[1]
Ha un’orbita molto eccentrica, che lo porta da una distanza minima dal Sole di 5,6 miliardi di km ad una massima di 14,6 miliardi (quest’ultima circa il doppio della distanza massima di Plutone dal Sole).
Eris appartiene al disco diffuso, ed è il più grande fra gli oggetti trans-nettuniani. Come sottolineato dagli astronomi californiani dell’Osservatorio di Monte Palomar, l’oggetto è sicuramente più grande di Plutone.
Originariamente soprannominato il Decimo Pianeta dagli scopritori, dalla NASA e dai media, l’oggetto è stato classificato come un pianeta nano dall’Unione Astronomica Internazionale, nella stessa occasione – l’assemblea generale del 24 agosto 2006 – in cui l’organismo ha promulgato definitivamente la definizione ufficiale di pianeta.
La stessa UAI ha ufficialmente battezzato l’oggetto, nel mese successivo, con il nome di Eris, personificazione della discordia secondo la mitologia greca. Eris era precedentemente noto mediante la designazione provvisoria 2003 UB313, o con il nome informale di Xena, in onore della principessa guerriera di una nota serie televisiva statunitense.
Il diametro dell’oggetto, misurato dal telescopio spaziale Hubble, è stimato intorno ai 2400 km, con un’incertezza di ±100 km. L’albedo superficiale sembra essere molto alta (0,86 ±0,07) e le prime osservazioni indicano che sulla superficie dell’oggetto è presente del metano ghiacciato. Entrambe queste proprietà lo rendono più simile a Plutone di tutti i grandi planetoidi del sistema solare esterno finora scoperti. La densità media di Eris è valutata attualmente in 2, 3 grammi per centimetro cubo. Eris possiede un satellite, Disnomia, del diametro di circa 250 km.
– Makemake (ufficialmente designato (136472) Makemake; precedentemente noto con la designazione provvisoria di (136472) 2005 FY9) è il terzo pianeta nano per dimensioni del Sistema solare, appartenente alla classe dei plutoidi. Il suo diametro è pari all’incirca a 3/4 di quello di Plutone.[7] La sua orbita è interamente situata esternamente rispetto all’orbita di Nettuno, pertanto è corretto definirlo un oggetto trans-nettuniano, appartenente al gruppo dei cubewani. Makemake non ha satelliti e ciò lo rende unico tra gli oggetti della fascia di Kuiper (KBO) di maggiori dimensioni. La temperatura estremamente bassa (circa 30 K) che si registra sulla sua superficie determina che essa sia ricoperta da ghiacci di metano, etano e probabilmente azoto.[8]
La sua scoperta risale al 31 marzo 2005, ad opera di un gruppo di astronomi californiani dell’osservatorio di Monte Palomar. Il suo nome richiama la figura di Makemake, divinità della creazione secondo la mitologia pasquense.
Fonti: Haumea, Plutone, Cerere, Eris, Makemake [/more]
Il piccolo e strano pianeta si trova oltre l’orbita di Nettuno, ha la particolare forma di pallone da rugby ed è lungo approsimativamente 2000 km. La sua orbita è inclinata di 20° rispetto a quelle degli altri pianeti ed anche i suoi satelliti (Hi’iaka and Namaka) non ruotano sullo stesso piano. Il suo periodo di rotazione è inferiore a quello di qualunque altro corpo del sistema solare e si aggira intorno alle 4 ore (anche meno) ed essendo ricoperto di cristalli di ghiaccio ha la caratteristica di splendere nell’oscurità dello spazio.
La cosa più importante di questa scoperta riguarda la particolarità del ghiaccio che lo riveste: non il semplice ghiaccio amorfo formato grazie alla radiazione solare, ma un ghiaccio di tipo particolare, cristallizato e strutturato.
Poiché di per sé il Sole trasformerebbe con l’andare del tempo il ghiaccio cristallino in ghiaccio amorfo, dev’esserci una fonte di energia che permette la formazione del più raro ghiaccio cristallino. Si ritiene che questa fonte di energia siano le forze mareali, cioè quelle deformazioni causate dall’attrazione gravitazionale delle lune del pianeta nano.
Fonti: [url=http://www.sciencedaily.com/releases/2011/05/110512083014.htm]ScienceDaily[/url], [url=http://www.science20.com/news_articles/dwarf_planet_haumea_may_contain_crystalline_ice-78852]Science20[/url], [url=http://technews.it/NaFgG]TechNews[/url]