Ieri sera stavo chiacchierando con un’amica e ad un certo punto mi ha nominato il Lemon II… ricordavo vagamente il nome e così ho fatto una ricerca su internet scoprendo che veniva prodotto proprio nella mia città: Ravenna.

Nel forum [url=http://www.computerhistory.it]ComputerHistory.it[/url] c’è la storia di questo pezzo di antiquariato, di cui vi riporto alcuni stralci.

[quote]Il Lemon II è stato prodotto da diverse aziende, Selcom, Jen, Belton e la Lemon Italia. Per questo esistono numerose versioni della macchina, con diversi case, ma la maggior parte di queste mantengono come cuore la scheda originale, prodotta fino dal 1981 dalla Selcom di Ravenna.

La mainboard era una copia pressoché identica di quella dell’Apple II+, si differenziava dall’originale per pochi particolari, come per esempio l’utilizzo di EPROM al posto dele ROM.

Un requisito fondamentale per garantire la compatibilità era infatti la duplicazione delle ROM dell’Apple II che contenevano le routine di “boot”, il programma di monitor e l’Applesoft BASIC. La produzione di rom richiedeva un investimento economico importante e si preferì sostituirle con delle Eprom, dal costo maggiore ma producibili in piccole quantità, poiché programmate in casa.

Il disegno della scheda madre fu quindi modificato per permettere l’utilizzo di Eprom al posto delle particolari Rom utilizzate da Apple, che non erano pin-to-pin compatibili.

Il contenuto delle ROM fu leggermente modificato per eliminare ogni riferimento alla Apple. Così all’interno della ROM la scritta “Apple II” diventava “Lemon II”. Non a caso entrambi i nomi sono di 5 caratteri. Come per molti compatibili si sceglie il nome di un frutto per richiamare la compatibilità con i computer della “mela” di Cupertino. Il nome Lemon, scelto tra i nomi inglesi di frutti a 5 lettere, non fu dei più felici: nei paesi di lingua anglofona il termine è sinonimo di “bidone”.

[more]Il Lemon II non era quindi solo un computer “compatibile” all’originale, ma una vera e propria copia. Il computer si conquistò la fama della “compatibilità software al 100%”, caratteristica che ne determinerà il successo commerciale.

I primi utilizzatori compravano la sola scheda madre con la tastiera e l’alimentatore, aggiungendo eventualmente il modulatore RF esterno che consentiva di utilizzare come monitor un comune televisore.

Questo perché i monitor per computer erano costosi, così come i floppy drive, che venivano sostituiti da un comune registratore a cassette. Il sistema “base” così costituito permetteva all’utente di essere subito operativo.

Attraverso schede aggiuntive poteva facilmente essere espanso con l’aggiunta di floppy disk, schede di memoria, interfacce seriali e parallele, o musicali. Selcom realizzò numerose di queste schede, sempre derivate da prodotti commerciali.

Le caratteristiche principali del Lemon II corrispondono ovviamente a quelle della macchina padre:
CPU 6502 a 1MHz
48 kB di ram
12 kB di rom (Extended Basic e ROM di Monitor)
Video 40×24 o 80×24 con scheda opzionale
Grafica a 8 colori con risoluzione 280 x 192, 560 x 192
Interfacce per registratore a cassette e joystick integrate
Altoparlante a 1 bit

La scheda madre costava 680.000 lire, anche con l’aggiunta di tastiera e alimentatore non si superava il milione, una cifra decisamente abbordabile per il tempo.
Nel 1981 il prezzo di un Apple II+ “base” era di 2.229.350+iva.

Una differenza importante rispetto all’originale è la presenza nel Lemon II di una tastiera dotata di tastierino numerico.

Come nell’originale la macchina non era dotata di caratteri minuscoli. Presto si diffuse l’abitudine tra gli utenti Apple di modificare la macchina sostituendo la ROM del generatore di caratteri con una dotata delle minuscole.
Anche nei computer Lemon fu introdotta in produzione questa modifica, che costituiva un ulteriore valore aggiunto rispetto all’originale.

Nei Lemon prodottti dalla JEN ritroviamo l’uso delle ROM al posto delle Eprom. Le ROM avevano un costo molto inferiore, ma dovevano essere ordinate al costruttore (in questo caso Texas Instruments) in grossi quantitativi.

Al contrario dell’originale Apple II+, le ROM del Lemon erano “pin-to-pin” compatibili con le Eprom; questo consentiva all’utente di modificare agevolmente il programmi residenti.

Una modifica classica era la sostituzione della ROM di monitor con una EPROM che ne conteneva una versione modificata. Il nuovo monitor consentiva di interrompere l’esecuzione di un programma, ed eseguire poi una copia dei programmi contenuti in memoria. In questo modo venivano “sorpassate” le sempre più difficili protezioni anticopia in voga nel periodo.

Le ROM montate sui Lemon II si dimostrarono però poco affidabili, le poche macchine giunte ai giorni nostri mostrano spesso guasti alle ROM.

La rom di monitor fu inoltre modificata quando nel 1983 Apple presentò il ProDOS. Il nuovo sistema operativo dell’Apple II verificava che la scritta “Apple II” nella rom non fosse stata modificata, rifiutandosi di funzionare sui cloni. Gli “smanettoni” crackavano i dischi del ProDOS in modo che evitasse questa verifica, ma per l’utenza normale era un problema rilevante.

Per beffare i controlli del ProDOS fu messo in atto un ingegnoso trucco. Nella ROM fu ripristinata la stringa “Apple II” originale, inserita la stringa “Lemon II” in uno spazio libero della rom e cambiato il programma del monitor in modo che all’accensione andasse a “leggere” la stringa da mostrare a video nella nuova locazione.

Nel 1983 il Lemon II fu leggermente modificato con l’adozione di una nuova tastiera con tastierino numerico esadecimale.

La gamma fu ampliata affiancando al Lemon II con 48 kB di ram (JEN PC 1) una versione con 64 kB di ram (JEN PC 2) ed una con processore aggiuntivo Z80 (JEN PC 3).
Quest’ultima versione, denominata “Biprocessor 64”, consentiva l’utilizzo del sistema operativo CP/M, particolarmente apprezzato dall’utenza commerciale.[/more][/quote]

[url=http://www.computerhistory.it/index.php?option=com_content&view=article&id=115&Itemid=129]Fonte[/url].

Grazie a [url=https://leganerd.com/people/sarahsarah]SarahSarah[/url].