Capovolgimenti percettivi nella pittura di Dalì

LEGANERD 038148

In questo post di qualche giorno fa Pau ha parlato della percezione multistabile, ovvero:

Davanti a un’immagine ambigua la retina riceve informazioni che possono essere interpretate dal cervello in diversi modi, a seconda della “scelta” prospettica, e la separazione di immagine e sfondo non è più un processo interpretabile in modo univoco con successo.

Sempre in quel post una delle immagini rimandava all’opera di Salvador Dalì, pittore che credo molti conoscano. In ogni caso, giusto per accennare alla sua biografia, Dalì, pittore spagnolo classe 1904, é stato uno dei più importanti e longevi pittori della corrente del Surrealismo, movimento fondato da Andrè Breton da cui però Dalì si distacca ben presto. Egli però rimarrà di fatto surrealista fino alla morte, avvenuta nel 1989, e portando il suo genio oltre che nella pittura anche nella fotografia, nel cinema e nella letteratura.

La sua pittura, fortemente ispirata dai pittori Rinascimentali, é manierista, molto curata, e le sue capacità nel disegno praticamente infinite. Si narra, infatti, che Dalì mostrò un suo autoritratto in parte costituito da una fotografia e in parte da un suo disegno, e che le persone cui lo mostrò non erano in grado di distinguere tra disegno e fotografia. La sua tecnica portò praticamente ad un iperrealismo surreale, con immagini molto realistiche inserite in contesti volutamente assurdi e spiazzanti per l’osservatore. Inoltre il suo surrealismo è fortemente ispirato da Freud e dalla psicanalisi, e sicuramente anche il suo eccentrico stile di vita. Dalì applicava in un certo qual modo ciò che dipingeva alla vita stessa.

Uno degli interessi di Dalì furono le illusioni ottiche. La sua ossessione per certi temi lo portò a ripetere in diverse opere alcuni soggetti (vedi Voltaire), finendo per unire stili e tecniche in un tripudio barocco. I suoi ultimi quadri, grandi opere molto complesse, presentano in un unica cornice illusioni, surrealismo, maniera, misticismo nucleare. In quest’ultimo i corpi vengono smembrati in particelle e l’immagine si può intuire solo grazie all’insieme dei tanti corpuscoli che la formano, che vanno spesso a fondersi in altre figure.

Nelle illusioni ottiche, come si nota, ricorre spesso il volto come soggetto, che si tramuta in paesaggio o spesso in figure umane, in architetture o trasversalmente in tutte queste cose. In ogni sua opera, più o meno dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, è presente almeno un’illusione, spesso molto ben nascosta. Un’altra particolarità è il ricreare alcune trame tipiche dei metodi di riproduzione delle immagini, come il retino tipografico che si trasforma in figure umane o i “quadrettini” dei pixel di un’immagine digitale ingigantita che si trasforma in una finestra e in una fanciulla.

Bè, vi lascio la gallery, scusandomi per la qualità di alcune immagini (La grande G non è stata buona con me questa volta…)

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