Gli Archea e la Caldariella acidophila

Vulcani, geyser, solfatare non sono fenomeni interessanti solo per i geologi, ma anche per biologi e biotecnologi.

Gli organismi estremofili non sono veri batteri, sono archea, un regno di nuova concezione, nato per diversificare i batteri tradizionali da questi microrganismi che hanno sviluppato alcune caratteristiche straordinarie che li rendono unici. Differiscono per la composizione di parete e membrana cellulare e per l’ottimizzazione di proteine e metabolismo. Il tutto allo scopo di vivere in ambienti totalmente inospitali, in condizioni di vita estreme e sono per questo definiti anche estremofili.

Si possono dividere in base all’habitat che sono in grado di colonizzare. I termofili possono svilupparsi a temperature ben superiori ai 100 °C, gli psicrofili a quelle inferiori a -10 °C, mentre gli acidofili e gli alcalofili crescono rispettivamente in ambienti estremamente acidi o alcalini, infine gli alofili prediligono ambienti ad elevatissima salinità, anche concentrazioni di NaCl di 6 molare (possono vivere anni sporificati su cristalli di sale secco). Poi vi sono batteri che vivono in condizioni tossiche, come zolfo, metalli pesanti, metano, e, quello che a noi ci uccide, loro se ne nutrono.

Gli archea possono sopravvivere al 2012. E speriamo che non saltino fuori archea patogeni, sennò come li ammazziamo???

Uno dei primi archea scoperti e studiati è la Caldariella acidophila (purtroppo ribattezzata in Sulfolobus solfataricus per uniformare la nomenclatura).

Vi chiederete: ma l’ha scoperta un napoletano? La risposta è: !
L’ha scoperta negli anni ’70 Agata Gambacorta, studentessa del professor Mario De Rosa. Andava a fare prelievi in mezzo alle fumarole della solfatara Pisciatella, a Pozzuoli, e l’aria era talmente satura di acido solforico che tornava a casa con i buchi nelle calze. In laboratorio aveva notato qualcosa che sembrava vivo nei suoi campioni. Incoraggiata da De Rosa, e nonostante l’incredulità dei colleghi, certi che non ci fosse niente di vivo ma solo pulviscolo sporco, prova a coltivarlo e lo chiama Caldariella acidophila. In quegli anni un altro batterio “amante dello zolfo” viene scoperto da Thomas Brock nel parco di Yellowstone e chiamato in latino serio Sulfolobus. Di conseguenza Caladariella acidophila dovette essere ribattezzata in Sulfolobus solfataricus.

Col tempo, si scoprirono estremofili dappertutto: nel permafrost ghiacciato, sotto centinaia di metri di roccia, negli sfiatatoi dei vulcani terrestri e marini, perfino a più di dieci chilometri di profondità nell’oceano Pacifico, in fondo alla fossa delle Marianne.

Le biotecnologie hanno sfruttato le straordinarie proprietà di questi microrganismi.
Le proteine degli archea sono naturalmente strutturate per resistere a temperature altissime, condizioni fortemente acide o basiche, concentrazioni saline estreme. Le nostre proteine e quelle di tutti gli altri organismi non sarebbero minimamente in grado di operare in queste condizioni.
Tali proprietà derivano ad esempio da un alto numero di ponti disolfuro che le rendono più compatte e termostabili.

Si usano proteine di estremofili in campi molto diversi:

– un esempio sempre citato è l’uso della Taq polimerasi (da Thermus aquaticus) o la Pfu (Pyrococcus furiosus) per la PCR in biologia molecolare;
– in chimica organica fine (e in industria) si usano enzimi per reazioni complesse, sfruttando proprietà di resistere a temperatura e/o alta concentrazione di soluto e/o catalisi acida/basica;
– i detersivi con enzimi hanno enzimi da estremofili perché resistono a sali, detergenti, alta temperatura (condizioni normali della lavatrice);
– si stanno studiando impieghi per bioremediation (risanamento ambientale) sfruttando la loro capacità di mangiarsi e purificare disastri ambientali;
– estrazione di metalli: oro, cobalto, rame;
– nuovi antibiotici.

Nella foto: Grand Prismatic Spring di Yellowstone, pieno di archea di diversi colori a seconda della temperatura.
Fonte: conoscenze personali, ottimo articolo di wiki, storia della Caldariella.

Inquinamento da PET negli oceani: i batteri geneticamente modificati lo contrastano
Inquinamento da PET negli oceani: i batteri geneticamente modificati lo contrastano
Come comunicano i batteri?
Come comunicano i batteri?
I batteri mangiano davvero la plastica
I batteri mangiano davvero la plastica
Cambiamento climatico, previsioni grazie ai batteri
Cambiamento climatico, previsioni grazie ai batteri
I batteri fanno viaggi di migliaia di km aiutati dalla polvere
I batteri fanno viaggi di migliaia di km aiutati dalla polvere
Batteri: scoperta specie che si nutre sia di zolfo che di metano
Batteri: scoperta specie che si nutre sia di zolfo che di metano
Cianobatteri: fotosintesi e origine della vita
Cianobatteri: fotosintesi e origine della vita