La crisi climatica continua a innalzare inarrestabilmente i costi della pasta, e il 2023 non fa eccezione. Eventi climatici estremi hanno avuto un impatto devastante sul raccolto di grano duro, specialmente in Canada, il principale esportatore mondiale e fornitore chiave per l’industria italiana della pasta. Questi fenomeni climatici hanno spinto la produzione globale a toccare il minimo degli ultimi 22 anni, con le scorte al livello più basso degli ultimi 30 anni.

Il Canada da solo rappresenta circa la metà delle forniture globali di grano duro. Purtroppo, una prolungata siccità ha colpito il paese, dando il via a devastanti incendi che hanno distrutto campi e foreste tra giugno e luglio. Questo ha avuto un impatto immediato sui prezzi della pasta, con un aumento del 24% in poche settimane per un sacco di farina di grano duro da 20 chili a luglio.

La situazione non è migliore negli Stati Uniti e in Spagna, dove la siccità estrema ha comportato raccolti inferiori alla media. Francia e Italia hanno subito gravi inondazioni dovute a tempeste che hanno compromesso la qualità dei raccolti agricoli. Di conseguenza, secondo le analisi di Nielsen riportate da Reuters, i prezzi della pasta sono già aumentati del 12% in Europa e dell’8% negli Stati Uniti, con ulteriori aumenti previsti nel prossimo futuro.

L’Italia è particolarmente colpita da questa carenza di materia prima, essendo il maggior consumatore di pasta a livello mondiale con 23 chili pro capite all’anno. Il nostro paese è anche il principale produttore di pasta, con circa 2,4 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, di cui il 61% viene esportato in oltre 200 paesi, generando un fatturato di 3,7 miliardi di euro.

Tuttavia, per sostenere questi livelli di produzione e consumo, l’Italia dipende in gran parte dal grano importato, in particolare dal grano duro canadese. Quindi, sebbene la pasta italiana sia prodotta in Italia, una parte significativa della materia prima proviene dall’estero. La scarsità di grano duro in Canada si traduce direttamente in costi più elevati per il prodotto finito in Italia.

Per fronteggiare questa carenza e cercare di contenere l’aumento dei prezzi, l’Italia si è rivolta alla Turchia, acquistando la maggior parte delle 300 mila tonnellate di grano duro esportate dal paese nel 2023. Tuttavia, la Turchia tradizionalmente non è stata una grande esportatrice di grano e sta ora utilizzando le sue scorte. Una volta che queste riserve saranno esaurite, è probabile che i prezzi della pasta aumenteranno ulteriormente. La crisi climatica continua a mettere a dura prova il settore della pasta, costringendo produttori e consumatori a cercare soluzioni per far fronte a questa sfida senza precedenti.