Secondo un report di Amazon, i governi di tutto il mondo hanno aumentato dell’800 per cento le richieste dei dati degli utenti.

Nel documento pubblicato dalla Big Tech emerge che nei soli ultimi sei mesi del 2020, siano state processate 27.664 richieste di dati, un numero spropositato, se si considera che nel semestre di apertura le domande si erano fermate a 3.222. Amazon sostiene di aver ceduto i dati in 52 casi.

Nessuna informazione è stata fornita – ma neppure ipotizzata – sul motivo di un aumento tanto marcato, tuttavia è interessante notare come si sia verificata una variazione sensibile sull’origine geografica delle pratiche inoltrare all’azienda.

Se fino a pochi mesi fa quasi tutte avevano origine negli Stati Uniti, nell’ultimo periodo sembra però che a muoversi siano stati in massa i paesi europei. La Germania domina con il 42 per cento delle richieste, la Spagna segue con il 18, poi si assestano Italia e USA, reciprocamente al 11.2 e al 11.1 per cento.

I dati utente includono le ricerche di shopping, nonché le interazioni con Echo, Fire e i campanelli della serie Ring. Calcolata a parte è invece Amazon Web Services (AWS), servizio di cloud hosting che ha subito un’alterazione statistica decisamente meno drammatica.

In questo caso le richieste complessive sono state 523 – di cui 15 concesse -, con il 75 per cento di queste che sono state avanzate dagli Stati Uniti.

La testata Tech Crunch, analizzando i dati, non manca di sottolineare come il report fornito da Amazon sia tremendamente esile, avaro di informazioni dettagliate. La ditta fondata da Jeff Bezos, in forte contrasto con la tendenza dominante, sta sviluppando un approccio sempre più portato alla sintesi estrema, anche se non è chiaro se sia una scelta dettata da un desiderio di segretezza o dall’intenzione di essere maggiormente incisivi.

 

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