Nei Paesi Bassi si è concretizzata la fobia di molti, con i dati di tracciamento del coronavirus che sono stati rubati da ignoti.

Ai tempi del lancio di Immuni, molti italiani avevano sollevato preoccupazioni sul come le app di monitoraggio potessero eventualmente carpire le informazioni personali per riciclarle in maniera tetra e ignota. Una preoccupazione che, a ben vedere, era condivisa da qualsiasi Paese del mondo occidentale, ma che si è sempre dimostrata priva di fondamento.

La fuga di dati olandese, infatti, non ha nulla a che vedere con il software caricato sugli smartphone dei cittadini, bensì con lo stesso sistema centralizzato, quello in cui il Governo archivia abitualmente tutte le informazioni mediche raccolte.

L’episodio è stato reso noto dalle stesse autorità sanitarie olandesi (GGD), le quali temono – comprensibilmente – che l’incidente possa impattare significativamente sulla fiducia che le persone ripongono nel programma di tracciabilità.

Non è dato sapere chi abbia carpito tali informazioni, né quanti ne siano stati coinvolti, tuttavia si presume siano in tanti, forse in migliaia. Le autorità hanno confermato che tra le informazioni trafugate siano presenti nomi, indirizzi, numeri di previdenza sociale, numeri di telefono e risultati dei test.

“Stiamo lavorando a stretto contatto con la polizia ed esperti di criminalità informatica”, ha dichiarato la GGD, ma nel frattempo la fiducia del pubblico sembra progressivamente sbriciolarsi.

L’app di tracciamento adoperata nei Paesi Bassi, di contro, si è dimostrata impeccabile. Come tutte le sue omologhe ha dovuto infatti superare l’attenta analisi europea sul trattamento dei dati, processo che evidentemente non è stato applicato al più anziano sistema principale.

 

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