Nel film Dreamworks possiamo trovare una possibile interpretazione di quella che è la scelta finale della principessa Fiona, che predilige a Farquaad, rappresentazione dell’ideale artificiale di sogno, uno Shreck che incarna invece la realtà, ossia tutti i suoi pregi, ma anche e soprattutto i suoi difetti. È questa la scelta di una persona che rinuncia ad un sogno artificiale, vuoto e prossimo a scomparire preferendogli una esistenza di sofferenza e limitazioni ma, proprio per questi motivi, più degna di essere vissuta e più valida.
Qualche giorno fa parlavo con un mio amico del finale del primo Shrek, e di come esso si potesse inserire nel monomito di Campbell e quale significato potesse assumere da un punto di vista filosofico, per così dire.
Fiona fin dall’inizio non appare come la tipica principessa delle fiabe, in quanto portatrice di alcune caratteristiche non esattamente ‘fiabesche’. Il suo cantare non è del tutto paradisiaco, dato che dà la morte ad un uccellino, e molte delle sue abitudini non rientrano nel canone della principessa, simbolo di purezza e quasi di rappresentazione della donna-angelo.
Fiona appare così più completa come personaggio, con difetti che la rendono più umana. E questi difetti non fanno altro che sottolineare i suoi pregi.
La trasformazione notturna diventa così un rimando al fatto che nessuno di noi è perfetto, ma anche e soprattutto imperfetto. La commistione di elementi positivi e negativi ci rende completi e tridimensionali, membri di una storia reale, e non di un’astrazione.
Shrek, da par suo, è una rappresentazione di un personaggio pieno di difetti che tuttavia nasconde al suo interno anche pregi.
Pregi non immediatamente visibili e prominenti, ma pur sempre presenti e validi. La sua amarezza verso la vita è dovuta forse al fatto che questi suoi pregi sono nascosti, e lui per primo è incapace di valorizzarli come dovrebbe, e presentarli alla colettività formata dagli altri abitanti del regno.
Lord Farquaad diventa una rappresentazione di una figura idealizzata. Esso è il re di un regno da favola, e può essere in qualche modo accostato ad una idea di sogno mitico. È, in questo senso, il rappresentante di una certa categoria di personaggi veramente “non esistenti”.
È la percezione, più che la sostanza reale, delle celebrità, siano essi attori, influencer, milionari o altro. Nel suo castello egli gode del privilegio di apparire influente e potente, ma è per l’appunto un’apparenza. O, per meglio dire, la sua influenza esiste, ma è limitata al suo regno, ossia a coloro che si assoggettano alle sue leggi, e quindi diventano sudditi della scala di valori che egli rappresenta.
L’influenza di Farquaad esiste, ma è limitata al suo regno, ossia a coloro che si assoggettano alle sue leggi, e quindi diventano sudditi della scala di valori che egli rappresenta.
La sua bassa statura, ed il fatto che utilizzi mezzucci per nasconderla, è tuttavia indizio del fatto che lui stesso, nel segreto della sua coscienza, è vittima di un complesso di inferiorità e di inadeguatezza. Il suo potere nel mondo “di favola” è comunque inefficace a riparare questo suo limite in quanto non è un qualcosa che vada a colpire il problema, ma semplicemente a lenire il suo ego ferito, senza realmente andare a risolvere il problema alla sua base.
Fiona, accettando di sposare Farquaad, accetta di sposare questo sogno, ossia vivere in questa favola. Così facendo, accetta anche tutta la corrispondente scala di valori ad essa associata, basata sull’apparenza, sulla creazione di un’immagine che tuttavia non è realmente supportata da una sostanza. Il rapporto è in verità vuoto, e si basa più su di un sogno che su di una comprovato e vissuto sentimento di vero amore.
Lo sposare Farquaad, ossia, lo sposare il set di valori e priorità da egli raffigurato, corrisponde a colui o colei che decide di vivere la sua vita tramite una visione ed una filosofia approvata ed accettata da altri.
La scelta di Fiona di sposare Shrek alla fine del film è invece la rappresentazione della scelta della realtà, ossia la scelta di un’esistenza concreta, vissuta con i suoi benefici, ma anche e soprattutto con i suoi difetti.
Questo viene raffigurato nella trasformazione in orchessa, ossia una effige di questa imperfezione. In essa si riflette il fatto che la vita, quella reale, non è più fatta da filtri, pose, trucco o inganni fotografici, né di menzogne rivolte verso l’esterno e verso se stessi.
La figura di orchessa diventa una raffiguraione di colei/colui che ha scelto la sua imperfezione. La luce è abbagliante solo all’inizio, e lascia infine spazio alla realtà dei fatti, ossia la bruttezza della figura di orchessa. Il coraggio è evidente solo nel momento della scelta. Dopodiché, esso è implicito, non è più urlato al mondo, ma vissuto nella propria quotidianità. Ciò che vedranno gli altri quindi sarà proprio quello, ossia una figura non del tutto orribile, ma nemmeno del tutto incantevole. Ossia, una figura verosimile, riflessione di una realtà vera, vissuta con la propria responsabilità e le proprie colpe.
Farquaad è mangiato dal drago alla fine. Il drago è la rappresentazione dei problemi reali della vita che, non affrontati, ci sovrastano fino a divorarci.
Mentre Farquaad è il rappresentante del sogno, Shrek è il rappresentante della realtà. Come tale, Farquaad viene divorato dal drago alla fine, ossia dalle difficoltà e dai problemi della vita reale. Il sogno, la finzione, si squagliano come neve al sole di fronte alle incombenze e necessità del reale. La finzione può durare solo fintantoché non ci siano dei veri problemi a battere alla nostra porta. E i problemi ignorati crescono, peggiorando, fino a prendere la forma di draghi inesorabili, che ci divorano, lasciandoci senza possibilità di scampo.
Shrek, d’altro canto, ha sempre affrontato i suoi problemi, sebbene alla sua maniera, ed è diventato migliore nell’affrontarli. Per questo alla fine sopravvive e trionfa contro l’inesorabile prova della quotidianità.
Il sogno si può solo sognare, e in ogni caso sempre per un periodo di tempo limitato. Non si può amare. L’unica che si possa amare, per quanto terribile e limitata, è la realtà, poiché solo in essa si possono seminare i semi di una reale realizzazione di sé stessi.
La scelta tra vivere nel sogno e nella realtà non è veramente una scelta. Il sogno è quasi sempre meraviglioso e questo lo rende oggetto di ammirazione, ma solo fintantoché esso dura, ossia per un periodo di tempo limitato. Esso può essere fonte di ispirazione, ma non di intrinseca forza nell’andare avanti.
La realtà è invece orribile, piena di problemi e quantomeno imperfetta. Tuttavia essa è l’unica che si possa davvero accettare ed amare.