Decisioni sbagliate ricorrenti: esiste un meccanismo nascosto che potrebbe spiegarle
Perché ripeti sempre gli stessi errori? L’Università di Bologna entra nel dettaglio delle vulnerabilità cognitive e comportamentali che influenzano le nostre scelte.

L’Australian Science Media Centre racconta una ricerca internazionale dedicata alla sensazione di prendere decisioni sbagliate. C’è una ragione scientifica legata alla capacità del cervello di interpretare e utilizzare i segnali ambientali. I ricercatori hanno studiato alcune tipologie di persone in un gruppo più vasto. Alcuni si affidano molto a immagini e suoni associati al passato e che hanno dato esiti positivi.
Quindi, l’esperienza su successi, rapporti sociali buoni e non finiti in litigio, altri elementi che fanno mettere il pollice in su. Quando questi segnali positivi iniziano a decadere, si arriva ad interpretare le situazioni come rischiose e meno vantaggiose. Succede anche una cosa importante: il cervello decisionale fa fatica a disimparare l’associazione originaria, si è abituato ad una situazione positiva di fatto.
Questo meccanismo rende il processo decisionale rigido e poco adattabile al cambiamento. Non è uguale per tutti, gli studiosi infatti si sono dedicati a quelle persone che, nel tempo, finiscono per ripetere scelte svantaggiose pur avendo sperimentato conseguenze negative. Succede soprattutto a chi soffre di disturbi compulsivi, dipendenze e disturbi d’ansia. In questi casi, l’attenzione diventa selettiva verso determinati stimoli e, alla fine, diventa anche distorta.
L’esperimento su sistemi di apprendimento strumentale e pavloviano basato su stimolo-risultato-ricompensa, il loro ruolo nella lentezza ad aggiornare comportamenti
Non bisogna dimenticare le differenze individuali profonde, ci sono dei gradi di vulnerabilità ma anche di capacità di saper correggere degli automatismi che portano alle decisioni sbagliate più di una volta. Raccontiamo l’esperimento diretto pubblicato su JNeurosci.
I ricercatori dell’Università di Bologna, guidati da Giuseppe di Pellegrino, hanno analizzato come interagiscono due sistemi fondamentali dell’apprendimento. Il primo è strumentale, il secondo è quello pavloviano, legato ai segnali che predicono una ricompensa. Sono stati utilizzati eye tracking, modelli computazionali, tracker di segnale e tracker di obiettivi.
In entrambi i gruppi si apprende il compito, i tracker di segnali mostrano prestazioni peggiori rispetto agli stimoli pavloviani. C’è, secondo gli esperti, una sovrastima dei segnali e anche un più lento aggiornamento del loro valore. Si è più dipendenti dall’associazione stimolo – risultato, il rallentamento individuato impedisce l’adattamento del comportamento a nuove condizioni. Favorisce così decisioni inflessibili o sbagliate.
Come aiutarci tutti i giorni ad imparare dagli errori e andare verso la direzione giusta? Imparando a convivere con i successi e le sconfitte, le casualità ma anche le vulnerabilità umane. Vale soprattutto dove ci sono problemi personali importanti, gli studiosi si sono concentrati su dipendenze, ansia e disturbi compulsivi. La ricerca apre la strada a nuovi strumenti di aiuto e di ascolto.