La ricerca internazionale mostra un fattore nascosto che accelera il declino cognitivo
Il Natale dovrebbe far scattare anche la coscienza, il Covid ha spinto studiosi e sanità pubbliche a riflettere su un elemento culturale e sociale tra gli over 65.

Il Natale è una delle feste più attese dell’anno, carica di significati profondi, rituali condivisi come quella del dono da scartare sotto l’albero. Cade nel mese più freddo dell’anno, dove molte persone sono costrette al gelo delle strade, prive di mezzi e di un riparo adeguato. Alla povertà materiale si aggiunge anche l’isolamento e l’invisibilità sociale, tra indifferenza e dimenticanza. Le realtà pubbliche e associative attive sul territorio esistono ma non bastano. Una recente ricerca dell’Università di St Andrews invita a guardare la condizione dell’isolamento sociale anche con un’altra prospettiva. È un fattore che accelera il declino delle funzioni cognitive, alla piaga umana e collettiva così si affianca anche quella sanitaria, soprattutto per le persone in età avanzata.
Uno studio pubblicato su The Journals of Gerontology, Series B descrive un effetto causale diretto che collega l’isolamento sociale al declino cognitivo, soprattutto in presenza di patologie gravi come l’Alzheimer e altre demenze correlate. La ricerca fa distinzione tra isolamento sociale e solitudine. L’isolamento sociale si misura in modo oggettivo attraverso la partecipazione a reti sociali, associazioni e attività comunitarie.
La solitudine, invece, è una percezione soggettiva, un sentirsi soli che può essere reale ma anche una percezione di sentimenti che si vive quando si hanno molte persone attorno. Depressione, incomprensioni, sofferenze varie possono generare il senso di solitudine. La ricerca dell’Università di St Andrews ha risultati concreti sull’isolamento sociale, che incide negativamente sulle capacità cognitive in maniera indipendente dal sentirsi soli.
Gli effetti dell’isolamento cognitivo negli over 65 ha numeri concreti: per prevenire il declino cognitivo precoce bisogna migliorare le interazioni sociali regolari
L’analisi è stata condotta da due diverse realtà di ricerca, i dati analizzati sono dello studio US Health and Retirement. Sono stati esaminati 137.000 test cognitivi raccolti tra il 2004 e il 2018 su più di 30.000 individui. I ricercatori hanno riscontrato che ridurre l’isolamento sociale ha un effetto protettivo sulla funzione cognitiva in tutte le sottopopolazioni. Sono state registrate differenze minime legate a genere, istruzione e appartenenza etnica.
Il lavoro fa parte di un contesto di ricerca e attenzione internazionale sul tema dell’invecchiamento della popolazione, dell’esperienza della pandemia e dell’isolamento sociale. Prima del Covid-19, un quarto degli over 65 risultava socialmente isolato. La prevenzione è importante, soprattutto dove c’è ereditarietà o predisposizione all’Alzheimer e ad altre demenze senili. Le politiche urbane, comunitarie e di sanità pubblica dovranno favorire l’interazione sociale regolare come scelta culturale per contrastare il declino cognitivo e anche il numero di anziani con demenza isolati e a rischio.