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Nascita nello spazio: una nuova sfida per la sopravvivenza umana

È possibile generare la vita umana dentro una navicella in viaggio verso Marte? Sapevi che soltanto la tratta di ritorno dura il tempo di una gravidanza?

Nascita nello spazio: una nuova sfida per la sopravvivenza umana

Il cinema è pieno di bambini che vivono e sono nati nello spazio. Odissea di Stanley Kubrick (1968), ipotizza il feto cosmico, lo Star Child, un neonato nel cosmo e, solo per questo, diverso dai bambini umani con tutti i perché possibili e immaginabili calcolati dalla scienza, dalla medicina ma anche dall’antropologia e filosofia.

La possibilità di concepire bambini viaggiando verso Marte o tornando è stata considerata più volte. La tratta di andata o ritorno, Marte-Terra o Terra-Marte, è sufficiente per concepire, vivere la gravidanza e il parto. Sono due situazioni completamente differenti, dal punto di vista medico e biologico.

Ma essere concepiti e nascere al di fuori dell’atmosfera terrestre è davvero possibile? Gli scienziati da tempo hanno calcolato tutti i rischi e pericoli, per la madre e per il bambino, o i bambini se parliamo di parto gemellare. Vediamo alcune riflessioni, pubblicate su The Conversation, di Arun Vivian Holdem, professore di biologia computazionale dell’Università di Leeds.

avere figli nello spazio

Partorire e nascere nello spazio, dalla microgravità ai raggi cosmici: tutti i rischi previsti secondo il prof. Arun Holdem

La gravidanza si può suddividere in fasi, ogni tappa ha il suo scopo ben preciso nella vita del feto. Tutto parte dal concepimento che è per tutti gli embrioni un inizio difficilissimo. Sulla Terra, questa prima nascita può essere seguita e anche preventivata con diversi strumenti clinici. Invece, nello spazio, la microgravità può rendere difficile l’impianto dell’embrione.

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Nel momento in cui il bambino è concepito, viene protetto nell’utero. Vivrà per nove mesi fluttuando in un liquido dove è in grado di respirare, una condizione molto simile agli astronauti che operano senza gravità. Sarebbe proprio l’assenza di gravità la prima difficoltà da affrontare, anche al momento del parto e dell’allattamento.

Gravità e microgravità non sono più pericolosi dei raggi cosmici. Queste particelle ad alta energia, se colpiscono la madre, potrebbero indurre a contrazioni e al parto prematuro (prima dei nove o anche sette mesi). Possono entrare in contatto con cellule e neuroni del bambino in formazione. Le conseguenze ricadranno sul sistema immunitario, sul DNA, potrebbero causare danni localizzati e predisporre il nascituro a forme di cancro. Essere colpiti dentro una navicella spaziale da raggi cosmici è più una probabilità ma ad alto rischio, potrebbe causare anche l’aborto.

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