Meno regole per i lanci di razzi nello Spazio: si rischia un Far West spaziale?
Una bozza di ordine esecutivo riduce le verifiche ambientali e rafforza il controllo politico sulla FAA, favorendo tra gli altri anche SpaceX. Agli ambientalisti non piace per nulla...

L’amministrazione Trump prepara un’ulteriore accelerazione nella deregulation spaziale con una bozza di ordine esecutivo che ridurrebbe drasticamente le procedure ambientali per il rilascio delle licenze di lancio commerciale. Il documento, visionato da ProPublica, impone al segretario ai Trasporti Sean Duffy di “eliminare o velocizzare” le verifiche d’impatto, spalancando la strada a più lanci e a nuovi spaceport lungo le coste statunitensi. La mossa arriva mentre SpaceX e altri operatori fanno pressioni da anni per snellire la burocrazia, in un mercato passato da 26 lanci nel 2019 a 157 nel 2024.
Meno controlli, più lanci: cosa cambia
L’ordine non solo chiede di alleggerire le analisi su inquinamento, rumore e uso del suolo, ma affida la guida dell’Office of Commercial Space Transportation a un nominato politico, rafforzando il controllo diretto della Casa Bianca sull’ente che rilascia le licenze.
I regolatori statali rischiano di perdere voce in capitolo: la bozza limita il potere delle commissioni costiere, spesso critiche verso l’espansione dei siti di lancio, e consente al governo federale di disapplicare norme locali quando ostacolano nuovi impianti. L’esempio più controverso è Starship, il razzo di 123 metri che SpaceX lancia dal Texas: tre esplosioni nel 2025 hanno sparso detriti sul Golfo e causato chiusure dello spazio aereo, ma l’ordine esecutivo punta comunque ad aumentare la cadenza dei voli.
Gli ambientalisti temono effetti devastanti su habitat fragili, già minacciati dall’erosione e dall’innalzamento dei mari, mentre le autorità aeronautiche dovrebbero rivedere la Parte 450 del regolamento, varata solo pochi anni fa per conciliare rapidità e sicurezza.
Braccio di ferro tra aziende e attivisti

Per SpaceX, Blue Origin e Rocket Lab la bozza risponde a una richiesta precisa: ridurre a pochi mesi l’iter dei permessi, oggi stimato in circa 150 giorni, e garantire “un ordine di grandezza” di lanci in più entro il 2030. “Non possiamo aspettare un anno per un documento,” ha tuonato Elon Musk, che già nel 2024 definì il processo federale “più lento della costruzione di un razzo”.
Le organizzazioni statali, invece, denunciano l’esproprio delle competenze previste dal Coastal Zone Management Act: imporre spaceport e corridoi di lancio potrebbe sacrificare aree destinate a energia rinnovabile, turismo o protezione costiera. Il Congresso osserva con interesse: alcuni deputati bipartisan chiedono da tempo di rivedere le norme per battere la concorrenza cinese, ma resta da vedere se accetteranno un taglio così netto alle garanzie ambientali. Con il settore privato in pieno boom e la corsa alla Luna che si intreccia con interessi minerari e geopolitici, la decisione potrà ridefinire il rapporto fra innovazione, tutela del territorio e controllo pubblico del nuovo Far West spaziale.


