Una ricerca del fisico della Rice University Kaden Hazzard e dell’ex studente Zhiyuan Wang risulta essere rivoluzionaria. Lo studio condotto evidenzia matematicamente la potenziale esistenza di paraparticelle ritenute a lungo impossibili. Si tratta di particelle che non sono né bosoni e né fermioni. La meccanica quantistica ha sempre sostenuto che tutte le particelle rilevabili sono bosoni o fermioni. Questi tipi si distinguono per il modo in cui si comportano quando sono vicine ad altre particelle di un determinato stato quantistico.

I bosoni sono in grado di riunirsi in numero illimitato, mentre solo in un preciso stato può formarsi un solo fermione. Quest’ultimo comportamento è chiamato principio di esclusione di Pauli. Secondo tale principio, non più di due elettroni, ciascuno con spin opposti, possono occupare lo stesso orbitale in un atomo.

Intorno agli anni ’30 e ’40, i ricercatori cercarono di capire se potessero esistere altri tipi di particelle. La teoria delle paraparticelle è stata formulata nel 1953. Tuttavia, negli anni ’70, le analisi matematiche sembravano dimostrare che quelle che erano dette paraparticelle erano in realtà o bosoni o fermioni. L’unica eccezione consisteva nell’esistenza degli anioni, un tipo di particella che esiste solo in due dimensioni. Tuttavia, queste teorie non sono sempre vere nei sistemi fisici.

modello di spin 2D esattamente risolvibile su un reticolo 7 × 7 con condizioni di contorno aperte

Le scoperte di Hazzard e Wang sulle particelle

Hazzard e Wang cercarono di dimostrare che le paraparticelle potevano esistere. La loro esistenza implicava la piena compatibilità con i noti vincoli della fisica. I due si sono concentrati sulle eccitazioni nei sistemi di materia condensata come i magneti.

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Con la matematica avanzata, Hazzard e Wang sono stati in grado di svolgere calcoli algebrici astratti sviluppando modelli di sistemi di materia condensata in cui emergono paraparticelle. Hanno dimostrato che le paraparticelle si comportano diversamente da bosoni o fermioni. Esse, infatti, si comportano in modi strani quando scambiano le loro posizioni con gli stati interni delle particelle che trasmutano durante il processo.

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