Ogni volta che esce un nuovo film di M. Night Shyamalan fa sempre discutere, poiché è spesso un horror-thriller che mette al centro un plot twist eclatante che va a braccetto con la tematica attuale di cui si fa portavoce la pellicola. Trap, dal 7 agosto al cinema, non fa eccezione, o forse sì: ne abbiamo parlato col diretto interessato e con il protagonista Josh Hartnett, che il regista riporta sul grande schermo dopo la collaborazione con Guy Ritchie e Christopher Nolan e la parentesi seriale di Penny Dreadful e di un episodio di Black Mirror.

Hartnett interpreta un padre, Cooper, che insieme alla figlia adolescente Jody (Ariel Donoghue) si reca al concerto dell’idolo di quest’ultima, Lady Raven, per scoprire che si tratta in realtà di una trappola messa in atto dalle autorità per incastrare Il Macellaio, un serial killer che sta terrorizzando la città e che in realtà… è lui! Ecco cosa ci hanno raccontato nella nostra intervista al Fan Event nella capitale in occasione dell’uscita del film al cinema.

Trap: un film diverso dal solito per Shyamalan

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Josh Hartnett e Ariel Donoghue padre e figlia nel film

Già da questa premessa è intuibile come il film parta dallo Shyamalan Twist piuttosto che arrivarci, donando una tensione narrativa diversa alla pellicola, con un punto di vista differente e una maggior (auto)ironia. Racconta il regista indiano americano: “Quando realizzo un film voglio creare qualcosa di unico che catturi l’attenzione del pubblico, rispetto alle altre pellicole già esistenti. Qualcosa che ricordiate e che acchiappi il vostro cuore, che vi faccia dire ‘Ah sì me lo ricordo quel film!’

Riguardo alla location romana scelta per chiudere la promozione non ha dubbi: “Finire il tour del film in Italia è quasi simbolico, dato che non è la prima volta che vengo a presentarne uno, anche perché Roma rappresenta una parte importante della storia del cinema e di connessione con l’arte e la cultura. Sento che è il posto giusto”. Gli fa eco Hartnett: “Roma è la città più sexy del pianeta!”

Continua l’attore protagonista, sperando che il pubblico si diverta a vedere il film quanto lui si è divertito a girarlo: “Cooper è molto diverso e lontano dai personaggi che ho avuto finora l’opportunità di interpretare. Una grande sfida ma sapevo che Night era l’uomo giusto per aiutarmi a portarlo in scena e oltrepassare i limiti. Non viene da un algoritmo. È raro poter interpretare qualcosa del genere oggigiorno, forse un’opportunità unica nella vita, è molto oscuro come personaggio. Non vi dovete sentire in colpa se vi ritrovate ad amarlo e parteggiare per lui, deve avere un proprio fascino. Non significa che siete psicopatici (ride). Fa parte del gioco che Night ha abilmente messo in scena ed è una testimonianza delle sue abilità come regista”.

Un personaggio così estremo che per interpretarlo bisogna saltare il percorso emotivo e arrivare direttamente al premio, alle caramelle per così dire: gli manca l’empatia e sul set hanno discusso molto su come alcune persone si ritrovino ad essere così. Abbiamo chiesto al cineasta se ha uno Shyamalan Twist visto che è l’elmento che l’ha reso famoso nel mondo: “Il mio? Oddio non lo so… Questa è difficile: sono tutti miei figli. Non ne ho uno favorito”.

Il rapporto genitori e figli

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Saleka, la figlia di Shyamalan, è Lady Raven.

A proposito di rapporti familiari, Trap è un film tra genitori e figli davanti e dietro la macchina da presa. Tutto infatti è partito dagli Shyamalan come racconta il regista: “Casa nostra è come una mini-scuola d’arte (ride). Se entri trovi qualcuno che dipinge, qualcun altro che lavora con la ceramica, qualcuno che compone poesie oppure disegna vestiti, e così via. C’è una connessione artistica tra di noi e lo trovo un aspetto che ci unisce. Con Saleka, la mia figlia più grande, pensavamo ad un film che combinasse due di queste arti insieme, cinema e musica“.

Continua M. Night Shyamalan: “Volevo componesse un album appositamente per un lungometraggio e che i suoi testi parlassero agli spettatori, in modo ironico ed emozionante. Come inserirlo nella trama? Non volevo copiare troppo Purple Rain che è ambientato in un club e ci è voluto il luogo perfetto dove le persone potessero ascoltare un intero album: un concerto! Si adattava perfettamente alla storia e al fatto che il protagonista vi si trovasse intrappolato, non potendo uscire e guardando tutto dal punto di vista interno”.

Hartnett è invece più restio su questo fronte: “Se i miei figli vorranno diventare attori ovviamente li supporterò ma spero tanto non scelgano la carriera della recitazione (ride). Non gli darò certamente indicazioni in tal senso, anche perché sono loro a dirigermi: non ho rispetto a casa mia (ride). Sono ancora piccoli ma hanno già parecchie opinioni, sono molto perspicaci e di solito hanno ragione, quindi va bene così (ride)”.

Trap: quando lo Shyamalan Twist sta all’inizio, e non alla fine del film Trap: quando lo Shyamalan Twist sta all’inizio, e non alla fine del film

Dato che parliamo di figli, come si saranno trovati a lavorare in questo film da genitori? Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati. Dice Shyamalan: “Probabilmente sì. Perché Saleka è un’artista incredibile, questa è la ragione principale. La sua musica, il modo in cui abbiamo passato moltissimo tempo nel realizzare un vero concerto. È un concerto vero e proprio quello del film. Josh e gli altri interpreti recitavano mentre lo spettacolo proseguiva. Penso che l’amore che ho messo in quel concerto in parte fosse motivato dalla presenza di Saleka”.

Chiude Hartnett:  “Ho interpretato un padre quando ero più giovane, prima di avere figli e mi sono sentito un impostore. Ora non mi ci sento più. Mi sento come un uomo più adulto che ci è passato più di una volta oramai (ha tre bambini, ndr). Quindi mi sono sicuramente sentito più coinvolto come se ne avessi finalmente il diritto rispetto a quanto ero più giovane e ci provavo senza comprendere fino in fondo quel ruolo”.