Su Disney+, precisamente il 14 agosto 2024, arriverà la terza stagione di The Bear con tutti gli episodi disponibili al lancio, una delle serie più apprezzate del panorama contemporaneo, che ha avuto, tra i tanti meriti, quello di riportare in auge la narrativa audiovisiva legata alla cucina sul piccolo schermo e lanciare diversi attori, tra giovani talenti in attesa di fare il salto di qualità e volti che a breve diventeranno conosciutissimi al pubblico di tutto il mondo.

In occasione di questa nuova parte della serie originale Hulu si è tenuta la consueta Global Press Conference alla quale ha partecipato quasi il cast per intero: Jeremy Allen White, Ebon Moss-Bachrach, Ayo Edebiri, Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Abby Elliott, Ricky Staffieri Matty Matheson, che è anche produttore esecutivo ed autore.

Si è parlato dei punti fissi su cui si è improntata la nuova stagione, dei cambiamenti che ci sono stati sotto il punto di vista dell’impegno culinario e dell’evoluzione comune di tutti quanti i personaggi, accomunati da un sentimento preciso che li spinge insieme verso una direzione comune ben precisa. Durante la conferenza si è indagato soprattutto su questo, ma anche sul rinnovato ruolo del cibo, della città di Chicago e di qualche succosa curiosità.

“Le parole sono importanti!”

Il lavoro di scrittura di The Bear è sempre stata improntata su delle parole chiave, dei mantra che tornato e ritornano durante le stagioni divenendo dei modi per decodificare i significati nascosti nella storia raccontata nei vari episodi. Ma se i diretti interessati dovessero descrivere questa terza parte con un solo aggettivo? Potrebbe essere “elevazione“,  come suggerisce Ricky Staffieri, oppure “precisione” come dice Lionel Boyce, o, ancora “perfezione” o “dolore“, due parole molte legate secondo Abby Elliot. Ma perché no “sogno?”, una cosa molto buona o molto dannosa, stando a Jeremy Allen White e Ayo Edebiri. Una cosa su cui più o meno sono tutti d’accordo è l’espressione “non negoziabile“.

The Bear 3

Si guarda tutti nella stessa direzione.

Ma, a proposito di non negoziabile, una delle effettive parole chiave della stagione sin da subito, cosa c’è di non negoziabile in una serie come The Bear? Per Edebiri:

…siate gentili l’uno con l’altro e imparate bene le vostre battute.

Per Allen White invece è fondamentale:

Farsi vedere sempre preparati, ma anche puntali e, soprattutto restare sempre idratati.

Infine, per Elliot:

La cosa fondamentale è prendere sempre la vitamina C.

Nel trailer della terza stagione di The Bear, Carmy presenta a Sydney un accordo di partnership. Quindi magari un’altra parola chiave può essere proprio “accordo”. Ma cosa può significare una promozione per un personaggio del genere e, soprattutto, a quale tipo di evoluzione può portare ciò nella relazione tra i due giovani protagonisti?

Risponde Edebiri:

Una delle cose della stagione di cui ci occupiamo è cosa significhi per Sydney e cosa significherebbe quel passo successivo per la sua relazione con Carmy, che è qualcuno che penso che lei abbia davvero ammirato, ma ora è in un certo senso nel vivo degli affari. Ed è penso che sia molto più caotico di quanto lei potesse aver idealizzato prima che iniziassero davvero a lavorare insieme.

Risposta con cui è molto d’accordo Allen White, che sul suo personaggio aggiunge:

Penso che per Carmen non sia il miglior comunicatore del mondo, ma in questa stagione farà un grande sforzo per cercare di mettersi in contatto con Syd o la cucina o chiunque altro. E penso che mostrerà finalmente il suo modo di avvicinarsi al mondo. Spesso ho la sensazione che le persone non siano preparate a ricevere perché hanno sempre un sacco di cose per la testa al punto di perdere la consapevolezza di cosa succede intorno a loro.

The Bear – Stagione 2, la recensione: un nuovo modo di comunicare The Bear – Stagione 2, la recensione: un nuovo modo di comunicare

È sempre una questione di cibo

The Bear 3

Ayo Edibiri e Jeremy Allen White.

Com’è giusto che sia l’attenzione della Global Press Conference di The Bear 3 si sposta sul suo protagonista principale: il cibo. Questa volta infatti lo sforzo nel creare ricette è stato ancora maggiore rispetto che in precedenza, visto i piatti del menu nello show stesso cambiano abbastanza spesso. Come vengono prese le decisioni sulla creazione dei piatti? Quali sono stati i più difficili da realizzare?

Risponde Matty Matheson, interprete e produttore esecutivo dello show:

Sì, la nostra produttrice Courtney Storer si occupa anche di gran parte dello sviluppo del menù. Lavoro con lei e il suo team da tempo e con loro concepisco le idee su cosa Carmy e Syd potrebbero pensare riguardo la realizzazione di certi tipi di piatti, la creazione di un particolare menù e, infine, anche come si presenterebbero attraverso una lente culinaria. Abbiamo la fortuna di lavorare con chef davvero bravi e Courtney è incredibile nel seguire il processo e dar vita al cibo. Alcuni piatti erano più difficili di altri, per esempio molti dei dessert di Lionel e Marcus. La pasticceria è praticamente scienza, ci sono un sacco di cose che ci vanno dentro. Ma nel complesso, penso che si tratti solo di cercare di creare cibo bello e pensato e poi spingersi oltre i limiti.

The Bear 3

Jeremy Allen White in una tipica espressione.

Un altro dei protagonisti della serie è sicuramente la città di Chicago, che ha una sua grande tradizione culturale e dei ristoranti molto importanti, alcuni dei quali già presenti su schermo nelle stagioni precedenti. Ci sarà qualcosa di nuovo in questo senso anche in questa terza parte? Risponde sempre Matheson: “Stiamo semplicemente dimostrando che amiamo Chicago. Usciranno altri piccoli indizi in questo senso. Chris (Storer) ci tiene molto e ha contagiato tutti profondamente e penso che mostrare e mettere in luce molte cose meravigliose della città è una cosa che ci viene naturale.

È d’accordo Edebiri, che aggiunge:

Tanti ristoranti e tante persone che ci lavorano sono stati fondamentali per il nostro show e per aiutarci a realizzarlo. Che si tratti di veri chef che arrivano da posti fantastici di Chicago, che ci aiutano e ci insegnano, o ristoratori che ci lasciano usare le loro location. Abbiamo una bellissima relazione con tutti loro e siamo a tutti loro molto grati.

Il dolore si affronta insieme

In questa terza stagione di The Bear il dolore sembra essere una specie di fiume che scorre attraverso l’intero tessuto connettivo dello show. “Sì, ho la sensazione – dice Edebiri – che molti personaggi diversi abbiano un dolore che li ha toccati in modi diversi. Affrontare il dolore è senza dubbio uno dei fili conduttori della serie, quindi penso che il racconto dei vari processi sia fondamentale per questa stagione.

Le fa eco Moss-Bachrach, che aggiunge:

Direi che è uno dei punti di forza della serie e penso che il motivo per il quale collega così tante persone è che il dolore sia un sentimento che, semplicemente, scorre attraverso tutti quanti. Ed è forse una delle poche cose in comune che tutti condividiamo nell’esperienza umana. E quindi, sì, è sempre presente e ognuno lo affronta a modo suo. O decide di non farlo.

The Bear 3

Sempre Jeremy Allen White e Ayo Edebiri.

Un dolore che, nel caso di Carmy, è uscito fuori ancora una volta nell’incidente che lo ha riguardato nel finale della scorsa stagione, qualcosa che sicuramente avrà degli effetti su di lui e sul resto della squadra. Allen White commenta così:

Penso che Carmy faccia quello che fa dopo il frigo perché ne rimane scioccato: si seppellisce di nuovo nel suo lavoro e cerca i nuovo di sfidare se stesso, ma stavolta si spinge oltre, sfidando anche tutti quelli che lo circondano e penso che diventi anche piuttosto impegnativo stargli accanto.

In chiusura di conferenza stampa c’è stato spazio per un paio di curiosità: una riguardante Edebiri, che ha diretto un episodio della terza stagione di The Bear e l’altro riguardo una voce che vuole che questa ultima parte e la quarta siano state girate consecutivamente. Il commento dell’attrice sulla sua esperienza:

Sì, dirigere è stato fantastico. Mi è piaciuto molto. È come un sogno poter lavorare con la nostra troupe come attrice. E quindi, credo che per estensione della regia, quella sensazione sia stata solo amplificata. E poi, ho avuto modo di dirigere alcuni dei miei attori preferiti al mondo, e mi è sembrato un po’ una masterclass ma anche un dono. Tipo, ero nelle migliori circostanze possibili con dei veri maestri del loro mestiere al mio fianco e mi sono sentita molto fortunata.

Il commento di Allen White sulla seconda curiosità è invece molto sibillino. Un semplice: “Abbiamo fatto qualcosa del genere.