Trovare un utilizzo concreto per i computer quantistici, che vada oltre la risoluzione di problemi matematici e crittografici, è l’obiettivo del concorso lanciato da Google in collaborazione con la fondazione XPrize. La fondazione auspica di risolvere problemi mondiali, come ad esempio la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, la scoperta di nuovi farmaci per far fronte a problemi di salute sempre più complessi. E ancora, studiare carichi che possano risultare sostenibili per la rete elettrica.
Questi sono alcuni degli esempi di questioni che potrebbero richiedere l’utilizzo dei computer quantistici, il cui sistema funziona grazie al calcolo quantistico. Il calcolo quantistico si basa sui qubit che, grazie ai principi della meccanica quantistica, consentono di eseguire calcoli complessi e ad una velocità che supera quella dell’informatica tradizionale. In questo caso, infatti, il bit è l’unità fondamentale, e può essere nello stato acceso (1) o spento (0). Il qubit, invece, può trovarsi in due stati contemporaneamente, per questo le possibilità di studio e di sviluppo di nuove applicazioni aumenta di gran lunga rispetto a quella dei computer tradizionali.
Applicazioni, algoritmi e modelli di computer quantistici sono ancora da realizzare, per questo il concorso aperto dal colosso con XPrize mira ad indirizzare questo campo verso i problemi ad ampio raggio. E poiché si tratta di problemi che riguardano tutta la popolazione mondiale, il concorso si rivolge a chiunque sia in grado di applicare il calcolo quantistico per finalità che guardano al futuro. Il premio messo in palio da 5 milioni di dollari sarà suddiviso in un primo premio da 3 milioni di dollari, da assegnare ad un massimo di tre persone, un altro milione che verrà suddiviso tra un massimo di cinque finalisti, e 50 mila dollari condivisi dai 20 semifinalisti. In tre anni, i partecipanti potranno sviluppare le loro idee.
In linea di principio, sono molto ottimista sul fatto che troveremo algoritmi davvero utili. Non sono altrettanto ottimista sulla possibilità che nei prossimi tre anni riusciremo a capire questi algoritmi e di implementarli sui futuri hardware.
Bill Fefferman, esperto del settore e professore di computer science all’Università di Chicago