Expats, la recensione della serie tv di Amazon Prime Video

Se cercate uno show dedicato a protagoniste femminili, diverse, emancipate e che hanno ben chiaro ciò che desiderano ecco la serie che fa per voi. Si chiama Expats e la trovate disponibile su Amazon Prime Video dal 26 gennaio con i suoi primi due episodi. I restanti 4 capitoli per un totale di 6 approderanno con cadenza settimanale sulla piattaforma fino al 23 febbraio. Il mese di San Valentino lo potrete passare in compagnia di Nicole Kidman, il che non è affatto male. La serie affronta il dolore e la solitudine di tre donne le cui vite si intrecciano ad Hong Kong nel 2014. La tragedia le divide ma il dolore le rende unite. Sono tre protagoniste diverse, forti ed indipendenti che non si sovrappongono. Hanno ciascuna la propria visione della vita ed i propri obbiettivi e non si influenzano a vicenda. La maternità e l’essere madre è al centro della trama della serie. La regia di Lulu Wang riece a cogliere l’essenza di Hong Kong rendendo la città il quarto protagonista della storia. Ecco la nostra recensione di Expats.

Premessa doverosa: la serie tv è consigliata per la visione ad un pubblico adulto. Sono presenti tematiche davvero mature che difficilmente un bambino riuscirebbe a comprendere. Il pubblico che Amazon Prime Video desidera catturare con Expats è sicuramente quello adulto e maturo che riesce ad empatizzare con i personaggi perché magari ha vissuto le medesime esperienze o prova gli stessi sentimenti. 

Expats: un ritorno degli anni 2000

In periodo come quello attuale in cui siamo sempre più in cerca di serie tv o film con protagoniste femminili emancipate, in grado di rappresentare le donne che le spettatrici sono o sognano di essere ecco che Prime Video produce uno show non con una ma con ben tre protagoniste femminili. E nessuna è la copia carbone dell’altra. Per vissuto, desideri e ambizioni le tre protagoniste dalla serie sono singolarmente riconoscibili e uniche, legate dalla tragedia che tira le fila dello show. 

Expats si ambientata nei primi anni 2000 in particolare dal 2010 in avanti, periodo che il panorama televisivo e cinematografico (oltre che musicale) sta riscoprendo alla grande negli ultimi anni. Non a caso il successone Saltburn di Emerald Fennell, sempre prodotto da Prime Video si ambienta proprio nel 2006 e poi prosegue la sua narrazione fino ad arrivare ai giorni nostri. Siamo arrivati a quel punto nella storia in cui non proviamo più nostalgia verso i lontani anni ’80-’90? Ma iniziamo invece a percepire la mancanza dei primi anni 2000? Sarà che avendo superato il 2020, con tutto ciò che quel tremendo anno ha causato alla storia dell’umanità, ci sembra sia passata davvero un eternità. Forse anche l’eccessivo uso della tecnologia e dei social media che pervadono la nostra vita comportano un senso di malinconia verso periodi in cui l’uso dell’intelligenza artificiale era ancora una lontana speranza.

La serie è stata creata e diretta da Lulu Wang, regista molto lodata in passato per la sua maestria nella direzione di Awkwafina in The Farewell. Precisiamo che anche in questo caso, come ormai di consuetudine quando si tratta di serie tv oppure di film, lo show è l’adattamento sul piccolo schermo del romanzo best seller internazionale The Expatriates firmato dalla penna di Janice Y. K. Lee. Occorre sottolineare che il testo resta ancora inedito in italiano, perciò se desiderate leggerlo per poi confrontarlo con lo show non vi resta che approcciarvi alla lingua inglese originale. Ormai gli appassionati lettori possono sempre più sperare di vedere le loro storie preferite in salsa live action, almeno sul piccolo schermo. Questa nuova produzione Prime Video cerca di attenersi al romanzo portano la sua dose di originalità e imprevedibilità volta a stupire persino i lettori. 

Tre donne un grande dolore

La trama della serie ruota attorno a tre protagoniste interpretate da Nicole Kidman (che non ha di certo bisogno di presentazioni), Sarayu Blue (Non ho mai, Tutte le volte che ho scritto ti amo, Giù le mani dalle nostre figlie) e Ji-young Yoo (Girl Power, Smoking Tigers). Ciascuna di queste donne ha un vissuto diverso ed un futuro desiderato ancora più lontano dalle altre ma i loro destini si intrecciano a causa di una tragedia che le cambierà per sempre. 

Il ruolo principale lo riveste Nicole Kidman. La Kidman in Expats è Margaret, una donna che conduce una bella vita agiata grazie al lavoro che lei ed il marito hanno condotto fino al loro arrivo a Hong Kong. La città però porta con se i suoi problemi. Trasferendosi nella famosissima e popolatissima metropoli cinese Margaret si vede costretta a sospendere il suo lavoro da garden designer per accudire la casa ed i suoi tre figlie. Nonostante l’aiuto di una tata Margaret vuole essere una mamma attiva e presente nella vita dei suoi piccoli e questo contrasta con la sua carriera, complice il fatto che ha studio e clienti ancora in un altro stato. Il marito Clarke (interpretato da Brian Tee di Chicago Med e Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra), è un uomo d’affari che però non trascura moglie e figli. Non siamo in presenza di una famiglia solo di facciata. Sia Margaret che Clarke sono due genitori premurosi, affettuosi e presenti nella vita famigliare ma non per questo intendo rinunciare alla carriera. Purtroppo una tragedia li segna irrimediabilmente: fin dai primi minuti della serie capiamo che i due genitori non avevano solo due bambini ma 3. Come il terzo figlio, Gas, li ha lasciati non ve lo sveliamo. Il mistero e la dinamica della tragedia è più complesso di quanto potrebbe sembrare.

Sarayu Blue veste i panni di Hilary, la cognata di Margaret anche lei donna in carriera ma nel mondo della moda, che ha deciso di trasferirsi dall’India ad Hong Kong per costruire un futuro più roseo per lei ed il marito David (interpretato da Jack Huston di Fargo). Hilary e David vivono nello stesso palazzo di Margaret ma la loro storia non potrebbe essere più diversa. Quando Hilary e David si sono sposati erano entrambi d’accordo sul non avere figli. Desideravano vivere solo loro due assieme e costruire il loro nido d‘amore privato. Ora però le cose sono cambiate: David vorrebbe un bambino mentre Hilary non sembra convinta. Il marito prova a stare lontano dall’alcool da un anno e forse vede nella futura paternità un’ancora per resistere alla tentazione, un motivo solido per restare sobrio. Hilary invece non desidera la vita della sua amica Margaret. Non vuole rinunciare alla carriera per accudire i bambini, non crede di avere innato un istinto materno e non pensa che tale istinto potrebbe sboccargli nel momento in cui partorirà. La coppia affronta così una crisi che li porta ma mano sempre più lontani. 

La terza ed ultima protagonista della serie è Mercy (interpretata da Ji-young Yoo). A differenza delle altre due donne Mercy è ancora giovanissima ed ha letteralmente tutta una vita da costruirsi davanti a se. Non ha ben in mente ciò che desidera fare da grande ma quello che sa per certo è che vuole essere autonoma ed indipendente, soprattutto da sua madre. Per vivere da sola ha abbondato la Corea ed ha condotto diverse esperienze prima di approdare in Cina. Ha studiato alla Columbia ed ha conosciuto ricchi e viziati ragazzi della sua età che l’hanno fatta sentire inadeguata e pronta a tutto pur di mettersi in mostra, come vedrete anche nei primi capitoli dello show. Quando le cose sembrano sistemarsi e Mercy sembra aver incontrato qualcuno in grado di comprenderla davvero ed aiutarla senza doppi fini, la situazione precipita nel giro di pochi secondi. 

Il piccolo bambino di Margaret e Clarke legherà il destino delle tre donne di Expats in maniera profonda e che riuscirete a comprendere davvero soltanto episodio dopo episodio. 

Le tre protagoniste condividono il dolore per la perdita ma lo affrontano in modi completamente diversi, idonei a farci conoscere tutte loro attraverso le loro varie sfumature. Tutte cercano di andare avanti ma è davvero possibile dimenticare o anche solo proseguire il proprio cammino dopo una simile tragedia? 

Non vi sveliamo nulla in merito alle dinamiche degli eventi perché la scoperta deve essere lasciata al piacere della visione. Tutto non è come potrebbe sembrare all’inizio. Inoltre, grazie alla narrazione non lineare degli eventi, scoprirete diversi non detti man a mano che la stagione procede.

Le tre attrici riescono a rendere al meglio tutte le sfumature dei loro personaggi, pienamente compresi dalla regista. Tutti e tre meritano di essere menzionate per le loro interpretazioni, assai diverse, ma a primeggiare è senza dubbio Nicole Kidman. Non è una novità che Kidman dia il meglio di se all’interno di miniserie, sia perché attivamente coinvolta nel processo creativo e produttivo che perché interpreta sempre ruoli che la coinvolgono attivamente a livello personale. La Kidman è un’eccellente interprete e anche nel ruolo di Margaret mostra tutte le sue sfumature recitative. Chissà se anche Expats da miniserie limitata potrà trasformarsi in serie tv antologica o meno, come hanno fatto già in passato Big Little Lies e Nine Perfect Strangers. 

La maternità e il lato oscuro di Hong Gong in Expats

Come avrete intuito molto bene il tema centrale dello show è la maternità, affrontata da tanti punti di vista differenti: quello della madre che perde un figlio e deve proseguire la sua vita per il bene degli altri due bambini ma che non può sorvolare sul dolore che la sta lentamente divorando dall’interno, quello della cognata che non vuole diventare madre me non per questo non apprezza i bambini o stima di meno coloro che sognano di averne uno proprio ed infine quello che ragazzina che si sente responsabile di tutto. 

Le tre protagoniste incarnano tre posizioni molto differenti ma che servono alla regista per dimostrare quanto una donna non sia meno nobile di essere definita tale solo perché non porta in grembo un bambino. Lo show scalfisce preconcetti che da tempo non sono più propri della società moderna ma che in qualche modo finisco sempre per incollarsi all’immaginario femminile. Una donna può essere madre e donna in carriera senza venire meno ai suoi compiti, come può decidere tranquillamente di non essere madre. Il desiderio di avere in figlio proprio non qualifica una donna, ciò viene espresso a chiare lettera in più circostanze nel corso della serie tv. Le donne di Expats mostrano le loro vite non meno significative rispetto a quelle delle altre solo perché madri o meno. 

Se il concetto di maternità occupa gran parte della trama di Expats, il resto viene lasciato ad Hong Hong, il vero cattivo della storia. Molti idealizzano la città cinese come il porto dei sogni da realizzare, una sorta di moderna New York, ma sappiamo bene che non è così. Hong Kong è la città più costosa al mondo in cui la popolazione è marcatamente divisa tra coloro che sono ricchi, ma ricchi veri, e coloro che vivono all’interno delle case bara, appartamenti microscopici con letti chiusi all’interno di gabbie. Il divario sociale tra la popolazione di Hong Gong viene rimarcato a più riprese nella serie e lo percepiamo proprio mediante le abitudini comuni delle nostre tre protagoniste: se Margaret e Hilary vivono nel quartiere di Mong Kok, situato all’interno del distretto di Kowloon West e caratterizzato da gradi grattacieli a tantissimi piani, Mercy vive nel lato oscuro della città. 

Dal 26 gennaio ogni venerdì vi aspetta un nuovo episodio di Expats con Nicole Kidman, Sarayu Blue e Ji-young Yoo. Non fatevi impaurire dal rilascio settimanale, in questo caso funziona davvero bene e non vedrete l’ora che arrivi il venerdì per vedere lo show. 

80
Expats
Recensione di Chiara Giovannini

Maternità, divario sociale e ambizioni personali sono i temi centrali di una serie che tocca nel profondo e non lascia indifferenti. Hong Kong è il villain che nessuno poteva aspettarsi, emerge con prepotenza sotto le luci dei riflettori e diventa davvero difficile dimenticarsene. Expats è la nuova miniserie che mette in risalto ancora una volta Nicole Kidman, sempre strepitosa. 

ME GUSTA
  • Ottima la rappresentazione femminile e della maternità, il tutto avviene seguendo diversi punti di vista
  • Hong Hong viene mostrato mediante tutti i suoi lati
  • La distribuzione settimanale è congeniale per questo show
FAIL
  • Forse gli episodi potevano essere anche solo 4
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