Soprattutto da qualche anno a questa parte, la serie Persona ha assunto in Occidente un carattere mainstream che non aveva mai avuto al di fuori del Giappone prima dell’uscita di Persona 5, capolavoro che nel 2017 riuscì a giocarsi il premio di Game of the Year accanto a dei mostri come Super Mario Odyssey e The Legend of Zelda: BotW. Il successo di Persona 5 ha portato prima a P5 Royal, poi ad una serie di ulteriori uscite ispirate al suo mondo e personaggi, come P5 Tactica o P5 Strikers, fino alla remaster di Persona 3 Portable e Persona 4 uscita un anno fa. Atlus sta lavorando anche a nuovi progetti, come Metaphor Re:Fantazio, ma la volontà di cavalcare l’onda di un riuscitissimo Persona 5 è stata evidente in questi anni e quale miglior modo per continuare se non rispolverare i capitoli che ne condividono in maggior modo le meccaniche?
L’Ora Buia
Persona 3 Reload è un titolo mastodontico, capace di superare facilmente le 70 ore di gioco per essere concluso (senza saltare dialoghi e scene di intermezzo). Se non si è mai giocato al titolo originale, dunque, la prima run ha una durata importante principalmente dovuta a uno script decisamente corposo (per non dire prolisso), con ore e ore di dialoghi sia di trama principale che di eventi legati alle Affinità Sociali. A questo si aggiunge la scarsa azione, tra l’altro non esente da ripetitività, legata all’esplorazione nel Tartaro, unico momento in cui il gameplay abbandona il suo carattere Life Sim e si concede al battle system. Che si decida di ottimizzare le serate, come la serie insegna, o di concedersi più visite al Tartaro, Persona 3 Reload rimane un gioco con moltissimo testo da leggere, da spaventare persino gli amanti dei giochi di ruolo.
Si tratta di una premessa importante perchè la storia è interessante, per la maggior parte ben narrata e con una buona caratterizzazione dei personaggi, ma non è eccellente nè particolarmente dinamica, non ci sono grossi colpi di scena e il ritmo scorre senza picchi particolari. Tutta la trama ruota attorno all’Ora Buia, un’ora nascosta allo scoccare della mezzanotte che sovrappone al mondo reale una realtà tetra e infestata dalle Ombre, che attaccando gli umani li riducono in uno stato chiamato Sindrome Apatica. Durante questi 60 minuti il liceo Gekkoukan frequentato dai protagonisti del gioco si trasforma nel Tartaro, una torre altissima, contorta e mostruosa infestata dalle Ombre e solo chi ha il potere di evocare delle Personae può affrontarlo, nella speranza di scoprire cosa lo ha generato e come far scomparire definitivamente l’Ora Buia.
Per chi ha già visto Persona 5, il Tartaro è in pratica una versione molto più estesa del Memento; tuttavia la natura narrativa che lo relega a un’unica ora della notte (e in particolare a poche notti al mese) non gli permette di diventare davvero centrale nel gameplay, soprattutto per un gioco che si sviluppa su un calendario reale di quasi un intero anno. La trama principale inoltre avanza concretamente solo una volta al mese e, per quanto la si possa trovare interessante, finisce col soffrire di monotonia sul lungo termine.
Per chi però non teme lo script infinito o ha già apprezzato la storia sulle versioni precedenti, la trama di Persona 3 Reload rimane comunque godibilissima soprattutto per come riesce a sfruttare l’allora novità delle Affinità Sociali, eventi quotidiani in cui il protagonista sviluppa il proprio rapporto con altri personaggi, maturando sempre di più verso nuove consapevolezze e legami indissolubili, vero tema del gioco.
Per continuare il paragone, Persona 5 rimane su un altro pianeta grazie ai suoi temi e al modo in cui li affronta, ma deve comunque parte del merito al pionierismo di Persona 3.
Un remake che va sul sicuro?
Persona 3 Reload riparte da Persona 3 Portable, riprendendone tutte le novità e rimozioni di allora in termini di combat system e alcune meccaniche come quella della gelosia, rimasta un’esclusiva della versione PS2 del titolo. Rinuncia al walkthrough femminile (esclusiva di P3P) e, rispetto a P3FES, anche al poco riuscito capitolo aggiuntivo The Answer.
Partendo da questa base il remake di Atlus si evolve su due fronti: da un lato abbraccia tutto il gameplay core di Persona 5, come il combat system, l’interfaccia grafica e l’esplorazione urbana, dall’altro applica una serie di cambiamenti e novità con l’obiettivo di migliorare un’esperienza generale altrimenti stantia (i cosidetti Quality of Life improvements). Ne sono un esempio la gestione delle richieste di Elizabeth (adesso se ne possono accettare più di tre), gli SMS sul cellulare al posto di inutili e ripetitive cutscenes durante la pausa pranzo a scuola, il salvataggio più “flessibile” e la funzione Riavvolgi, che permette di tornare indietro fino a qualche giorno prima per magari cambiare qualche scelta o il modo in cui si è gestita un’Affinità Sociale.
Particolarmente apprezzabile la Mano Arcana a scelta (e non più legata a un frustrante shuffle), così come l’upgrade di alcuni item drop e la possibilità del Cambio (simile al Baton Pass di P5) quando si colpisce una debolezza del nemico, ma ci sono anche cambiamenti importanti non necessariamente per il meglio, come la scomparsa dello status di stanchezza (Tired/Good/Great) o la reinvenzione della Monade. In P3P, la Porta della Monade appariva alla fine della propria scalata del Tartaro e consisteva in dieci piani pieni di avversari temibili in cui salire di livello ad estrema velocità, permettendo un level up concentrato nella parte finale del gioco ma rapido e sostanzioso, adatto a un livello di difficoltà bilanciato fino a quel momento.
In Persona 3 Reload, le Porte (e i Passaggi) della Monade diventano apparizioni casuali tra i piani del Tartaro in cui si sconfigge un nemico o due per una buona quantità di PE e dei forzieri rari, con una gestione più diluita lungo l’intero walkthrough piuttosto che relegata al finale; il problema però è che le Porte della Monade che possono apparire per ogni serata nel Tartaro sono limitate e, una volta completate, bisognerebbe tornare un’altra sera per averne di nuove disponibili.
In questo modo il level up diventa molto dispendioso, soprattutto per le sfide opzionali finali, oltre che casuale e, purtroppo, insopportabilmente lento con animazioni inutili che rendolo il ritmo ancora più frammentato. Non aiuta poi il fatto che il Tartaro, nonostante sia stato ovviamente rinnovato, rimane un interminabile dungeon procedurale che costringe a ripetere centinaia di volte le stesse battaglie, gli stessi movimenti e le stesse scelte.
Novità
Uno dei principali problemi di P3P era la pessima distribuzione dei contenuti su due fronti: giorno vs notte e aprile-ottobre vs novembre-gennaio. In particolare entrambe le prime opzioni facevano soffrire le seconde, con le serate degli ultimi mesi dell’anno decisamente vuote e prive di qualunque attività, dove invece le giornate bastavano a malapena a massimizzare i vari Social Link.
Persona 3 Reload compie un notevole sforzo innanzitutto per arricchire le serate grazie a tre cambiamenti: l’aggiunta dell’area commerciale di Iwatodai, l’uso del computer condiviso e gli eventi Affinità con i compagni del dormitorio.
Iwatodai di notte replica quasi interamente la sua versione diurna, principalmente per aumentare qualche statistica sociale grazie al Wild Duck Burger e alla Cucina Wakamatsu, alternative più estetiche che funzionali al Centro Commerciale Paulownia. Il computer condiviso sostituisce i libri da leggere già visti in Persona 5 e permette di sfruttare la sera per aumentare statistiche (sociali o di combattimento) così come sbloccare nuovi bonus o vantaggi.
Gli eventi Affinità sono però la reale novità del gioco, sia perchè arricchiscono la caratterizzazione dei personaggi ma sopratutto perchè utili a sbloccare nuove peculiarità dei propri compagni: guardando una serie TV con Yukari, ad esempio, il costo delle abilità di cura del suo Persona verrà drasticamente ridotto, mentre leggendo manga con Junpei le sue percentuali di mettere a segno un colpo critico aumenteranno sensibilmente. Così molte delle serate vuote di P3P diventano piene e interessanti in Persona 3 Reload, finendo inoltre per arricchire lo stesso combat system e rendendo ogni personaggio specializzato in qualcosa. Questo permette al giocatore di scegliere lo stile che preferisce grazie a questi perks e in combinazione con le nuove Teurgie, mosse speciali che si caricano in base alla personalità e al modo di combattere e che consistono in attacchi devastanti o bonus per il team (come attacco raddoppiato).
Il problema di fondo, per quanto attenuato, purtroppo rimane: anche in Persona 3 Reload la distribuzione delle attività soffre uno sbilanciamento tra i primi mesi di gioco e gli ultimi, così come molte giornate rimangono fin troppo piene di possibilità a fronte di serate utili solo a migliorare le Statistiche sociali, passabili nella prima run ma terribilmente vuote nel New Game +.
Uno stile inconfondibile
Per quanto basato su un titolo uscito sette anni fa, la potenza estetica di Persona 3 Reload non tradisce le aspettative e si conferma immensa, spettacolare in quasi ogni dettaglio, dalle cutscenes animate al character design, passando per le splendide animazioni delle Teurgie. Il mondo di gioco in generale non gode della stessa qualità ma conferma uno standard stilistico della serie, in linea con i precedenti capitoli e volutamente approssimativo in favore appunto dell’estetica più che della grafica.
In termini di sonoro, basterebbe giocare qualche minuto a P3P e poi passare a Persona 3 Reload per rendersi conto del lavoro di totale riarrangiamento di ogni singola traccia, tema tra l’altro già caldo in quella che fu la conversione da PS2 a PSP. La colonna sonora di Persona 3 Reload dona nuova linfa ai theme originali e si candida ad entrare nella rotazione di ogni appassionato della serie, mentre i più nostalgici apprezzeranno il riutilizzo fedele di molti effetti sonori iconici della versione Portable.
Quello che proprio non funziona, a malincuore, è la localizzazione. Doppiato in inglese, Persona 3 Reload arriva con il supporto a diverse lingue europee incluso l’Italiano, ma il risultato non è certamente dei migliori e in alcuni casi si spinge verso l’imbarazzante o l’inaccettabile.
Tralasciando il gusto personale delle traduzioni dirette, come i nomi degli Arcani (il Matto, l’Appeso, la Papessa per citarne alcuni), lo script di casa nostra si lascia troppo spesso andare a strafalcioni grammaticali anche rilevanti (vedi foto sopra) e, soprattutto, ad adattamenti troppo libertini in particolare nelle Affinità Sociali, cambiando in modo determinante il senso di alcune risposte e interazioni. Per chi non padroneggia l’inglese rimane comunque un’opzione importante della quale bisogna essere felici, ma per chi ne ha la possibilità il consiglio è quello di godersi lo script in una delle due versioni originali (cambiando la lingua di sistema della console).
Quando si realizza un remake la speranza è quella di vedere ciò che ha reso memorabile il gioco originale elevato alla qualità dei nuovi canoni tecnici, mentre si vanno a migliorare tutti gli aspetti che non avevano funzionato la prima volta. Persona 3 Reload cerca di fare tutto questo e in alcuni casi ci riesce bene, ma rimane la sensazione che si limiti ad aver fatto un buon compito, senza mai essersi spinto verso un'eccellenza che poteva essere raggiunta limando alcuni aspetti. C'è tanto da celebrare e chi ha apprezzato P3P adorerà P3Reload, tuttavia in quasi ogni meccanica si avverte sempre un "però", un "potevano sistemare anche questo", un "si poteva fare di più".
- Migliora ogni aspetto di P3P
- Stilisticamente stupendo
- Alcune introduzioni ben azzeccate
- Lo script lunghissimo potrebbe scoraggiare
- Il Tartaro rimane troppo ripetitivo
- Distribuzione dei contenuti sbilanciata
- Localizzazione italiana da rivedere