Una serie televisiva, grazie in primis alla sua durata e a una struttura molto più ampia dal punto di vista narrativo, si presenta già di per sé in grado di soddisfare maggiormente l’appetito dei fan di una determinata saga letteraria. Percy Jackson, d’altronde, nella sua rimediazione a film per il grande schermo aveva – per necessità di durata e di narrazione – lasciato alcuni aspetti indietro, aveva solo abbozzato alcuni personaggi, concentrandosi su degli aspetti e mettendo in secondo piano degli altri. L’arrivo, pertanto, di una serie televisiva distribuita da Disney sulla propria piattaforma ammiraglia poteva essere l’occasione per dare nuovo lustro a un progetto che già a suo tempo aveva attirato buoni consensi e adesso punta a fare ancora di più. Abbiamo visto in anteprima i primi due episodi di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo e possiamo parlarvene, in attesa di poter vedere l’intera serie di 8 episodi totali e raccontarvi cosa ce n’è parso.

Un nuovo ladro di fulmini

Percy Jackson è un ragazzo di 12 anni che affronta la quotidianità della sua vita bersagliato dai bulli e tartassato dal fatto di essere una persona atipica. Schiavo di quelle classiche dinamiche da scuola americana, dove il più strano viene spesso messo in disparte, Percy non fa altro che, giorno dopo giorno, confermare a tutti che qualcosa in lui proprio non va bene. In realtà è tutto giustificato dal suo essere un semidio, senza che sia stato ancora in grado di scoprirlo. L’unico amico che inizia a stargli accanto, strano anche lui, è Glover, un ragazzo che riuscirà ben presto a fare breccia nel cuore di Percy e instaurare un rapporto molto forte, fino a quando anche lui – per necessità – non finirà per tradirlo, introducendolo a un mondo che, come gli racconterà sua madre, non si aspettava gli si sarebbe aperto dinanzi agli occhi.

La trama di Percy Jackson ripercorre in maniera molto fedele quella che era stata la narrazione della saga letteraria e che invece, come avevamo anticipato poc’anzi, il film era stato costretto a rivedere per compattare al più possibile l’intera vicenda iniziale. Con otto episodi a disposizione, i primi due si concentrano sulla rivelazione della natura di Percy e fanno cadere il metodico cliffhanger di fine episodio (tutti intorno alla mezz’ora di durata) su delle rivelazioni che scuotono il personaggio di Percy e lo spettatore stesso. A patto che arrivate vergini da qualsivoglia esperienza legata alla saga, perché nel caso in cui foste già a conoscenza di quella che è la natura del giovane Jackson non troverete alcun tipo di modifica in questa serie. Le tempistiche molto più dilatate e la possibilità di avere già solo per i primi due episodi un’ora a disposizione ha permesso agli showrunner di lavorare molto di più sui personaggi, a partire dal protagonista e da chi gli sta intorno.

A giovare di questa operazione è senz’altro Glover, che dopo aver fatto capolino nella vita di Jackson e aver rivelato la sua vera natura arriverà a godere di uno screen time a suo favore già nel secondo episodio, abbracciando non solo un conflitto interiore che lo porterà ad alcune riflessioni su ciò che ha fatto, ma anche a creare delle possibili diramazioni parallele con altri personaggi. Tra questi sicuramente Dioniso, la prima divinità che ci viene mostrata nel secondo episodio, al quale Jason Mantzoukas riesce a dare quell’atteggiamento sfatto e tracotante che tanto si addice al dio dell’estasi e dell’ebbrezza. Tra quelle che sono le figure che fanno il loro – giustificato – ritorno anche nella serie troviamo Chirone, il centauro che a New York ha le sembianze del professor Brunner e che guiderà Percy in quella che è la sua autodeterminazione, bersagliata – anche al campo dei mezzosangue – dai bulli.

Il fil rouge dell’emarginazione

Questo fil rouge che insiste sulla figura sempre emarginata e bullizzata di Percy, pronto a riscattarsi e a essere riscattato dall’intervento di quello che è il suo vero padre, divinità che si paleserà soltanto alla fine del secondo episodio, coronando il cliffhanger principe di tutta la storia, lega la condizione del ragazzo tanto negli Stati Uniti che in quello che è il regno degli dei. Un aspetto che potrebbe quasi passare per un accanimento un po’ scontato e necessario solo per giustificare quel canovaccio narrativo che porterà Percy a essere – supponiamo – temuto e rispettato in quanto figlio di una delle più potenti divinità greche. Ciò che la serie elide, invece, rispetto a quanto aveva fatto Chris Columbus nel 2010 (13 anni fa, sì) è tutto il preambolo riguardante la guerra che sta per scoppiare tra le divinità e che aveva condotto Zeus e Poseidone sulla cima dell’Empire State Building a contendersi il furto della sua saetta. Allo stesso modo, il Percy del film aveva 16 anni, era dislessico e soffriva di ADHD, ossia il disturbo da deficit di attenzione/iperattività: nella serie, invece, ha 4 anni in meno e a parte un’occasione in cui le lettere sembrano incrociarsi dinanzi ai suoi occhi, ma per motivi diversi, non lascia intendere avere problemi congeniti, ma solo una difficoltà a integrarsi nel mondo circostante.

Nel libro Percy aveva 12 anni, così come nella serie, e soffriva, come nel film, dei disturbi indicati precedentemente. Non vogliamo spaccare il capello a metà e preoccuparsi di quanto si sia deciso di rendere la serie fedele, perché la rimediazione di un prodotto passa inevitabilmente dalla revisione di alcuni aspetti e dalla reinterpretazione di elementi narrativi che rendono l’opera unica e singolare. Percy Jackson, per questi due primi episodi, si è dimostrata in grado di gestire in maniera molto precisa il ritmo di una serie televisiva, offrendo – come già detto – i cliffhanger al momento giusto e lasciando i novizi della storia pronti a scoprire, in maniera centellinata, tutti quelli che possono essere gli aspetti riguardanti la vita del giovane semidio. La stessa interpretazione del protagonista, qui il Walker Scobell già visto in The Adam Project (nel film era Logan Lerman, di recente visto in Bullet Train), sembra essere calzante con gli atteggiamenti richiesti a un ragazzo che viene calato all’improvviso in un contesto che non gli appartiene. Ripetiamo, però, che per ora sembra essere Glover il personaggio più interessante e in grado di ritagliarsi maggior spazio in generale in quella che è l’intera trattazione.

Con 6 episodi davanti a noi e altre rivelazioni che sicuramente non tarderanno ad arrivare, attendiamo con discreto interesse di scoprire in che modo Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo proverà non solo a mutare eventuali eventi che ci condurranno al finale della storia, ma anche come gestirà, dal punto di vista dell’infrastruttura dei VFX, eventuali scontri e momenti epici che dovranno essere declinati – ci aspettiamo – con la dovizia moderna, più avanzata rispetto a quella di dieci anni fa. Confidiamo, allo stesso tempo, di poter avere tra le mani maggior approfondimenti su altri personaggi che in questi altri 6 episodi potrebbero avere maggior screen time: pensiamo ad Annabeth Chase, ma anche a tutti gli altri figli delle divinità che verranno introdotti nel corso dell’avventura, dal figlio di Hermes alla figlia di Ares, passando anche per le stesse divinità Ares ed Efesto, già annunciate nel cast.