Secondo una stima, almeno 21 milioni di statunitensi sono dipendenti da almeno una sostanza. In alcuni casi si tratta di sostanze legali, come la nicotina contenuta nelle sigarette o nei prodotti per svapare, l’alcol, oppure i farmaci su prescrizione come ansiolitici, sonniferi e antidolorifici.
In altri casi la dipendenza riguarda droghe illegali: negli USA la dipendenza da cocaina, cioè la sostanza illegale più consumata in assoluto subito dopo la cannabis, riguarda tra lo 0,5 e l’1,7% della popolazione. Il fenomeno è difficilmente quantificabile ma secondo la “Relazione Annuale sul fenomeno delle dipendenze 2023” del Parlamento italiano, sarebbero circa mezzo milione gli italiani che hanno consumato cocaina, anche occasionalmente, nell’arco degli ultimi 12 mesi. Più facile ricostruire i numeri degli italiani che, dipendenti da sostanze, hanno iniziato un difficile percorso di disintossicazione chiedendo aiuto ai Servizi pubblici per le Dipendenze forniti dallo Stato: nel 2020 erano circa 120mila, soprattutto per l’eroina.
Per disintossicarsi la buona volontà non basta
Interrompere il consumo di alcune sostanze, come la nicotina, è complicato perché alla dipendenza psicologica – il piacere di fumare, spesso considerato un rito associato ad alcune circostanze sociali o individuali – si aggiungono i sintomi della dipendenza fisica.
Il paziente che interrompe improvvisamente il consumo di sigarette manifesta alcuni sintomi di gravità diversa, a seconda della quantità di sigarette che fumava abitualmente, ma anche della sua predisposizione personale: irritabilità, cattivo umore e aumento dell’appetito sono i più conosciuti, ma probabilmente anche i più gestibili. Tra le altre cose, immediatamente dopo l’interruzione del consumo di nicotina, ma più frequentemente nei giorni o nelle settimane immediatamente successive, sopraggiungono altri sintomi che generano un vero e proprio malessere fisico, come violenti mal di testa, nausea e in alcuni casi anche stipsi e diarrea. La fase più acuta di questa crisi d’astinenza dura tra le tre e le cinque settimane, ma alcuni ex fumatori possono sperimentare questi sintomi per diversi mesi. A prescindere, in genere si ritiene che un ex fumatore non sia guarito del tutto dall’astinenza prima che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima sigaretta.
Da ciò deriva che interrompere con successo l’assunzione di sostanze come la nicotina non richiede esclusivamente una robusta forza di volontà, ma anche una forte tolleranza di tutti questi sintomi. Da ormai diversi decenni, la medicina si interroga su come alleviarli, in modo da rendere la disintossicazione più facile, riducendo in questo modo il numero di persone dipendenti da sostanze – legali o meno.
In farmacia vengono venduti diversi prodotti pensati per rendere l’interruzione del consumo di nicotina meno traumatico, favorendo un percorso di riduzione graduale delle dosi assunte: la terapia a base di cerotti di nicotina prevede che il paziente riduca la dose circa ogni due settimane, comprando di volta in volta cerotti che rilasciano una quantità di nicotina minore. In questo modo il paziente si disabitua al gesto di fumare, eliminandolo dalla propria vita, ma riduce anche la quantità di nicotina in circolazione, manifestando in questo modo sintomi di minore gravità quanto interromperà del tutto l’uso dei cerotti.
I vaccini per combattere la dipendenze
Da relativamente poco tempo, la medicina ha iniziato ad esplorare la possibilità di creare dei vaccini in grado di ridurre significativamente o addirittura neutralizzare i sintomi della dipendenza. Molti degli sforzi – per ora con esisti infruttuosi – si sono concentrati proprio sulla dipendenza da nicotina, mentre ad ottobre di quest’anno alcuni ricercatori brasiliani hanno annunciato di aver realizzato il primo vaccino per curare la dipendenza da cocaina.
Sebbene questa frontiera sia guardata con estremo interesse dalla comunità medica, non manca una forte dose di scetticismo. Banalmente perché, anche se talvolta vendute sotto lo stesso nome, non tutte le sostanze sono uguali. «Se prendiamo il fentanil, beh, ne esistono centinaia di tipi diversi», ha ad esempio spiegato alla Cbc Marco Pravetoni, professore associato dell’università del Minesota. «Noi vorremo crearne uno in grado di essere d’aiuto in tutti i casi».
Nel 2022 Pravetoni ha collaborato con un team di ricercatori, tra cui la professoressa di neurobiologia della Columbia Sandra Comer, ad un vaccino che potrebbe ridurre la dipendenza da ossicodone, un tipo di oppiaceo, diminuendo le morti da overdose.
Un vaccino contro la cocaina fa ben sperare
Ad ottobre un team di ricercatori brasiliani ha sviluppato un vaccino chiamato “Calixcoca” per trattare la dipendenza da cocaina e crack. Nei test su animali, il vaccino induce una risposta immunitaria che impedisce alla cocaina e al crack di raggiungere il cervello, bloccandone gli effetti.
Se verrà approvato, sarà il primo vaccino al mondo per trattare la dipendenza da cocaina. La ricerca per lo sviluppo del Calixcoca ha già vinto un premio da 500.000€ agli Euro Health Innovation Awards ed è risultato efficace nei primi test sugli animali. Il vaccino sta ora entrando nella fase finale di sperimentazioni su esseri umani, e potrebbe ridefinire il trattamento della dipendenza.
Attualmente si stima che un consumatore su quattro di cocaina finisca per sviluppare una grave dipendenza e, di questi, meno del 20% riuscirà a smettere dopo una terapia di almeno cinque anni. I primi traguardi dei ricercatori brasiliani hanno già generato un forte interesse: oltre 3mila persone si sono già offerte volontarie per partecipare alla sperimentazione clinica.
Se i test clinici daranno risultati apprezzabili, ci vorranno comunque almeno altri tre anni per arrivare alla messa in produzione. I ricercatori sono ottimisti sul fatto che, in futuro, il Calixcoca potrebbe offrire un solido punto di partenza da cui sviluppare cure anche contro altre dipendenze, tra cui quelle da eroina e nicotina.