Alla Milan Games Week 2023 il roster degli ospiti si è fregiato anche di Patrice Desilets, nome noto per aver partecipato alla nascita di Assassin’s Creed in Ubisoft, nonostante se ne sia poi allontanato dopo un lungo periodo di gestazione. Sua la firma anche su Prince of Persia: Le sabbie del tempo, sempre di Ubisoft, nonché per aver dato vita, nel 2014, a Panache Digital Games, la software house che ha pubblicato Ancestors: The Humankind Odyssey, titolo che ha superato il milione di copie pochi mesi fa e che farà da preludio a un prossimo progetto non ancora annunciato, sul quale Desilets non ha voluto svelarci nulla. Abbiamo avuto l’occasione di trascorrere in sua compagnia qualche minuto per andare a sviscerare alcuni elementi riguardanti la sua carriera e l’importanza di Assassin’s Creed all’interno dell’industria.
LegaNerd: Patrice, Assassin’s Creed è diventata oramai un’icona dell’industria del videogioco. Qual è stato l’aspetto più stimolante e gratificante che puoi individuare in quello che è stato il processo iniziale di lavoro al franchise?
Desilets: Abbiamo costruito Assassin’s Creed partendo dall’esperienza che avevano su Prince of Persia e andandolo a riempire di tanti altri elementi che hanno rappresentato una bella sfida, a partire dalla folla, dalle numerose persone che abbiamo messo a schermo. Vedere tutti quei personaggi muoversi e avere la potenza delle console a nostra disposizione rappresentò qualcosa di davvero affascinante. Poi venne anche l’aspetto architettonico: avevano l’occasione di creare delle ambientazioni davvero uniche e in grado di sfruttare tantissime texture per dare a tutto ciò che volevamo un dettaglio e una consistenza particolare. Lo stesso combattimento ci aveva dato l’opportunità di esplorare nuove strade, di andare a scoprire nuove possibilità, arrivando anche al salto della fede. Quello è stato un momento importante dello sviluppo…
LegaNerd: Un qualcosa che ti ha toccato nel personale, vero?
Desilets: Sì, perché non sono un grande scalatore, anzi: soffro di vertigini. Ho una tremenda paura dell’altezza. Quando stavamo per finire Assassin’s Creed II siamo andati a San Gimignano (in provincia di Siena, ndr) e dovevamo salire sulla torre Grossa (52 metri di altezza, ndr). Lì le mie gambe si sono bloccate e sono rimasto giù, dicendo al team che poteva salire senza problemi, senza preoccuparsi di me. È stata una sfida, quindi, creare il salto della fede, ma è anche un qualcosa che mi ha segnato: in ogni mio gioco cerco di inserire quanta più verticalità possibile, quasi come se volessi combattere questa mia paura.
LegaNerd: E a proposito di sfide, quali sono quelle che hai vissuto nel far sì che potesse esserci un bilanciamento tra la libertà concessa ai giocatori e l’avere uno storytelling molto strutturato?
Desilets: Si tratta sempre di una sfida, a prescindere da tutto, di bilanciamento. Non tutti i giocatori sono curiosi e non tutti vanno a esplorare nella direzione giusta: spesso devi essere costretto a dire loro cosa fare, altrimenti rischierebbero di perdersi alcuni concetti. Ma allo stesso tempo non puoi forzarli a fare qualcosa di specifico: alcuni decidono di provare, di sperimentare, altri invece voglio andare da una direzione all’altra senza preoccuparsi di esplorare. Non c’è una formula magica per capire qual è la strada giusta da intraprendere come sviluppatore, perché è tutta una questione di tentativi. In Assassin’s Creed, ad esempio, avevamo la possibilità di accedere a una heat map, così da avere ben chiaro quali fossero le direzioni che il giocatore prendeva. Ci rendemmo conto che quasi nessuno andava sui tetti e quindi abbiamo provato a far sì che comparissero delle tracce, o quantomeno degli indicatori, che permettessero ai giocatori di capire che c’era questa possibilità: non li abbiamo forzati, ma solo aiutati, con un suggerimento, un consiglio a capire che offrivamo questa soluzione di esplorazione.
LegaNerd: Ti andrebbe di dirci qualcosa su quella che è la tua opinione su come la serie ha continuato a vivere da quando tu l’hai abbandonata?
Desilets: Sono sincero, avrei preferito non ricevere questa domanda. Quando gioco voglio divertirmi e allo stesso tempo quando faccio videogiochi lo faccio per continuare a divertirmi. Non ho giocato gli altri Assassin’s Creed, ma non per qualche motivo specifico: semplicemente non ho voluto continuare a curiosare su ciò che stavano facendo altri… E non chiedermi nemmeno del nuovo Prince of Persia!
LegaNerd: Allora restiamo sui tuoi Assassin’s Creed. Il fatto di avere la necessità di andare a rappresentare dei luoghi già esistenti è stato un problema? Vi ha creato una sorta di gabbia creativa dalla quale non siete riusciti a uscire?
Desilets: No, tutt’altro. Mi piace ricostruire ambienti che nascono dalla realtà, riprodurre l’architettura già esistente di un luogo. È molto più difficile creare qualcosa da zero: ho creato un’Africa del tutto nuova in Ancestors e me ne sono reso conto. Ma personalmente sono molto affascinato dalla possibilità di andare a recuperare dei posti già esistenti, fare rilevazioni sul territorio, come ti dicevo prima per San Gimignano, e poi andare a inserirli in un videogioco. Mi permette di lavorare con la realtà, di unire i due aspetti, oltre a – ti confesso – essere più facile per me che poi devo creare qualcosa.
LegaNerd: Ora entriamo nel momento nostalgia. Abbiamo qui con noi una copia di Paperino Operazione Papero, che fu il tuo secondo gioco. Ti ricordi quali furono le principali difficoltà all’epoca, soprattutto sul lavorare a un titolo che aveva molte restrizioni?
Desilets: È stato un videogioco grazie al quale ho imparato molto, anche perché ero davvero all’inizio. Il mio primo gioco è stato Hype: The Time Quest e poi nel 2000 è arrivato Donald Duck: Going Quackers (il titolo originale del gioco, ndr), che tra l’altro poi è uscito in tantissime versioni a seconda della piattaforma su cui è uscito. Le sfide sono state tante, anche qui, perché Disney ci aveva dato un buon numero di restrizioni e di guide da seguire. Ho avuto modo di capire come funzionava il design basato sui second-to-second, ma anche il flow da seguire per il level design, le fasi di trasformazione dell’ambiente che circonda il personaggio… però la sfida più grande fu sicuramente il riuscire a finirlo in tempo: quella è sempre la sfida principale! Anche perché avevamo dietro l’angolo il lancio per PlayStation 2 e fu molto complesso.
LegaNerd: Come mai? Solitamente l’arrivo di PlayStation 2 per molti team è stata una manna dal cielo.
Desilets: Sì, ma molti artisti pensavano di poter dare vita a qualsiasi cosa, anche cose incredibili, sfruttando la potenza dell’hardware della console. Ti racconto questa cosa: in uno dei livelli cittadini del gioco all’improvviso ci rendemmo conto che qualcosa non funzionava, che si bloccata tutto. Il lead programmer si rese conto che uno degli artist aveva collocato un oggetto, se ricordo bene era un cestino della spazzatura, in un angolo remoto del livello sfruttando una marea di poligoni. Loro erano convinti che si potesse fare, perché erano sicuri che PlayStation 2 avrebbe retto il colpo, come se fosse davvero un qualcosa di onnipotente: invece ci aveva fatto crashare il livello. Sembrava potessimo realizzare dei platform enormi, incredibili, ma insomma… ogni tanto pensare in piccolo fa bene!