George A. Romero è scomparso nel 2017, ma la sua eredità creativa continua a vivere. Uno dei principali fautori di tutto ciò è Paolo Zelati, che con Romero ha stabilito un rapporto profondo già vent’anni fa. Insieme hanno scritto il soggetto di Twilight of the Dead, l’opera postuma del regista. Vi proponiamo un’intervista fatta a Paolo Zelati, su Twilight of the Dead e sull’amicizia che lo ha legato al filmmaker de La Notte dei Morti Viventi.
Come nasce il progetto Twilight of the Dead?
Nasce in Florida, quando ero in vacanza con George. In una conversazione dopo cena si parlava di Land of the Dead (La Terra dei Morti Viventi ndr), che secondo me non era concluso, perché mi faceva pensare a dove questi zombi andassero. E George mi chiese ‘secondo te dove vanno?’, ed io glielo dissi, e da lì è nato tutto il progetto. George si era reso conto che la saga non era terminata. Assieme, nei giorni successivi, in maniera veloce e naturale abbiamo creato il soggetto di Twilight of the Dead, che si ricollega a Land of the Dead, saltando Survival e Diary, che non sono in successione. Si tratta di un sequel diretto.
Che impatto può avere sulla saga dei Morti Viventi questo film?
George voleva chiudere con questo film la sua saga. Politicamente e tematicamente era intesa come la chiusura del cerchio.
Questo era il film che George A. Romero avrebbe voluto fare se fosse stato ancora in vita?
George ha iniziato la sceneggiatura, e poi è morto. Perciò, io assieme alla moglie Susan, abbiamo deciso di continuare. Così ho chiamato Joe Knetter e Robert Lucas per scrivere la sceneggiatura, che è finita nel 2019, cercando di mantenerci il più vicini possibile all’idea di George. Abbiamo partorito le idee assieme, e siamo arrivati ad essere molto vicini a ciò che voleva lui. Per me è stato un grande atto di amore nei suoi confronti. Io ero molto amico suo, e mi manca tantissimo. Portare avanti la sua legacy, chiudere per lui con un film che sia il meglio possibile, è una grande cosa da un punto di vista di cuore. Sono nato fan dell’horror, ho speso tutta la mia carriera su questo genere. Diventare amico di Joe Dante, Toobe Hooper e George, con l’idea di chiudere la saga horror più significativa del genere è una cosa da fiaba. Sarebbe stato bello però farla con George.
Com’è lavorare nel cinema americano?
Posso dire che è dura, it’s Hollywood, baby. Ho avuto la fortuna d’incontrare dei produttori eccezionali. Poi è un periodo particolare, perché Hollywood è nel calvario più totale. Stiamo aspettando lo sciopero degli attori per fare il casting. Non è facile dare una risposta obiettiva in questo momento.
Com’è nato il legato tra te e Romero?
Ci siamo conosciuti nel 2001 al Festival di Torino. Stavo iniziando a lavorare sul mio libro American Nightmares, io lo cercavo ovunque si spostasse per fare la sua intervista, che è quella più lunga del libro, assieme a quella su Tobe Hooper. Questo legame è arrivato al suo coronamento nel 2016, con l’omaggio al Festival del Cinema di Lucca fatto a George. Quello è stato un momento commovente.
Cosa direbbe Romero della crisi del cinema di oggi?
Si farebbe una risata. Ha combattuto per tutta la vita con le case di produzione. Troverebbe il modo di sdrammatizzare, anche perché dopo cinquant’anni di carriera ne aveva viste di tutti i colori. Era abbastanza disilluso.
Secondo te George A. Romero avrebbe diretto un cinecomics?
Non glielo avrebbero fatto fare. Joe Dante ha fatto un capolavoro come Looney Tunes Back in Action, ed ha dovuto lottare con la Warner Bros. George, come altri, erano considerati già prima di oggi registi vecchi. Il target per quelle produzioni rimane tra i 12 ed i 18 anni, a livello di pubblico. Ad un certo punto non si considera neanche il talento per i registi. I sopravvissuti del grande cinema sono bloccati, ad esempio Joe Dante.
Qual è lo stato del cinema americano ad oggi?
Nel cinema americano c’è il flop dello streaming. Le major hanno capito che lo streaming è una bolla che è scoppiata. Lo sciopero degli sceneggiatori parte da lì. Ci sono state una quantità incredibile di serie, e la qualità è davvero bassa. Lo stesso Joe Dante mi ha detto che voleva vedere una serie su una piattaforma, si è iscritto per una settimana ed ha lasciato. E tanti altri fanno così. Hollywood deve fare i conti con questo. Il cinema sta facendo, invece, grande successo. Avatar 2 ne è un esempio, ed anche una immondizia come The Nun 2 ha spaccato. Ad Hollywood ora stanno vedendo che la gente al cinema continua ad andarci.
Secondo te l’horror gode di buona salute?
Sono anni che l’horror è fermo. Stiamo parlando di un genere ciclico, e negli ultimi dieci anni esiste poco o niente a riguardo. La gente ha innalzato It Follows e Nope, e poi detesto l’Elevetad Horror, con tutte le dinamiche del politically correct che vengono sbattute lì per forza. Anche Barbarian ed Us mi sembrano robaccia. E poi non sopporto Ari Aster.
Cosa ne è rimasto dell’eredità artistica di George A. Romero?
Tantissimo. Lui ha influenzato così tanta gente, da aver creato un mondo nuovo. Ha tolto le ragnatele dell’horror gotico, portandolo nella contemporaneità, e questa è un’eredità che non finirà mai. Speriamo con Twilight of the Dead di migliorare il suo ricordo, facendo vedere alla gente come lui voleva concludere la sua saga. Spero che si possa girare il più presto possibile.