Diabolik – Chi sei?, la recensione: il trionfo della teoria

Diabolik - Chi sei?

L’espressione “il cerchio si chiude” è spesso abusata, oltre che essere molto didascalica, ma in questa occasione è assolutamente azzeccata. Il primo motivo è che una frase del genere potrebbe benissimo essere una battuta di uno dei personaggi del film di cui stiamo per parlare (forse anche per le due caratteristiche sopra indicate) e il secondo è che la primissima volta che abbiamo avuto modo di dare uno sguardo alla trilogia dedicata al Re del Terrore dei Manetti Bros. era proprio alla Festa del Cinema di Roma (qui potete leggere il nostro racconto dell’evento), dove, a due anni di distanza, questo ultimo capitolo è stato presentato, nella sezione Grand Public del 2023.

Nella recensione di Diabolik – Chi sei?, in sala dal 30 novembre con 01 Distribution, vi parliamo infatti della conclusione del percorso back to back dei registi romani al servizio del celebre personaggio creato dalle sorelle Giussani (specifichiamo “dei registi romani”, perché non si può essere ancora certi di come continueranno le avventure del ladro di Astorina sul grande schermo), arrivata in un clima diametralmente opposto rispetto a quando furono svelati i primi minuti del capitolo d’apertura.

Il protagonista era Luca Marinelli, sostituito nel secondo film, Diabolik – Ginko all’attacco (qui la nostra recensione), da Giacomo Giannotti, le musiche originali erano di Manuel Agnelli e tutto quello che veniva mostrato rimandava ad un noir d’atmosfera reinventato in una chiave pop attuale, forte di un impianto produttivo importante e mosso da un’ambizione enorme. Non a caso il cast era completato da Miriam Leone e Valerio Mastandrea, a cui poi si è sommata la presenza di Monica Bellucci, altri tre poli attrattivi.

Il proseguo ha poi spento l’entusiasmo iniziale, rivelando un progetto che si è andato via via distaccandosi dal pubblico per chiudersi un po’ in se stesso e nella sua enorme cura filologica, miscelata con il credo dei Manetti, votati al cinema di genere.

Questo Diabolik  – Chi sei?, adattamento cinematografico del centosettesimo albo dell’omonimo fumetto, è una sentenza sulla progressiva incurvatura del progetto nella direzione degli autori, che infatti fanno il verso ai due intro precedenti, modificando la costruzione del colpo presente nel secondo e ribaltando l’inseguimento del primo, sostituendo il buio e il leader degli Afterhours con la luce del sole e un featuring tra i Calibro 35 e Alan Sorrenti. Una soluzione anche interessante, ma che poi si sgretola.

La nascita della pantera nera

C’è un nuovo pericolo in città. A Clerville fa infatti la sua comparsa una banda di violenti rapinatori che toglie la luce dei riflettori da Diabolik (Gianotti) e Eva Kant (Leone), persino nella mente dell’ispettore Ginko, che decide di dedicarsi, insieme al fido sergente Palmer (Pier Giorgio Bellocchio), alla loro cattura, anche a costo di limare qualche rigidità della sua famosa etica professionale.

L’ultimo colpo del terribile gruppo finisce con il coinvolgere però anche il Re del terrore, che, per recuperare ciò che gli interessa, decide di mettersi a sua volta sulle tracce dei malviventi, imbattendosi, suo malgrado, nel suo arcinemico, con cui sarà addirittura costretto a fare squadra per togliersi d’impaccio.Diabolik - Chi sei?

L’incontro / scontro tra i due personaggi getterà finalmente luce sul passato di Diabolik, che deciderà di raccontare all’ispettore delle sue origini, considerata la gravità della situazione in cui entrambi ormai vertono, nel più classico dei faccia a faccia risolutivi che pretende ogni “storia d’amore” tra fuggitivo e inseguitore che si rispetti.

A salvare la situazione dovranno quindi pensarci questa volta le donne che li amano, Eva Kant e la Duchessa Altea (Bellucci), le quali si troveranno però ad intraprendere una corsa contro il tempo per riuscirci.

Un film progettato a tavolino

La bellezza di Diabolik – Chi sei? è in gran parte nella sua prima parte. I Manetti mettono tutta la loro non sottovalutabile conoscenza del cinema di genere, rimandando anche in qualcosa al Diabolik di Mario Bava del 1968 e riuscendo a giocare con un montaggio per ribaltare il solito modus operandi totalmente dichiarativo con cui il Re del terrore compie le sue imprese.

Lì c’è la dinamicità, ci sono i rimandi al poliziesco italiano anni ‘80 e la presentazione della banda, che funziona fino a quando il film non diviene un interno totalmente parlato e in cui l’azione diviene talmente estremizzata nella sua ricerca alla fedeltà al fumetto da divenire veramente troppo rigida e così risultare poco credibile sul grande schermo.

I Bros. azzeccano il casting (tolto Paolo Calabresi, che è bravissimo, ma qui accusa un po’), che è anche migliore del secondo, perché, oltre ad una piccola parte per una buonissima Carolina Crescentini, per il gruppo di rapinatori viene scelto un grande caratteristica come Mario Sgueglia e i due attori di Margini, Francesco Turbanti ed Emanuele Linfatti (di cui i Manetti erano produttori), tutti veramente in forma. Male che il ruolo del personaggio di Sgueglia venga depotenziato dalla presenza dell’avvocato di Massimiliano Rossi (forse lui è l’altro interprete un po’ fuori ruolo) perché il suo phisique du role avrebbe permesso al personaggio di avere un peso e una conformazione da rivelazione della pellicola.
Diabolik - Chi-sei?

Un peccato insomma perché questo cambio di ritmo e di focus sfilaccia il film, che finisce con il diventare una cornice molto poco interessante dove racchiudere il flashback in bianco e nero delle origini di Diabolik, che non beneficia per nulla dei suoi richiami ad altri cinecomic d’oltreoceano, inaugurando delle trovate discutibili, anche per una trilogia con un carattere così estremo come questa.

Persino il tentativo di chiudere il film con un terzo atto al femminile non riesce a risollevare la situazione. Un po’ per i problemi di messinscena dell’azione sopra descritti e un po’ perché entrambe le protagoniste ci arrivano piuttosto sfibrate. La duchessa nonostante dei tentativi di irrobustita, mentre Eva Kant perché messa alla berlina da una scrittura che progressivamente la abbandona. E pensare che nel primo capitolo era la cosa migliore del film.

Diabolik – Chi sei? inizia con un carattere preciso, dando l’impressione di una volontà dei Manetti di arricchire il loro immaginario legato al personaggio per poi spengersi e, tolta la cura manicale per costumi, per i dettagli scenografici e per le parole e le inquadrature della carta stampata, assume la forma di un compito, che i fratelli dovevano portare a casa per chiudere la trilogia. Un cinema che già era piuttosto teorico, freddo e chiuso, alla fine abbandona qualsiasi tentativo di apertura verso il pubblico, e lo diventa del tutto.

Diabolik – Chi sei? arriva in sala dal 30 novembre con 01 Distribution.

50
Diabolik - Chi sei?
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Diabolik - Chi sei?, presentato nella sezione Grand Public della 18esima Festa del Cinema di Roma, è la conclusione della trilogia dei Manetti Bros. dedicata al leggendario personaggio creato dalle sorelle Giussani con protagonisti Giacomo Giannotti, Miriam Leone, Valerio Mastandrea e Monica Bellucci. Una conclusione che diviene man mano totalmente teorica in cui gli autori danno l'impressione di lasciare man mano sfilare ogni tentativo di arricchire l'immaginario in modo coerente, finendo con il concentrarsi solo sul compito di chiudere cerchio. Peccato perché la prima parte è invece molto interessante, muscolare, dinamica e in linea sia con il cinema che ha sempre smosso i Manetti, ma anche arricchente per il loro lavoro sul ladro di Astorina.

ME GUSTA
  • La prima parte della pellicola.
  • Il casting della banda di rapinatori.
  • La solita enorme cura filologica.
FAIL
  • Secondo e terzo atto teorici e chiusi in se stessi.
  • Alcune soluzioni, soprattutto nelle scene di azioni, poco credibili.
  • L'incredibile depotenziamento del personaggio di Eva Kant.
  • La scelta di avvicinare l'immaginario delle origini di Diabolik ad un altro titolo oltreoceano.
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