Per molti anni la tecnologia non è stata all’altezza delle nostre aspettative sulla realtà virtuale, le cui applicazioni si stanno diffondendo solo da pochi anni, ma cerchiamo di capire da dove è nata e come si è sviluppata nella storia.
La realtà virtuale, se dovessimo in brevissimo riassumere uno dei mondi più complessi degli ultimi anni, è un ambiente informatico tridimensionale che consente di includere una persona utilizzando vari mezzi tecnici. Niente di più rispetto a questa citazione, tuttavia e proprio in questo contesto che si può sviluppare un vero e proprio universo. Innanzitutto la realtà virtuale presuppone un’immersione parziale o completa in esso, gli effetti creati vengono proiettati sulla coscienza umana e consentono di provare sensazioni il più vicino possibile a quelle reali. Per molto tempo, la realtà virtuale è sembrata solo un concetto di fantascienza oppure qualcosa di assolutamente inarrivabile per scopi quotidiani. Oggi, attraverso gli innumerevoli utilizzi in qualsiasi campo, non è più un sogno e tutti possono immergersi nell’eccitante mondo dell’illusione digitale.
E ovviamente da quando la tecnologia ha cessato di sembrare pura fantasia, moltissimi addetti ai lavori tra i quali scienziati, inventori e futuristi hanno iniziato a rendersi conto che la combinazione di headset e attrezzature potrebbe trasportare una persona in mondi completamente nuovi, lasciando i piedi nel mondo reale ed è in questo punto della storia che ci si è iniziati a domandare quanto sia giusto andare oltre. Tuttavia l’interrogazione sulle varie derivazioni della Realtà Virtuale sono all’ordine del giorno, ma da dove tutto è nato si sta pian piano diradando. Iniziamo con il principio da concetto di “realtà artificiale” che fu introdotto da Myron Kruger, un’artista informatico americano, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, per poi essere ripreso nel 1989 da uno scienziato nel campo della visualizzazione dei dati e delle tecnologie biometriche, il filosofo e futurista Yaron Lanier che propose anche un altro termine: “realtà virtuale“.
La nascita del mondo virtuale.
Morton Heilig, già dalla metà del XX secolo, parlò del cosiddetto “cinema esperienza” (come da lui venne definito) che poteva coinvolgere tutti i sensi in maniera realistica, immergendo lo spettatore nell’azione che si svolgeva sullo schermo, ma mai avrebbe pensato che alcune decine di anni dopo si potesse vivere a 360 gradi un’esperienza di questo tipo. Costruì all’epoca un prototipo della sua visione, chiamato Sensorama, nel 1962, insieme a cinque film che questo apparecchio proiettava e che coinvolgevano quasi tutti i sensi (vista, udito, olfatto, tatto). Costruito prima dei computer digitali, il Sensorama era un dispositivo meccanico che funziona ancora oggi.
Alcuni anni dopo si decise di sviluppare al meglio questo prototipo e fu così che nel 1968 Ivan Sutherland, con l’aiuto del suo studente Bob Sproull, creò quello che è considerato il primo sistema di realtà virtuale con visore. Era primitivo sia in termini di interfaccia utente sia di realismo, il visore da indossare era così pesante da dover essere appeso al soffitto e la grafica era costituita da semplici stanze in wireframe. L’aspetto di quel dispositivo ne ispirò il nome, La Spada di Damocle. Tuttavia la strada era ormai segnata, continuando negli studi il primo passo decisivo verso l’ipermedia, e il primo dispositivo che possa essere considerato di realtà virtuale, fu l’Aspen Movie Map realizzato sotto forma di software dal MIT nel 1977. Il principale scopo di quel simulatore era quello di ricreare virtualmente Aspen, cittadina del Colorado; agli utenti era concesso di camminare per le vie in modalità estate, inverno e in modalità poligonale.
Mentre le prime due modalità erano indirizzate alla replica di filmati delle strade della cittadina, la terza si basava su una poligonazione tridimensionale, con una grafica scarsa visti i limiti tecnologici di allora. Si dovrà aspettare del tempo per far nascere proprio il termine di realtà virtuale, precisamente il 1989 anno in cui Jaron Lanier fondò la VPL Research (Virtual Programming Languages, “linguaggi di programmazione virtuale”).
Seppure siamo in un campo sempre più avanzato lo scindere il mondo virtuale da quello reale è ancora possibile e questo è dato principalmente che ancora ci sono dei sensi non particolarmente “stimolati” come olfatto e tatto. Questo sembra derivare prevalentemente dal fatto che nell’uomo è la vista il senso dominante, motivo per cui gli ambienti virtuali devono essere caratterizzati innanzitutto da qualità visive eccelse, capaci quindi di presentarsi anche come sostituti della realtà, mentre invece gli altri sensi sembrano avere, almeno agli esordi della realtà virtuale, un peso meno influente.
Il mercato delle realtà virtuale e/o aumentata è già diventato da un miliardo di dollari e si prevede che continuerà a crescere ben oltre i $120 miliardi entro pochi anni
Negli anni novanta comunque la realtà virtuale riesce a fare breccia diventando anche un vero punto di riferimento in ambito culturale fino al suo disuso purtroppo a cavallo degli anni duemila. Da realtà virtuale (parola appunto quasi accantonata) si inizia a parlare e discutere di una nuova tecnologia: realtà aumentata, che si basa sull’ampliamento o sull’integrazione della realtà circostante con immagini generate al computer, con degli sviluppi ad oggi molto inclusivi in vari campi, dalla medicina, al turismo per passare al mondo videoludico.
Dalle illusioni ottiche al 3D e VR
Tutto è iniziato con immagini volumetriche.
L’interesse per loro assunse per la prima volta una forma specifica a metà del XIX secolo. Dallo stereoscopio a fessura più semplice di Elliot nel 1829 e il design a due specchi di Charles Winston nel 1832, alla somiglianza dei primi occhiali stereoscopici di David Brewster nel 1849 e gli occhiali Holmes-Bates leggermente più eleganti del 1860. Nei primi dispositivi stereoscopici, due immagini piatte identiche erano posizionate ad angoli diversi e il cervello umano percepiva questo come un’immagine tridimensionale. Dopo hanno iniziato a utilizzare una scatola a tenuta di luce, coppie stereo di fotografie e lenti prismatiche. Successivamente è stato possibile rendere il design ancora più semplice e leggero: senza scatola, solo con oculari prismatici e coppie stereo. La “cuffia” usa difatti uno schermo per proiettare parte di una scena virtuale sull’intero campo visivo dell’utente e col movimento della stessa la scena osservata cambia di conseguenza.
Lo schermo proietta 2 immagini, una per ciascun occhio. Quello destro vede un’immagine leggermente spostata verso destra rispetto all’occhio sinistro. Questo sistema è detto stereoscopia e imita la visione reale creando l’illusione di una scena tridimensionale.
Per rendere più completa l’esperienza di realtà virtuale, uno degli strumenti più usati è appunto la cuffia che esegue il movimento della testa e degli occhi, e modificando di conseguenza la scena proiettata, la persona può guardare in maniera naturale lo spazio virtuale. Per seguire il movimento di braccia e gambe dell’utente si può usare un dispositivo separato che riflette sul corpo raggi infrarossi, che così può interagire con l’ambiente virtuale. Ma nel futuro questi visori avranno modo di fare breccia? I caschi per la realtà aumentata possano andare oltre i gamer e i professionisti e diventare una vera e propria piattaforma tecnologica, piuttosto che un semplice accessorio da utilizzare di tanto in tanto.
Le attrezzature AR e VR disponibili oggi hanno punti deboli molto specifici, come afferma anche Tony Fadell, ex dirigente Apple che ha contribuito allo sviluppo degli IPhone. Lo stesso Fadell aggiunge che nel prossimo futuro i caschi per la realtà aumentata potranno essere come gli smartwatch, popolari, creando anche una piccola “moda”, ma ad oggi non hanno la potenzialità per diventare rivoluzionari come uno smartphone. Inoltre, sempre secondo il tecnico ex Apple, questo piccola rivoluzione all’interno del mondo della realtà aumentata non accadrà per almeno i prossimi cinque anni e come possiamo immaginare in cinque anni le tecnologie possono compiere passi da gigante, ma anche ridimensionare i propri focus ricordando che:
Il cambiamento è inevitabile e tiene fede alla realtà. Il metaverso è un’evoluzione naturale. Il cambiamento rende peccatori i santi, e viceversa. Allo stesso modo, l’uomo nasce dalla cenere, si trasforma in divinità, e infine torna alla cenere
Robert Charles Wilson