Uno studio recente pubblicato su Nature ha rivelato l’esistenza di un tipo di cellule cerebrali precedentemente sconosciute, chiamate astrociti glutammatergici, che svolgono un ruolo cruciale nella regolazione della memoria, dell’apprendimento e del movimento. Questa scoperta è il risultato di una ricerca internazionale in cui l’Italia ha giocato un ruolo significativo.
Gli astrociti glutammatergici rappresentano una terza categoria di cellule cerebrali, oltre ai neuroni e alla glia, che sono state a lungo considerate la parte non neuronale del cervello, responsabile di fornire supporto strutturale, nutrimento e regolazione dell’ambiente encefalico. Queste nuove cellule sono caratterizzate da alcune peculiarità, tra cui la capacità di rilasciare il neurotrasmettitore glutammato, una caratteristica precedentemente attribuita solo ai neuroni.
La ricerca è stata condotta sotto la guida del professor Andrea Volterra dell’Università di Losanna, in Svizzera, con la collaborazione della farmacologa e neuroscienziata Ada Ledonne, ora ricercatrice presso l’Università di Roma Tor Vergata e l’Irccs Santa Lucia. Questo studio ha dimostrato che gli astrociti glutammatergici influenzano l’attività neuronale, la neurotrasmissione e la plasticità sinaptica in importanti circuiti cerebrali associati all’apprendimento, alla memoria e al controllo del movimento.
In particolare, è emerso che questi astrociti svolgono un ruolo chiave nella regolazione del circuito cerebrale coinvolto nel controllo del movimento, noto come sistema dopaminergico nigrostriatale, la cui disfunzione è legata alla malattia di Parkinson. Inoltre, influenzano la plasticità sinaptica neuronale, un processo essenziale per i meccanismi di apprendimento a lungo termine.
Questa scoperta rappresenta un significativo avanzamento nella comprensione dei meccanismi di funzionamento del cervello e potrebbe avere importanti implicazioni nella ricerca di terapie per diverse patologie neurologiche. Gli astrociti glutammatergici, essendo una componente chiave del sistema neurale, aprono nuove strade per lo sviluppo di terapie mirate che potrebbero influenzare positivamente il decorso di malattie cerebrali come l’epilessia e il morbo di Parkinson. Inoltre, la loro importanza nella plasticità sinaptica potrebbe aprire nuovi orizzonti nella comprensione dei processi di apprendimento e memoria. In definitiva, questa scoperta getta nuova luce sulla complessità del cervello umano e offre opportunità per future ricerche e applicazioni terapeutiche.