Se da un lato i racconti fantasy da tempo fanno viaggiare le menti dei lettori attraverso mondi fantastici, mali da combattere e persone da salvare, dall’altro un viaggio che invece l’essere umano vuole fare da tempo – forse perché paradossalmente più vicino alla realtà rispetto a draghi e magia – è quello spaziale. Le ricerche che alcune compagnie stanno effettuando per rendere il turismo spaziale una realtà denota come l’uomo da sempre ha cercato nell’ignoto dello spazio non solo risposte, ma anche scoperte. Per questo l’annuncio di un gioco come Starfield, uno “Skyrim nello spazio”, ha fin da subito solleticato l’idea di poter viaggiare tra mondi fantastici, alla ricerca di misteri da rivelare, segreti da scoprire e situazioni da vivere. Lo abbiamo fatto, e ve ne parliamo nella nostra recensione di Starfield.

Starfield, tra le tante ispirazioni, trova anche Traveller, un gioco di ruolo cartaceo che propone avventure spaziali sci-fi di ogni genere: grazie ad una base talmente solida e all’esperienza che Bethesda negli anni ha sviluppato sui GDR ad ampio respiro come Skyrim, il gioco effettivamente propone ciò che ci si aspetta, al netto di alcune limitazioni tecniche volutamente applicate per rendere il titolo giocabile, ma comunque fastidiose se si pensa agli anni passati da quando uscì Skyrim stesso (2011).

L’arte di raccontare una storia

Partiamo da ciò che più ci ha colpito di Starfield: la narrazione. Se pensare ad un gioco di ruolo potrebbe far riflettere su titoli come Fallout e Baldur’s Gate (per non citare le dozzine di altri giochi di questo genere), il passo avanti di Bethesda da questo punto di vista riguarda la scelta di dare alla trama principale un po’ meno importanza del solito. D’altronde, un gioco di ruolo è bello perché permette di ricoprire il ruolo desiderato all’interno del titolo, ed essere un salvatore del mondo conosciuto lascia poco margine (o comunque una dissonanza tra ciò che si fa e ciò che si deve fare) in confronto ad una mera missione esplorativa.

Come personaggi del gioco ci troveremo a dover entrare in Constellation, un gruppo di esploratori con dei fini filantropici: nelle prime 20 ore però, ad eccezione delle missioni iniziali, siamo subito stati catturati dal resto delle storyline delle missioni secondarie, piccole gemme da scoprire che raccontano trame sfaccettate, per nulla scontate, e con risvolti molto legati a ciò che sceglieremo di fare.

Per esempio potreste trovarvi a dover seguire delle direttive particolari per aiutare un gruppo di minatori, magari entrando come dipendenti nell’azienda per poi permettere a loro di ricevere i mezzi necessari per lavorare; oppure, potreste scoprire girando tra i vari mondi disponibili, una stazione spaziale che ospitava un Casinò e che, nel suo vault, potrebbe nascondere un tesoro (a patto che riusciate a fare fuori gli Spazianti).

Queste sono solo due tipologie di missioni, tutte comunque capaci di denotare una costruzione decisamente poco lineare e con segreti che potrebbero rimanere celati in caso si scegliesse di non esplorare alcune linee di dialogo (o facendo scelte differenti). Insomma, la parte legata alle trame che si nascondono nello spazio di Starfield è eccezionale, un salto evolutivo da ciò che già rendeva Skyrim (ma anche Oblivion , Morrowind e Fallout) un titolo coinvolgente verso qualcosa di ancora più profondo, un che di raro all’interno del panorama videoludico.

Unico limite: il cielo (invisibile)

Non è tutto oro quel che luccica, e purtroppo Starfield lo rivela già dopo le prime ore di gioco: lo spazio esplorabile del titolo è decisamente limitato. Anche se non si dovrebbe proiettare ciò che si desidera da un gioco su di esso, i tempi di No Man’s Sky ed Elite Dangerous sono ben lontani: muoversi con l’astronave è qualcosa di concettualmente ben prodotto nel gioco Bethesda, ma che rimane fine a sé stesso.

Non potrete entrare e uscire dai pianeti a piacimento, ma sarete obbligati a premere dei tasti per far partire un’animazione, un caricamento e un atterraggio in video; allo stesso modo, non potrete muovervi tra le orbite dei pianeti in libertà, ma dovrete usare il viaggio rapido, e la stessa cosa riguarda il salto con il motore a gravitoni per poter cambiare sistema.

Ciò che vi rimarrà da fare intorno ai pianeti sarà distruggere con delle battaglie spaziali i nemici, fare pirateria, attraccare eventuali navi e basi spaziali e fare qualche chiacchiera con le altre astronavi per scambiare merci. Starfield decide di puntare tutto su ciò che reputa più importante (la trama e la parte ruolistica) dimenticando quanto è importante il viaggio, inteso proprio come spostamento da un punto A ad un punto B. Non mancano scorci mozzafiato, momenti che vi faranno dubitare se state ancora seduti nella vostra stanza o dentro un veicolo spaziale nel nulla cosmico, ma forse un certo tipo di cura ulteriore su alcune fasi avrebbe potuto trasformare un’esperienza fantastica in unica.

Per il resto Starfield, almeno dal punto di vista tecnico e concettuale, sembra essere figlio di una serie di compromessi non da poco. Perché se la promessa di avere centinaia di mondi in fondo è stata rispettata, questi hanno dei muri invisibili capaci di renderli non del tutto esplorabili, e ciò che si può fare sopra di essi non esce tanto fuori dal classico avamposto da esplorare, miniera da scoprire, segreto da rivelare.  Tutto questo effettivamente rimane appagante, e sicuramente la gestione delle zone dei pianeti in blocchi permette al titolo di mantenere dei caricamenti pressoché nulli, ma un po’ rimane l’amaro in bocca nel pensare che il pianeta che stiamo visitando – decisamente più grande di quelli visti in produzioni spaziali di simile tipologia – abbia dei limiti immaginari di questo tipo.

Tutto questo crea una rottura dell’idilliaca illusione che viviamo quando giochiamo a Starfield, una sorta di frattura che si rinsalda ogni volta che scopriamo un qualche misterioso relitto nell’orbita di un pianeta, obbligandoci a scegliere se rivelare il mistero che si cela all’interno (e che potrebbe distruggere le vite di alcune persone) o nascondere il tutto per avere i favori di qualche personalità di spicco, ma che si danneggia di nuovo quando per muoverci da un pianeta di un sistema ad un altro, siamo costretti a sfruttare i menu di gioco e assistere a delle brevi animazioni.

Al contrario, invece, ciò che pensavamo sarebbe stata una limitazione non da poco, si è rivelata un fuoco di paglia: parliamo del framerate, che sebbene opti per i 30 FPS, risultano pressoché stabili e hanno davvero pochi cali. L’esperienza di gioco, in questo modo, risulta comunque godibile e le scelte stilistiche di telecamere e estetica riescono a trarre vantaggio più dalla stabilità che dalla velocità. Altra nota di merito la presenza di un esiguo numero di bug: nel corso degli anni Bethesda si è spesso vista nell’occhio del ciclone per la presenza di problemi tecnici che risultavano il più delle volte addirittura buffi, ma stavolta in Starfield il lavoro di pulizia è stato talmente maniacale da risultare in un’esperienza impeccabile.

Un altro dettaglio che fa saltare all’occhio uno sviluppo a tratti cross-generazionale sono le animazioni dei personaggi: in Starfield si percepisce una sorta di cura maniacale dal punto di vista del concept e della costruzione dell’avanzamento della trama, ma una superficialità in alcuni dettagli che ad oggi, nel 2023, iniziano a diventare necessariamente da curare. Il movimento statico del personaggio, il suo modo di correre, le espressioni facciali degli NPC, tutti piccoli fori nella stiva della nostra nave che non mandano distrutta l’esperienza di gioco, ma che comunque la allontanano dalla perfezione.

Pianeta che vai, bersaglio che trovi

Starfield propone al suo interno una costruzione davvero brillante delle missioni di gioco, siano esse primarie o semplici missioni secondarie: persino le missioni più leggere nascondono possibilità di scelta di ogni tipo, e proprio il modo in cui affronterete il gioco sarà ciò che renderà l’esperienza del titolo unica e irripetibile. A prescindere da questo, ciò che ci potremmo trovare a fare di solito rientra in due tipologie ben distinte di gameplay: sulla propria nave e in esplorazione a piedi.

Nel primo caso, le battaglie spaziali sono davvero eccezionali: tutta la gestione della nave si basa sul dover indirizzare l’energia dei reattori alle componenti. Volete avere più potenza di fuoco? Spostate via l’energia dai motori e avrete più munizioni; siete interessati a volervi muovere tra le navi nemiche per non essere colpiti? Puntate sul movimento e magari abbassate gli scudi. Insomma, scegliere come gestire l’energia sarà una delle cose più appaganti nelle fasi spaziali. La stessa nave poi potrà essere personalizzata, sia in termini di componenti sostituendo armi, reattori e quant’altro, sia in termini stilistici, cambiando posizione, forma e colore di ogni singola porzione dell’astronave.

Nelle fasi spaziali, inoltre, sarà possibile approcciare le altre navi: un po’ come degli NPC da chiamare via radio, questi saranno effettivamente contattabili tramite chiamata. Aspettatevi però qualunque tipologia di risultato: potreste avere davanti una nave attaccata da pirati, o magari i pirati stessi, e non ci saranno banalità atte a farvi subito capire la situazione, molto probabilmente potreste persino venire fregati da parole convincenti, per poi trovarvi ad armi spianate una volta attraccato.

Scesi a terra le cose cambiano: muoversi nel gioco è fantastico, il gunplay è divertente e la differenziazione delle armi risulta appagante. Interessante come gestire le munizioni diventa un obbligo per poter essere pronti, così come il peso che trasporteremo, e molto ben fatta la differenziazione delle armi con tanto di perk di rarità diverse, utili e interessanti da scoprire al punto che un fucile preso per la 30esima volta potrebbe nascondere un potenziamento interessante da studiare. In termini di level design, il fatto che ogni mondo abbia le sue regole fisiche permette di avere pianeti dove un salto potrebbe farvi arrivare 10 metri sopra il nemico, e pianeti dove scattare porterebbe portarvi a finire l’ossigeno in pochi secondi.

Parlando di questo, nel gioco avremo anche la necessità di gestire, oltre che la barra salute, anche l’ossigeno: esso tenderà ad esaurirsi quando porterete più peso del dovuto o durante scatti longevi. Una volta finito, inizierà a subentrare il CO2, barra rossa che se raggiungerà il limite porterà il vostro personaggio a perdere gradualmente salute. A peggiorare il tutto ci saranno anche gli status, che in alcuni casi potrebbero essere causati da agenti atmosferici esterni come piogge acide, tempeste e così via.

Quando non vi troverete a dover uccidere qualcuno, avrete bisogno di giocare di diplomazia: il sistema di dialogo di Starfield è qualcosa di ben rodato, un punto di incontro tra quanto visto su Fallout e Skyrim, con delle proposte interessanti. I dialoghi saranno influenzati dal vostro background (che sceglierete durante la creazione personaggio) e dal vostro ruolo in alcune delle fazioni disponibili nel gioco. In alcuni casi poi, si sbloccherà la possibilità di persuadere un NPC: per farlo, dovrete scegliere delle risposte che evidenzieranno una certa difficoltà (verde, giallo, rosso) e dei punti. Questi punti, qualora la frase facesse effetto sul personaggio, verranno aggiunti in basso a sinistra e solo dopo aver completato la barra (con 3 tentativi possibili), avrete un risultato positivo.

Starfield però non si limita a questo, ma anzi propone anche qualche dinamica survival davvero ben fatta: presente quindi un sistema di farming di materiali, ognuno con la sua rarità, un sistema di ricerca che richiederà determinate abilità ma che vi permetterà di sbloccare potenziamenti interessanti, e ovviamente un banco di lavoro per poter migliorare le proprie armi e tute. Su quest’ultima parte, interessante come il tutto si tramuti in un cambio di componenti anche in questo caso, cosa che rispecchierà lo stile che vorrete utilizzare all’interno della vostra avventura spaziale.

Tra le possibilità, infine, in Starfield c’è anche quella di creare degli avamposti sui pianeti che visiterete: in questo modo avrete punti di atterraggio, eventuali oggetti necessari e la capacità di sfruttare un sistema di movimentazione dell’equipaggiamento tra basi così da non dovervi portare dietro troppo peso.

85
Starfield
Recensione di Simone Lelli

Starfield è l'epopea sci-fi che ogni fan aspettava da tempo: certamente non brillerà per il suo lato tecnico e i limiti imposti per rendere il gioco fluido (ma non oltre i 30 FPS) ogni tanto pesano. Nonostante questo, siamo davanti al più grande viaggio nello spazio che un giocatore può vivere, un'avventura da provare fatta di scelte, di fasi d'azione adrenaliniche, di dialoghi interessanti e di missioni che vi metteranno alla prova non solo in termini di abilità, ma anche per quanto riguarda le decisioni da prendere. Non siamo davanti al gioco perfetto, ma di sicuro Starfield è il miglior gioco spaziale in rapporto

ME GUSTA
  • Un viaggio spaziale tutto da scoprire
  • Mille possibilità di scelta...
  • Missioni primarie e secondarie brillanti
  • Gestione dei dialoghi con NPC ben strutturati
  • Variabilità di missioni davvero elevata
FAIL
  • Tecnicamente non al passo con i tempi
  • ...minate da dei limiti tecnici
  • Esplorazione talvolta un po' limitata