La superficie del ghiacciaio della Marmolada continua a ridursi a un ritmo accelerato, raggiungendo solamente 112 ettari nel 2022. Le previsioni indicano una sua ulteriore diminuzione nei prossimi anni, con la superficie che scenderà al di sotto di un chilometro quadrato. Questo rappresenta la metà della superficie osservata nel 2000 e meno di un quarto rispetto a quella del 1900.
Questi dati emergono dalle misurazioni annuali effettuate da geografi e glaciologi dell’Università di Padova in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano e l’Arpav. Secondo Mauro Varotto, responsabile delle misurazioni del ghiacciaio, il punto di massima regressione del ghiacciaio si sposta di quasi 90 metri ogni anno, con una media di ritiro di circa 20 metri all’anno.
Grazie alla campagna glaciologica organizzata dal Museo di Geografia dell’Università di Padova in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano e l’Arpav, quest’anno una ventina di escursionisti esperti provenienti da Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia hanno potuto osservare da vicino le misurazioni.
Mauro Valt, tecnico ricercatore dell’Arpav, ha commentato l’attuale situazione dei ghiacciai nelle Alpi, sottolineando una forte fusione dovuta a scarse nevicate durante gli ultimi due inverni e alle alte temperature estive. In particolare, nella seconda decade di agosto, si è registrata la temperatura media più elevata dal 1990, con oltre una dozzina di giorni in cui le temperature hanno superato il novantesimo percentile, rappresentando la serie più lunga degli ultimi trentacinque anni.
Secondo le analisi effettuate sui dati dell’Arpav, si nota anche un aumento di 220 metri nella quota sciabile per ogni grado di aumento della temperatura in quota. Alberto Lanzavecchia, docente di Finanza Aziendale a Padova, ha evidenziato la crescente insostenibilità dell’industria dello sci, resa evidente dai bilanci di gestione degli impianti di risalita e dalle sovvenzioni pubbliche necessarie per gli investimenti in impianti a fune e bacini di accumulo dell’acqua. Nonostante ciò, si sta attualmente discutendo se investire ulteriormente nelle pratiche dello “snow farming” anziché avviare una transizione verso un’economia più sostenibile.