La spesa delle famiglie italiane sembra destinata a ritornare ai livelli precedenti alla pandemia di COVID-19, secondo le previsioni di Confcommercio. Quest’anno, si prevede che la spesa media delle famiglie supererà quella del 2019, che era stata colpita dalla crisi sanitaria. Tuttavia, nonostante questa prospettiva di miglioramento, l’organizzazione esprime preoccupazione per le sfide che l’economia italiana potrebbe affrontare nel prossimo futuro.
La crescita dei consumi, che rappresentano il 60% del Prodotto Interno Lordo (PIL), è guidata principalmente dal settore turistico, con un aumento previsto del 23,6% quest’anno. Ciò porterà la spesa media delle famiglie italiane a raggiungere circa 21.083 euro, superando così i 20.814 euro registrati prima della pandemia. Per il prossimo anno, è prevista una ulteriore crescita, portando la spesa pro capite a 21.365 euro. Tuttavia, ciò rimarrà ancora inferiore ai livelli di spesa del 2007, prima della crisi finanziaria del 2008, quando la spesa era più elevata di oltre duecento euro per famiglia.
Nel 2022, la spesa media pro capite delle famiglie si è attestata a 20.810 euro, un dato che Confcommercio considera deludente a lungo termine e un segnale di crescita economica strutturale limitata. L’organizzazione sottolinea che la speranza di invertire questa tendenza dipende dalle riforme e dagli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Sebbene alcune categorie di spesa, come tempo libero, tecnologia e viaggi e alberghi, siano tornate ai livelli del 2019 nel 2023, molte altre, come elettricità, gas, mobili ed elettrodomestici e alimenti consumati in casa, hanno spese reali inferiori rispetto a quasi trent’anni prima.
Questa analisi riflette anche come le abitudini di consumo delle famiglie italiane siano cambiate nel corso degli anni. Si è verificato un aumento significativo nella spesa per la tecnologia, in particolare per i dispositivi informatici, audiovisivi, multimediali e telefoni. D’altra parte, si è ridotta la spesa per pasti casalinghi e mobili. L’abbigliamento, invece, è rimasto sostanzialmente al livello del 1995.