Oppenheimer, il Prometeo nolaniano è il suo protagonista più umano

Oppenheimer

Prometeo rubò il fuoco agli dei e lo diede all’uomo, per questo fu incatenato ad una roccia e torturato per l’eternità.

Per tutta la sua filmografia Christopher Nolan è stato ossessionato da personaggi in grado di accedere a soluzioni al di là della realtà conosciuta da coloro che gli gravitano intorno. Personaggi in grado di distorcere la realtà in cui vivono, attraverso strumenti e caratteristiche che variavano di volta in volta a seconda del genere cinematografico che il cineasta, di volta in volta, affronta. Non fa eccezione il suo Robert J. Oppenheimer, interpretato dallo spiritato (eccezione positiva sia chiaro) Cillian Murphy, uno che il modo di lavorare del cineasta britannico sui suoi protagonisti lo conosce bene, sia dal punto di vista delle pretese attoriali (fece il provino per Bruce Wayne all’epoca di Batman Begins) sia per come li pensa e li scrive.

I suoi sono personaggi condannati dalle loro capacità e consapevolezze, ma anche dai loro dolori e dalle loro ambizioni. Sono uomini con il potere di cambiare il mondo e la Storia. Quindi sono uomini pericolosi, soprattutto perché instabili, sconquassati da dubbi morali di una portata troppo grande per essere sostenuti da persone comuni. Uomini che spesso non vengono capiti e che spesso sono costretti a sacrificare la vita che avrebbero potuto condurre in nome di un’ideale che solo loro possono portare avanti.

Per tutta la sua filmografia Christopher Nolan è stato ossessionato da personaggi in grado di accedere a soluzioni al di là della realtà conosciuta da coloro che gli gravitano intorno.

Perché sono così affascinati per Nolan? Perché raccontando le loro prodezze egli riesce ad accedere ad una dimensione immaginifica al di là della realtà che viviamo tutti i giorni, dove tempo e spazio possono parlare tra loro in modi nuovi e originali. Che è un po’ uno dei mille sensi del cinema. Un’idea che viene esplicata benissimo in The Prestige.

Oppenheimer è quindi l’archetipo perfetto del protagonista nolaniano. Lui, più di ogni altro, è riuscito ha cambiare il corso della storia moderna, distruggendo il mondo antico per creare quello in cui oggi viviamo. Lui, più di ogni altro, è quello attraverso il quale il regista riesce a cambiare il suo modo di fare film.

L’ossessione nolaniana

Il brivido che passa dalla rivisitazione della quotidianità, il desiderio di vivere una vita altrui e di costringere gli altri a guardarsi allo specchio è ciò che muove Bill in Following. Questo è ciò che lo attrae in Cobb: la possibilità di poter manipolare la realtà, pagandone poi il prezzo. Un’attrattiva che èviene ribaltata nell’altro Cobb di Nolan, quello di Inception, che fa di tutto per continuare a sognare, imprigionato nella più classica delle coazioni a ripetere dalla quale si deve però liberare per poter tornare al mondo reale e alla sua famiglia. Un estrattore con il potere di cambiare la mente delle persone, creare nuovi mondi e alterare le coscienze, ma incapace di fuggire dalle proprie colpe e dalla propria identità.

Christopher Nolan

In Memento la patologia di Leonard lo pone al di fuori del tempo così come lo percepisce lo spettatore e questo consente al regista brtitannico, per la prima vera volta, di manipolare il mezzo il cinematografico per sovvertire la prospettiva del racconto a suo piacimento (la successione di scene di 15 minuti opposte cronologicamente). In questo caso il “potere” del protagonista sta nella sofferenza dovuta alla sua condizione, che non gli permette di cambiare la propria vicenda. Qui entra in gioco l’ambizione, in questo caso mossa dalla sete di vendetta, che lo spinge a ricostruire un puzzle caotico causato dall’impossibilità di dare un ordine agli eventi della sua vita.

Un estrattore con il potere di cambiare la mente delle persone, creare nuovi mondi e alterare le coscienze, ma incapace di fuggire dalle proprie colpe e dalla propria identità.

Christopher Nolan

La trilogia de Il Cavaliere Oscuro forse è la massima espressione (anche forse la meno sofisticata) dei canoni del suo protagonista. Sfruttando l’idea dell’eroe sofocleo classico che ascende (anche in senso geografico) per acquisire una consapevolezza posta al di sopra del mondo dei comuni mortali, egli racconta la storia di un uomo condannato a farsi carico del dovere morale più alto possibile: quello di divenire un simbolo, anche a discapito della percezione dei suoi simili.

Il moto verso l’alto, simbolo di morte e rinascita, è spesso adoperato nei tre film, sia nel racconto di Bruce Wayne che di Gotham (il suo specchio), per dare ancora più forza alla necessità di accettare il proprio dolore per identificarsi con esso e farne il proprio motore.

La scienza e il prestigio

I gemelli Borden sono l’altra faccia della figura sempiterna nel cinema di Nolan, in questo caso probabilmente la più complessa perché allegoria della sua idea di funzione stessa del cinema.

The Prestige è il tentativo di creare un racconto sulla potenza dell’illusione, che può sovvertire l’ordine delle cose al punto da far impazzire l’uomo comune. Il Tesla di David Bowie è un Oppenheimer in miniatura e anche la testimonianza dell’ossessione che Nolan ha per le potenzialità della scienza e per i dubbi che muovono gli uomini di scienza. Infatti, nonostante essi siano i soli a potere (e volere) creare macchinari terribili, sono anche gli unici a non volerli adoperare. Ambizione irrinunciabile fusa con la colpa, che è la dimensione dove galleggiano i fratelli con il volto di Christian Bale.

Il Tesla di David Bowie è un Oppenheimer in miniatura e anche la testimonianza dell’ossessione che Nolan ha per le potenzialità della scienza e per i dubbi che muovono gli uomini di scienza.

Christopher Nolan

Infine, il viaggio di Cooper. Il viaggio di Cooper è il tentativo più dichiarato di creare un arco in grado di legare la dimensione umana e divina.

Se ad Oppenheimer si può associare Prometeo allora ad Interstellar si può associare Ulisse. L’ingegnere che diviene contadino e poi prescelto per viaggiare verso un universo inesplorato alla ricerca di una nuova dimora per l’umanità, il dolore per la perdita di una vita con la propria famiglia, l’arrivo a toccare le “divinità” in buco nero che idealmente rimanda alla Creazione di Michelangelo solo per rivelare come uomo e divino siano la stessa cosa. Il mistero della trasformazione, dell’accesso ad un piano altro, è da ricercare nelle pieghe del tempo e dello spazio.

La storia della missione dell’Endurance altro non è che un (problematico) ritorno a se stessi attraverso un atto contro la realtà conosciuta.

Il ritratto più intimo della divinità più umana

Che ci piaccia o no, Oppenheimer è la persona più importante che sia mai esistita. La sua vicenda è centrale per il mondo in cui viviamo ora e per il modo in cui vivremo per sempre. Ha definitivamente cambiato il mondo come nessun altro prima.

Oppenheimer è, prima di qualsiasi altra cosa, un ritratto intimo e intimista dell’archetipo del protagonista nolaniano. Un uomo condannato dalla sua divinità, dal suo essere costantemente a metà tra due mondi e in grado di guardare oltre i limiti stessi della scienza e della coscienza.

Egli è religioso, ma non ha un credo a cui appartenere, è sfumato in una società che usava dividere alleati e minacce assegnando loro dei colori, è un amante infedele in mezzo ai mariti incapaci di provare qualsiasi di amore ed è, soprattutto, un visionario in mezzo agli scienziati. Semplicemente, è solo in mezzo agli uomini. E perciò è osannato, seguito, sfidato e poi invidiato, inquisito, rinnegato, umiliato e infine ricordato.

Il peso delle sue allucinazioni (a metà tra dei messaggi provenienti dal futuro e di un universo situato oltre gli orizzonti umani) lo insegue fin da quando era studente. Egli “vede” colori, suoni e vibrazioni, li vede nelle note, nella pioggia che cade, nei vetri che si infrangono. La bomba è la traduzione, la sintesi di questo potere che solo attraverso questa forma terribile si può rivelare. Scienza che diventa magia (o prestigio), che diventa miracolo e, nelle mani degli uomini, tragedia.

Uomini con il volto mefistofelico del meraviglioso Robert Downey jr., Levi Strauss, che con le armi degli uomini vuole competere con colui che parla con Dio, Oppenheimer, senza poterne condividere il dolore, il peso, la maledizione, ma anche la sacralità. Un rapporto molto simile a quello tra Salieri e Mozart nel celebre Amadeus.

Oppenheimer

La bomba è la traduzione, la sintesi di questo potere che solo attraverso questa forma terribile si può rivelare. Scienza che diventa magia (o prestigio), che diventa miracolo e, nelle mani degli uomini, tragedia.

Nolan va in controtendenza rispetto a se stesso, decidendo di stringersi sempre di più intorno al suo protagonista per raccontarne il lato umano, la sofferenza, i dubbi, il terrore chiassoso che cela al suo interno, dove la detonazione avviene più volte, dando vita ad un senso di colpa di una portata tale che nessun uomo sarebbe in grado di reggere. Il suo Prometeo è il più potente tra tutti i protagonisti sopracitati, ma è anche quello più umano, incapace di salvare i suoi affetti e altrettanto incapace di farsi salvare da loro, e per raccontarlo il regista sceglie la via dell’intimità come mai prima d’ora.

Nel volto di Oppenheimer c’è la sofferenza nella quale il nostro mondo è nato e tutte le fragilità, le colpe e le incertezze con le quali siamo costretti ad affrontare il futuro, a volte più vicino e a volte più lontano. Decidere di raccontare una storia del genere, sfruttando la potenza catartica delle immagini, permette a Nolan di elevare definitivamente la sua idea di cinema, cambiandola in modo da sentenziare come esso sia l’unico mezzo espressivo in grado di raccontare la storia dell’uomo che ha cambiato la Storia.

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