L’emissione di metano, un potente gas serra responsabile di oltre un quarto della crisi climatica, è divenuta una priorità da risolvere a livello internazionale. In questo contesto, emerge una nuova preoccupazione: i test dei razzi Blue Origin di Jeff Bezos, che stanno contribuendo alle emissioni di questo gas durante le operazioni spaziali. L’atmosfera circostante l’impresa spaziale Blue Origin di Jeff Bezos è stata scossa da recenti rilevazioni di metano durante i test della navicella spaziale nel Texas occidentale. Tale scoperta è stata fatta lo scorso 4 giugno, quando un pennacchio di metano è stato individuato sopra l’ampio ranch utilizzato per i test. Queste emissioni sono attribuibili all’utilizzo di razzi alimentati da gas naturale liquefatto (GNL), principalmente composto da metano, appunto. La Stazione Spaziale Internazionale ha rilevato questa specifica emissione, con un tasso di rilascio stimato di 1,5 tonnellate metriche di gas all’ora. L’azienda Blue Origin sostiene che le procedure operative da loro adottate rispettano gli standard, trasferendo il GNL nei serbatoi di stoccaggio durante i test dei motori. Sebbene l’impatto delle emissioni di metano legate alle attività spaziali sia ancora limitato rispetto ad altre fonti, il rapido sviluppo dell’industria spaziale commerciale e l’aumento delle operazioni rappresentano un rischio potenziale accertato sull’ ambiente.
Rimane comunque complesso valutare l’effetto dei viaggi spaziali sul clima
Il Texas, dove vengono condotti questi test, non dispone di norme rigorose sulle emissioni di metano. Il quadro più ampio indica che le emissioni di metano della Blue Origin di Jeff Bezos sono una frazione di quelle rilasciate dai loro fornitori nel settore del gas naturale. A titolo di confronto, si stima che le infrastrutture di gas naturale del vicino Bacino Permiano emettano ogni anno ben 2,7 milioni di tonnellate di metano. Inoltre, Blue Origin non è l’unico attore in gioco; anche concorrenti come SpaceX di Elon Musk stanno sviluppando razzi alimentati a metano. Al momento c’è da dire che il contributo del metano all’impronta ambientale complessiva dell’industria spaziale è minimo. Tuttavia, con il previsto boom del settore spaziale commerciale – che potrebbe raggiungere una valutazione di 1.000 miliardi di dollari entro il 2030 – e con la Blue ,Origin di Jeff Bezos in prima linea, l’impatto ambientale dell’industria potrebbe diventare un argomento di discussione più intenso. A complicare ulteriormente le cose c’è la natura ambigua dell’esatta influenza dei viaggi spaziali sul clima, con dibattiti ancora in corso sul suo effetto netto sulle temperature globali. I razzi della Blue Origin di Jeff Bezos possono produrre metano, ma l’obiettivo finale è quello di utilizzare la tecnologia per migliorare la vita qui sulla Terra.
Il paradosso dell’esplorazione spaziale
È interessante notare che una parte significativa della crescita del settore spaziale commerciale è alimentata dal lancio di satelliti dedicati al monitoraggio degli inquinanti ambientali, tra cui il metano. Jeff Bezos è stato uno dei principali sostenitori dell’esplorazione spaziale per la sostenibilità del pianeta, immaginando la Terra come una zona prevalentemente residenziale, con le industrie pesanti trasferite fuori dal mondo. Questa idea è racchiusa nello slogan di Blue Origin: “Andiamo nello spazio per salvare la Terra”. La Blue Origin di Jeff Bezos, pur essendo pioniere in questo settore, si è rivolta prevalentemente all’élite, fornendo brevi spedizioni spaziali per i più ricchi. Queste imprese, per quanto monumentali, hanno anche un prezzo ambientale, in particolare per quanto riguarda le emissioni di metano. Con l’avvicinarsi dell’alba di una nuova era spaziale, è fondamentale trovare un equilibrio tra progresso e impatto. Aziende come la Blue Origin di Jeff Bezos possono ridefinire il nostro rapporto con lo spazio e la Terra. Però è già un dato di fatto che l’impronta ambientale che lasceranno sarà l’eredità di quest’epoca.