Un recente studio condotto dalle università di Zhejiang e Cambridge, pubblicato su Lancet, ha sollevato l’ipotesi di una potenziale correlazione tra l’inquinamento atmosferico e l’antibiotico-resistenza. I ricercatori hanno analizzato dati provenienti da 116 Paesi durante un periodo di 18 anni e hanno identificato “correlazioni significative” tra la presenza di polveri sottili (PM 2,5) nell’atmosfera e la capacità dei microrganismi di resistere agli antibiotici.

L’emergere di questo collegamento è una questione di grande rilievo, poiché indica che il problema dell’antibiotico-resistenza potrebbe essere influenzato anche dall’inquinamento atmosferico. Questo fenomeno, individuato in un arco di tempo relativamente breve, sembra essere in continua crescita e potrebbe contribuire all’avvento dell’era post-antibiotica, caratterizzata dalla prevalenza di malattie resistenti ai farmaci e da una maggiore incidenza di “superbatteri”.

Secondo le stime dei ricercatori, l’inquinamento atmosferico potrebbe aver causato circa 480.000 decessi prematuri nel 2018 a causa della resistenza agli antibiotici. Inoltre, se non saranno attuate misure efficaci di contrasto, il numero di vittime potrebbe addirittura aumentare del 56,4% entro il 2050.

Questo studio peer-reviewed pone l’attenzione su un aspetto poco esplorato del problema dell’antibiotico-resistenza, evidenziando l’importanza di affrontare in modo integrato l’inquinamento atmosferico e la diffusione della resistenza agli antibiotici. I risultati sottolineano la necessità di adottare misure rigorose per mitigare l’emissione di polveri sottili e, allo stesso tempo, di promuovere un uso più responsabile degli antibiotici al fine di preservare l’efficacia di questi farmaci vitali.