Nel 2016 Oxenfree era stato candidato ai Game Awards nella categoria Best Narrative insieme all’ottimo Firewatch, Inside, Mafia III e Uncharted 4, con quest’ultimo che riuscì ad avere la meglio sulla concorrenza soprattutto grazie per il lavoro svolto a chiusura di una saga che ci ha saputo lasciare tanto in termini emotivi. Oxenfree, però, non era da meno, pur basandosi su tecniche narrative diverse e su un concetto narratologico ben distante da quello che Naughty Dog aveva messo in piedi nel raccontarci la storia di Nathan Drake. Nell’aprile del 2021, quindi, ci siamo trovati dinanzi all’annuncio di un sequel che adesso abbiamo tra le mani e che possiamo raccontarvi per filo e per segno, con la dovizia di chi ha voluto sviscerare un prodotto che ha tanto da raccontare, proprio come il suo predecessore.
Bentornata a casa, Riley
Siamo a Camena, la città dove Oxenfree 2: Lost Signals si sviluppa. Riley è una ricercatrice che ha superato i trent’anni ed è stata inviata su questo abbandonato promontorio con una cittadina fatiscente a indagare su dei ripetitori che non riescono più a trasmettere segnali soddisfacenti per le ricerche. Camena era la sua città d’origine e tornarci, adesso, non sembra renderla molto felice. A darle supporto, nel corso della sua avventura, un paio di voci che arrivano dal walkie talkie di ordinanza, oltre Jacob, un ragazzo autoctono che rivelerà presto essere stato compagno di scuola di Riley, senza apparentemente risvolti sensazionali. Sulla strada di Riley, oltre le peripezie di un emporio chiuso impossibilitato a fornirle l’attrezzatura per le scalate, ci sarà una strada molto più irta di una parete scoscesa da scalare, perché i ripetitori – sorpresa – non funzionano male. Anzi, funzionano fin troppo bene.
Oxenfree 2, se il primo capitolo si era concentrato sulla figura di Alex e i fantasmi che finivano per popolare l’ex centro di addestramento popolare all’interno del quale finivamo per ritrovarci, prova a ricalcare le atmosfere lugubri e poco convincenti, ma con uno spirito diverso dall’horror. La distorsione temporale, l’incertezza della psiche e anche strani poteri telecinetici fanno capolino nella vita di Riley, che nelle vostre mani potrà reagire con le linee di dialogo che preferirà. Quelle preesistenti, che dettano un ritmo che i narrative designer hanno preteso per il personaggio, mettono in risalto un carattere estroverso, ironico, dalla battuta facile: resta una costante con il primo capitolo di Oxenfree, che se nell’avventura di Alex si era soffermato molto sulla teen comedy, qui prova ad arricchire l’esperienza con delle tinte più da umorismo sardonico. Accanto a questo, le scelte per i dialoghi saranno sempre tre, in uno spettro di emozioni che potrà soddisfare i palati di tutti, con le dovute sfumature.
Riley è una donna tutta da scoprire, ma figlia del nostro tempo, desiderosa di non essere scambiata per una boomer, ma allo stesso tempo ponta ad anelare il dare una lezione a dei teenager irrequieti. Allo stesso tempo ha dalla sua una cultura che la colloca in una determinata epoca e che le permette di esistere in quanto tridimensionale, un aspetto da non sottovalutare nella realizzazione di un personaggio; così come anche Jacob, che per molti potrebbe sembrare un personaggio di scarsa caratura, ma che con l’ironia riesce a ritagliarsi il proprio spazio nell’economia di Oxenfree, soprattutto grazie alla sua magione nel nulla più totale ricevuta in eredità. Così dice, almeno.
Le interferenze radio
Tra gli oggetti che faranno ritorno a distanza di 7 anni troviamo la radio, che questa volta avrà un ruolo ancora più centrale. Se in Oxenfree era possibile captare elementi della trama, stavolta le frequenze diventeranno una sorta di arma fondamentale per progredire nell’avventura e per alimentare squarci all’interno del cielo per continuare a indagare cosa sta accadendo attorno a voi. La radio è ancora più indispensabile della prima avventura, dove si lasciava lei il compito di sintonizzarsi su determinate frequenze per comunicare con le entità paranormali: per Riley tutto sarà destinato a diventare un’arma contro chi sta minacciando la serenità e la tranquillità tanto di Camena che della sua vita, sballottata da eventi inattesi.
Dal punto di vista del gameplay non abbiamo altri aspetti salienti da sottolineare, perché siamo pur sempre all’interno di una sfera d’azione che riguarda le avventure dinamiche. Oltre, quindi, ad andare in giro ed esplorare la mappa a nostra disposizione – molto più dettagliata e pregna di elementi rispetto al primo capitolo – saremo chiamati alla risoluzione di alcuni puzzle psichedelici, sempre collegati alle distorsioni che il mondo sta provocando intorno a noi. Di diversa entità e difficoltà crescente, l’unica pecca sta nel fatto che spesso potrebbero avere più di una soluzione, ma il gioco ne prevede una soltanto, quindi starà a noi capire qual è quella che il game designer ha tracciato per noi, senza avere alcun tipo di indizio iniziale. Poco male, perché una volta provate tutte le varianti si arriva a una conclusione immediata. Del tutto affascinante, infine, sul piano del gameplay, il modo che Camena ha per raccontarci che stiamo sbagliando strada: una distorsione ci ricondurrà al punto di partenza, fino a quando non saremo riusciti a sbrogliare qualsivoglia interferenza che ci sta ingabbiando in quella stortura temporale e impedendo di trovare alternative a noi raggiungibili. Un ottimo intreccio con la narrativa di gioco per una meccanica che potrete provare a forzare, ma che non farà altro che innervosire Riley, forse a un certo punto anche con voi.
una distorsione ci ricondurrà al punto di partenza, fino a quando non saremo riusciti a sbrogliare qualsivoglia interferenza che ci sta ingabbiando in quella stortura temporale
Dal punto di vista grafico ed estetico Oxenfree 2 mantiene quelle che erano gli stili del primo capitolo: il tratto è molto affusolato, dolce, quasi da favola, con dei colori molto accesi che fanno da contrappunto a quella che è la proposta ambientale di Camena; una città caduta nello sconforto della nebbia e di luci molto soffuse, quasi da isola abbandonata, come era già il titolo del 2016. C’è una buona continuità di stile da questo punto di vista, soprattutto nel confermare il 2.5 D e nel non andare mai a mostrarci i dettagli dei nostri protagonisti: li osserviamo da lontano, così come gli edifici all’interno dei quali si infilano per scoprire ciò che si cela dietro la paratia dell’illusione. Un escamotage per evitare di fossilizzare la realizzazione su un dettaglio eccessivo ed esaltando un minimalismo che ritroviamo anche nella colonna sonora.
Composta di suoni ovattati, che fungono più da supporto all’azione che da vero tappeto musicale, non si limitano a ricoprire una funzione da commento, ma di tenuta generale dell’ambiente. La partitura non si esalta quasi mai in momenti di puro sinfonismo o di gigantismo musicale, che stonerebbero anche con i toni dell’esperienza complessiva, ma regge l’intera vicenda offrendo anche degli effetti gradevoli che aumentano la qualità della storia raccontata. Segnaliamo in chiusura un ottimo doppiaggio in inglese, coadiuvato dai sottotitoli in italiano, sia a schermo – ovviamente – che per le linee di dialogo.
Oxenfree 2: Lost Signals è un ottimo sequel di quello che fu il titolo del 2016, in grado di offrire un'altra storia ai palati desiderosi di avvinghiarsi a un'avventura dinamica. Con un po' meno tinte horror e un passaggio allo psichedelico e al sovrannaturale, con l'avvento di Netflix sembrerà essere finiti quasi in un ambiente alla Stranger Things, ma senza Demogorgone. Con degli ottimi dialoghi e un'atmosfera che funziona per quella che è la storia da raccontare, ci siamo trovati dinanzi a poco più di 5 ore di divertimento, godendoci quella che potrebbe essere quasi una serie di 6 puntate su un'avventura surreale con una protagonista che conferma la struttura già apprezzata 7 anni fa. Nessuna rivoluzione, ma solo una conferma: questo potrebbe essere visto come un aspetto negativo, ma un motivo in più per tornare dove si è stati bene, soprattutto in estate.
- Un'ottima resa dei dialoghi e dell'atmosfera
- Maggior consapevolezza dei personaggi e della loro storia
- Gli enigmi fanno da buon divertissement
- Non c'è un vero passo in avanti rispetto al precedente