Quando ci si trova di fronte ad un Maestro lo si riconosce sempre nelle pieghe dei suoi film. C’è a prescindere dal tono, il registro, il genere di appartenenza o il pubblico di riferimento. E non ci riferiamo alle tematiche ricorrenti, all’utilizzo di una certa manovra registica o stilistica o, magari, ad un certo tipo di impostazione luminosa. Insomma, non per qualche vezzo autoriale. Ci riferiamo ad una mano, un occhio e un respiro cinematografico che in una pellicola può capitare di incontrare anche solo una volta, ma è lì, indelebile, una firma di autenticità.
Ovviamente, quello descritto può tranquillamente essere il caso di Hayao Miyazaki, che anche quando decide di staccarsi completamente dalla grandezza, la complessità, lo spirito feroce e l’immaginario dei suoi film precedenti per farne uno distante anni luce, più semplice e piccolo, è sempre e comunque riconoscibile. Un esempio? Passare da un trittico come Princess Mononoke, La città incantata e Il castello errante di Howl a Ponyo sulla scogliera, pur rimanendo sempre se stessi.
Ponyo sulla scogliera che torna in sala dal 6 e al 12 luglio con Lucky Red ad inaugurare una distribuzione estiva dedicata alle pellicole dello Studio Ghibli, che terminerà addirittura il 30 agosto (qui per scoprire la programmazione completa).
Quando ci si trova di fronte ad un Maestro lo si riconosce sempre nelle pieghe dei suoi film.
Una pellicola, insomma, dicevamo, che ha significato un cambio di passo per Miyazaki, il quale, pur mantenendo dei topoi tutti suoi (ambientalismo, donne forti e riferimenti autobiografici), decide di cambiare visione, riguardando un po’ a Il mio vicino Totoro forse, ma con un’idea di struttura di racconto completamente differente, anche per quanto riguarda tono e, soprattutto, tecnica di animazione.
C’è un elemento che segna questo cambio di visione, di terreno e di passo, un elemento visivo e narrativo che è anche quello più importante della pellicola, ovvero il mare. Un mare, che è tutto da riscoprire per un autore che invece sempre dell’aria è stato innamorato e che pur richiamando spesso l’elemento marino non lo ha mai elevato a protagonista assoluto di una sua creazione.
Rossa Malpelo, la bambina pesce
Ponyo sulla scogliera esce nel 2008 in concorso a Venezia65 ed è tratto dal racconto Iya Iya En della scrittrice giapponese Rieko Nakagawa e illustrato da Yuriko Yamawaki. Come spesso capita, però, Miyazaki ha abbondantemente messo mano alla scrittura, ne sa qualcosa l’autrice del romanzo da cui è tratto Kiki – Consegne a domicilio, che però alla fine si è dovuta arrendere al fatto che il cineasta opera sempre per il meglio.
La pellicola è una favola lirica che parla di una bambina pesce di nome Brünnhilde che un bel giorno scappa da Sushimoto, mago / scienziato, per andare all’avventura. Il destino, camuffato da una medusa, la conduce su un’isoletta dove vive una piccola comunità, per la precisione tra le braccia di Sōsuke, che la ribattezza Ponyo e decide di prendersene cura dal primo momento che la vede. Dal canto suo, la piccola decide di unirsi al bambino e di diventare umana, quello che non sà però è che questa decisione potrebbe provocare la fine del mondo. C’è però un modo per ovviare a questo spiacevole intoppo.
La pellicola è una favola lirica che parla di una bambina pesce di nome Brünnhilde che un bel giorno scappa da Sushimoto, mago / scienziato, per andare all’avventura.
Miyazaki torna a fare un film per bambini, nel segno della leggerezza (ma non superficialità) e crea una favola in cui il mare diventa il simbolo della potenza del sentimento che unisce due bimbi di 5 anni. Il cambio di registro lo si vede anche nella tecnica di animazione complessiva, dalla quale viene esclusa la parte 3D (a dir la verità sempre minima) delle pellicole dello Studio Ghibli a vantaggio di un uso dei pastelli maggiore e di fondali più luminosi ed espressionisti, ma ovviamente meno realistici.
La celeberrima sequenza della corsa di wagneriana memoria (pensate anche al vero nome della protagonista) sui pesci/onda dello tsunami da parte di Ponyo è un trattato di come l’animazione più tradizionali non abbia veramente nulla da invidiare a quella più moderna e all’avanguardia.
L’inventiva di Miyazaki nelle reazioni dei personaggi (basti pensare alla scena del neonato o della comunicazione a distanza tra la mamma e il papà di Sōsuke, così come la potenza delle sue scelte stilistiche, congiunte alla sua visione cinematografica si dimostrano ancora una volta di una bellezza travolgente.
La potenza di un sentimento di due bimbi
Con le onde di Ponyo sulla scogliera si arriva a sfiorare il cielo. La vertigine del sentimento, che neanche l’acqua del mare riesce a raggiungere, ma che comunque riuscirebbe a respirare nonostante la mancanza di ossigeno. Un mare che anche quando sommerge non distrugge, ma ripopola, risciacqua, unisce. Ponyo, guardando Sōsuke piangere gli dice: “ti sta uscendo dell’acqua dagli occhi” .
L’acqua del mare è l’acqua di cui siamo fatti tutti quanti noi, soprattutto i personaggi della piccola comunità. Una famiglia allargata che vede vivere insieme anziani e bambini. L’acqua che unisce tutti, pesci e umani, li fonde andando anche contro lo stesso ordine naturale. L’acqua che non minaccia mai ha la capacità di dividere tanto quanto quella di unire, ma, essendo espressione dei sentimenti non lascia mai nessuno veramente da solo. Uno tsunami diverso da qualsiasi altro nella filmografia del Maestro, che esprime la potenza di un sentimento di due bambini, talmente forte che neanche il mondo riesce a sostenerlo.
L’acqua del mare è l’acqua di cui siamo fatti tutti quanti noi, soprattutto i personaggi della piccola comunità.
Di questo parla il film e questo lo rende una favola perfetta. Oltre all’ecologismo, all’ambientazione, il perfetto mix tra fantascienza e fantasy, il richiamo alle dinamiche di coppia o l’evoluzione costante del soggetto femminile.
Ponyo sulla scogliera è un film che parla della nascita di un amore inarrestabile, come solo quello tra bambini può essere. Forze della Natura che legano due elementi diversi e che per gli adulti (uomini più che altro) non è possibile neanche immaginare. Un motivo classico che fa un salto ulteriore nella rinuncia della magia per compiere tale miracolo. Un messaggio di speranza straordinario che ci dice che i bambini sono il prodigio che può veramente tutto.